di Andrea Bajani
I Narratori Feltrinelli, 2013
pp. 144
cartaceo € 12
ebook € 8,99
La tua morte ci guardava appesa alle pareti, da dentro foto incorniciate o lasciate libere sugli scaffali delle librerie. C'erano molte delle tue età disposte per la casa, i trenta, i quarant'anni, l'altro ieri. E ci tenevano d'occhio da sopra i tavolini, con le copertine dei libri che portavano il tuo nome. Dentro una copia di una tua raccolta di racconti era rimasta una matita, più o meno a metà. Sembrava ci fosse qualcuno acquattato lì in mezzo, a guardarci dal buio, la tua morte impertinente che ci teneva tutti quanti nel mirino.
Quando mi sono accostata a Mi riconosci di Andrea Bajani, reduce dalla lettura del bellissimo Ogni promessa (presto su CriticaLetteraria), avevo grandi aspettative, difficili da colmare. Perché, diciamocelo, quando un autore si presenta bene, poi ha un compito doppiamente arduo: riconfermarsi bravo e, anzi, stupire ancor più i lettori. E Bajani ce l'ha fatta, con questo libro che è al tempo stesso un commosso ricordo di Antonio Tabucchi e una grande prova metaletteraria. Già, perché al tessuto romanzesco del soliloquio-confessione di Bajani, sempre rivolto all'artista toscano, si aggiunge una riflessione più ampia sulla letteratura e sulla scrittura. Letteratura e scrittura di Tabucchi e, insieme, la propria, con le preoccupazioni, i crismi, le piccole ossessioni che ogni autore conserva più o meno intatte.
Coerentemente con quest'impostazione, Tabucchi ci si presenta nel doppio ruolo di scrittore e di amico, da quando Bajani, poco più che ragazzo, lo incontrò a Parigi. Un legame che prosegue per lunghe telefonate a parlare di letteratura, e a scambiarsi consigli di scrittura; le chiacchierate assumono un piacere taumaturgico: aiutano Tabucchi a superare il dolore per la malattia sempre più invalidante e Bajani ad affrontare i dubbi sulla scrittura in corso. Così, anche negli ultimi giorni di vita, Tabucchi si è raccontato e ha ascoltato raccontare di letteratura l'amico Bajani. E così, dopo la morte, il dialogo non cessa: così Bajani si rivolge al "tu" di Tabucchi in un ininterrotto flusso di pensieri e di ricordi, e condivide le emozioni davanti alla sua scomparsa:
Ciascuno di noi, come per istinto, cercava il punto che più gli assomigliava, e restavamo immobili, una decina di camaleonti in cordoglio sparsi per la casa, tentando di sparire dentro il rosso del divano, nella carta da parati, nel fianco di una libreria, contro il frigorifero, contro il panorama di Lisbona.
La prosa, sorvegliata come Bajani ha abituato, è prova di quella letteratura contemporanea che vorremmo tanto vedere nel nuovo canone letterario degli autori degli anni Dieci: un contenuto sentito, toccante, sul crinale sottilissimo tra biografia, autobiografia e memoria, tratteggiato con un gusto per la scrittura bella ma non distanziante, lirica ma non intellettualistica:
C'era stato un giorno in cui, molti anni prima, l'avevi fatto una volta per tutte, il gesto di andartene, anche se non te lo dicevi in questi termini. Avevi dato un giro di chiave e te n'eri andato via, lasciando lì i morti, la macchina e portandoti dietro solo l'italiano. Eri rimasto chiuso fuori dall'Italia senza sceglierlo nemmeno, e tornavi furtivo a farci visita, malinconico e arrabbiato. Ripartivi poco dopo, lasciando che la casa le tombe dei tuoi cari aspettassero un ritorno.