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#ScrittorInAscolto - Marco Cubeddu a Sassari

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SCRITTORI A PIEDE LìBEROS  -  Incontro con Marco Cubeddu

organizzato dalla Libreria Azuni di Sassari
incontro a cura di Emiliano Longobardi
Sala Rossa della Facoltà di Scienze Politiche
21 giugno 2013, h. 18.30


Marco Cubeddu, che vive a Genova ma viene dalla sarda Ploaghe, è stato l'ultimo autore in tour per Scrittori a piede liberos, la bella iniziativa di Lìberos, che sta portando per la Sardegna autori che hanno fatto molto parlare di sé e dei propri libri più o latamente noir. Cubeddu, che è alla sua prima opera, è uscito da pochi mesi per Mondadori con il romanzo Con una bomba a mano sul cuore, più noto con l'acronimo C.U.B.A.M.S.C.
Il libro ha per protagonista uno scrittore di successo, Alessandro Spera, che scompare per dieci anni dopo aver trucidato l'amata e il compagno; la sua confessione, consegnata tra le mani di un avvocato, racchiude pensieri, avventure e un cammino intricatissimo, fino alla verità.

E proprio con il tema della verità nella narrativa si è aperto l'incontro, dopo una doverosa introduzione al libro. Cubeddu ha sostenuto in un'intervista: «ciò che scrivo è falso», e non nasconde una certa irritazione verso la bandella "tratto da una storia vera". Questo, forse, cambia il valore di un libro? Se è ben scritto o con buoni contenuti? Sicuramente no, ma ottiene il risultato di spingere l'autore a farsi personaggio stesso, non solo in libri di autofiction, ma anche nel presentarsi in tv o agli incontri. 
L'obiettivo di Con una bomba a mano sul cuore è invece sfuggire alla realtà, raccontare grandi passioni e tante avventure, col filtro della finzione. Cubeddu non desidera dare un contributo etico e impegnato, che crede spetti ad altre figure, e non agli artisti. 

Passando alla domanda su cosa significa fare lo scrittore e quali sono le sue abitudini, Cubeddu esordisce così: 
Quando scrivi sei Dio: puoi creare quel che desideri.
Lo scrittore non deve timbrare alcun cartellino, con i pro e i contro della faccenda: può lavorare ovunque, ma è anche vero che non conosce orari, e i personaggi lo perseguitano, giorno e notte.

Due macro-temi, ancestrali, sono alla base del romanzo: amore e violenza: grande ispiratore per il tema della violenza è stato l'eccentrico regista tedesco Werner Herzog, che ha avuto modo di conoscere e che una volta gli ha detto che la violenza è uno straordinario strumento per la bellezza, poiché nella contraddizione del mondo vede una inesauribile fonte di ispirazione per la sua arte.
Nel romanzo di Cubeddu, la violenza non ha tanto un valore pulp (benché il libro sia stato più volte ricondotto a questo genere), ma evidenzia quanto si è gravati dalla mancanza di senso. In questa direzione, bisogna interpretare lo «spettacolo delle macerie» degli anni '80, non tanto come espressione di una generazione. A questo punto, era inevitabile fare riferimento al 1989 come data spartiacque, che a tutti gli effetti separa la generazione dei nati negli anni '80 da chi è nato negli anni '90, con una cesura senza precedenti, per Cubeddu. 
Noi nati negli anni '80 vivevamo gli albori dell'affondamento del Titanic: avevamo già colpito l'iceberg, ma nessuno se ne accorgeva mentre iniziava a incamerare acqua. Siamo stati gli ultimi con qualche speranza e qualche promessa per il futuro. 
Il presente, con tutta la sua preoccupazione post-capitalistica, è molto preoccupante da un lato, ma dal punto di vista artistico è «esaltante», perché fonte di ispirazioni nuove. 

Venendo alla scrittura del romanzo, Cubeddu racconta i momenti di facilità e di difficoltà: non teme la sindrome da blocco dello scrittore, ma vive la difficoltà di tagliare e riscrivere (il romanzo ha perso nell'editing oltre 180 pagine!). Infatti, uno scrittore alla prima opera ha il desiderio di «buttare dentro tutto quello che ha scritto», e lì il lavoro di un bravo editor è fondamentale, per contenere gli eccessi. Come scrive Cubeddu? 
Tendo a essere maniaco-depressivo per quanto riguarda la scrittura: me ne sto lì in ozio e poi di colpo, momenti di ispirazione. 
 Se deve pensare al libro ormai pubblicato e diventato oggetto, Cubeddu non prova chissà quali emozioni: il lungo tempo per l'editing e le tante bozze, più una copertina che non lo ha soddisfatto particolarmente, hanno dato un certo senso di estraneità. Il suo commento?
Ho mandato una mail a tutte le persone che hanno collaborato con me in Mondadori. Ho scritto: "è grande, è duro, è rosa e ce l'ho in mano". Immaginatevi un po'! Non pensavo a una copertina rosa, né a un primo piano... 
Nell'ilarità generale, iniziano le domande da parte del pubblico, e non poteva mancare una domanda su qualche consiglio per gli esordienti: Cubeddu è stato fortunato, perché non ha avuto grandi risposte da piccoli editori, ma ha ricevuto direttamente la telefonata di Antonio Franchini di Mondadori. In ogni caso, consiglia di provare a spedire i propri testi, anche alle grandi case editrici (certo, pensiamo noi: una fortuna così capita ben di rado, anche quando supportata da talento).

L'incontro s'è concluso con una domanda sulle impressioni che riceve ora dai lettori. Lasciamo la parola a Cubeddu:
Li sento che parlano dei personaggi, e le emozioni che pensavi che fossero solo tue diventano di molti. In fondo, è questo il bello della pubblicazione.

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a cura di Gloria M. Ghioni


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