in

#ScrittorInAscolto - Incontro con Zadie Smith

- -
Roma, 1 luglio 2013
Hotel Exedra Boscolo, Piazza della Repubblica
h. 16.30


In occasione dell'uscita di NW (qui trovi la recensione), Zadie Smith è in Italia per partecipare al festival delle letterature alla basilica di Massenzio a Roma questa sera e ha incontrato noi blogger per una chiacchierata, non solo sull'ultimo libro ma anche sulla scrittura, sul suo rapporto con la traduzione e molto altro. Con me, Silvia Dell'Amore di Finzioni Magazine, Giuseppe Fantasia dell'Huffington Post, Patrizia La Daga di Le ultime 20 e Luigi Ippoliti di Flanerì. 

****

Non potevamo che partire da NW, romanzo che ha appassionato e impegnato al tempo stesso noi lettori-blogger per la densità stilistica e l'intreccio tematico. Così abbiamo chiesto quale è stata la prima idea da cui è nato tutto il romanzo. Zadie ci ha raccontato che è proprio la scena iniziale, quando Shar bussa alla porta di Leah chiedendole dei soldi per un taxi fino all'ospedale dalla madre ricoverata, e in realtà si tratta di una frode. Accade spesso a Londra, e scene di questo tipo fanno capire che «the desperation is real». Ma attenzione, non considerate questo uno spoiler, perché in realtà da qui il libro prende percorsi inimmaginabili, che non potremmo mai riassumere.

Proseguendo a indagare i personaggi e l'intreccio di NW, Natalie e Leah sono in senso lato le protagoniste che più si imborghesiscono: ma borghesia e felicità sono collegate? In generale, in Inghilterra la scrittrice nota che si prova molta nostalgia per gli anni del college: lì gli inglesi sperimentano la vita comunitaria, che poi invece viene a mancare. L'obiettivo di diventare sempre più esclusivi e ambiziosi (spesso nascondendo il proprio arricchimento) non aiuta nei rapporti sociali, né la gente è particolarmente felice. Rispetto alla concezione di Londra in Denti bianchi, oggi Zadie Smith sente che la scala sociale è più bloccata, ed è difficile scalarla. Anche a New York è simile: vive in un palazzo con duemila persone anonime, che non si conoscono. E si badi, non è colpa dell'architettura, ma del modo di trattare gli altri, tenuti a distanza. L'antagonismo sta crescendo, e tutto ciò pare molto più deprimente. 
In questo senso, la comunicazione è un tema problematico non solo dei romanzi di Zadie, ma anche della quotidianità. In particolare, per gli inglesi è difficilissimo relazionare tra classi sociali diverse e cambiare registro. Ognuno tende a stare nel proprio spazio e a non interagire: anche la politica locale non capisce o non sa come affrontare il problema, presente già a scuola. 
Si vede tutto ciò anche nell'organizzazione cittadina: Londra, indiscussa coprotagonista di NW, è vista con gli occhi di personaggi che viaggiano a piedi o in bus solo per la periferia, e hanno una visione distorta di quale sia il vero centro (che non coincide, per intenderci, con le mete turistiche), come veri e propri "Londoners" di matrice joyciana, come ha notato Luigi. Non frequentano particolarmente la metropolitana, ma tendono a muoversi freneticamente per i rioni del North West che conoscono: 
When you have no money, the only thing that you have is your street.

Da sinistra: Giuseppe (HuffingtonPost), Luigi (Flanerì), Silvia (Finzioni),
Zadie Smith, Gloria (CLetteraria), Patrizia (LeUltime20)

Come sempre, per CriticaLetteraria volevamo entrare nell'officina della scrittura, e le sorprese non sono poche. Zadie ha raccontato di non avere particolari strategie: non tiene diari, né schemi o appunti. Piuttosto, la scrittura viene dal subconscio, e tutti i dettagli restano nella sua testa fino al momento di scrivere: molto spesso le serve leggere altro, o dedicarsi a quello che definiremmo otium letterario. Certamente, dipende anche dal genere: adesso sta scrivendo una science fiction e questo richiede molte più pianificazioni. 
Rispetto all'autofiction, Zadie rivela di non avere alcun pregiudizio: sono solo approcci diversi, e molto spesso dalla matrice autobiografica sono nate storie splendide. D'altra parte, è affascinante il bisogno contemporaneo di descrivere la realtà. Ma cambiare il nome ai personaggi garantisce che sia solo fiction, poi? Il confine tra realtà e finzione, soggettività e oggettività, è davvero molto labile.

Se pensiamo all'idea della lettura, centrale per il magazine Finzioni, Zadie ritiene che si tratti di un'arte e, come tale, va praticata per migliorare. Il web infatti ci ha abituati a letture sommarie e superficiali, sottofondo alla nostra quotidianità: bisogna invece imparare di nuovo a rallentare e a ritrovare la concentrazione. Dunque, non solo è importante dedicarvi tempo, ma anche curare la qualità della lettura.

Purtroppo, a lungo non ha potuto seguire la traduzione delle sue opere, perché non conosceva l'italiano. Ora invece, che sta imparando, si rende conto di quanti nuovi interrogativi arrivino: come farà a tradurre un passo molto colloquiale? E si prende anche atto del grande potere che ha la traduzione. Ad esempio, in Francia tendono ad associare al linguaggio dei personaggi di colore una lingua di strada, che tuttavia non corrisponde esattamente con l'idea di Zadie. 

Coi suoi lettori ha in genere un rapporto molto stretto, e non stentiamo a crederlo, dalla generosità con cui ci ha accolti e ci ha svelato tanto. Tra le manifestazioni d'affetto più estreme, ricorda di un lettore che voleva tatuarsi una parte di un suo libro sul braccio! Tuttavia, ci sono anche tanti detrattori: le ha fatto molto male, agli esordi, leggere sui giornali che era stata accettata dalla sua casa editrice, la Penguin, dopo aver mandato col manoscritto una sua fotografia!
Sono chiaramente illazioni, perché basta aprire un libro di Zadie Smith per capire che abbiamo davanti una scrittura che resterà nella storia della letteratura. E per il suo merito.  

Gloria M. Ghioni


Ringrazio Zadie Smith, generosissima con noi, tutti i blogger presenti e Mondadori ha reso possibile questo splendido incontro! Tenete d'occhio i blog degli altri ragazzi: presto ci saranno i loro speciali su Zadie! 

Un assaggio del libro? Clicca qui