di Giuseppe Lupo
Marsilio, 2013
pp. 240
€ 18
Zosimo si sente pungere da cento spilloni ...
Tutta
colpa del viaggio che finora gli ha regalato solo inganni e pericoli: si è lasciato incantare da chissà quante fantasie, si è finto dipintore di
stanze, mercante di cavalli, miniaturista, soldato mercenario, frate
predicatore…[1]
Viaggiatori di nuvole è il
nuovo romanzo di Giuseppe Lupo. Si
tratta di una narrazione che nasce da
diverse ispirazioni che possiamo definire fantastiche, ma che si nutrono anche
di molteplici elementi storico-realistici che arrivano a toccare differenti generi letterari: dalla sacralità
biblico, religiosa ed ebraica, alle tangenze con il romanzo cavalleresco,
all'antitesi ben evidente tra mondo popolare e nobiltà e sottolivelli semantici
tra gli stessi generi letterari (la passione per la genealogia, i rapporti attraverso
i tempi e la toponomastica, sono solo qualche esempio).
Partendo
da un riferimento letterario illuminante colto nella prefazione alla Cronica fiorentina di Dino Compagni, il
romanzo dello scrittore lucano, sembra infatti riflettere «come in uno
specchio, l’indole cavalleresca battagliera e religiosa dei secoli, dove
convivono strane avventure, e in cui il meraviglioso e lo storico s’accozzano insieme
e fanno a zuffa tra loro», un racconto quindi che «scolpisce e dipinge le pareti
del suo fantastico palazzo» narrativo strutturale in cui «ogni sua parte attribuisce nomi e usi che si
rapportano»[2] ai luoghi
che fanno da sfondo all'intera vicenda.
Il
romanzo ha una struttura tripartita: la prima e la terza parte sono a
focalizzazione interna: il narratore racconta i fatti le parole e i pensieri
secondo la propria ottica, raccontata da un punto di vista interno. Nella prima
e terza parte ogni capitolo termina con una missiva del protagonista del
racconto, Zosimo Aleppo.
La seconda sezione è costruita attingendo ad
elementi storici, espressi invece dal punto di vista di Ismaele Machelecco, che
rievoca L’Istoria della sua vita con
Montpensiero, correlativamente ad alcuni accadimenti di Atella, città protagonista
di una reale e sanguinosa guerra nel giugno 1496, saccheggiata duramente dall’esercito francese
guidato da Gilberto di Montepensier.
Questa interessante tripartizone narrativa elegge protagonista quindi Zosimo, un uomo dalle profonde radici ebraiche che vive nell’ambiente veneziano mercantile di fine Quattrocento. Di professione stampatore nella bottega di Erasmo Van Graan, Zosimo è figlio di Mosè Aleppo e di Costanza, ha un fratello Simplicio a cui è affezionatissimo, e una sorella di nome Piccarda. Suo nonno si chiama Mosè e il suo bisnonno Samuele. Ad un certo punto gli verrà affidato un incarico importante: si troverà ad affrontare un viaggio che lo condurrà a Milano: scopo del viaggio è recuperare delle preziose pergamene che un ragazzo, Ismaele, chiamato con l’appellativo di Pettirosso, si porta appresso.
Dalla
lettura del romanzo cogliamo un’attenzione particolare alla dinamica del
racconto. Partendo dalla mappatura geografica che si snoda tra Venezia, Padova,
Milano, Tolone, il centro Italia, Napoli e la Francia, luoghi anche altamente
simbolici per il protagonista, il
reticolo narrativo piega a tratti verso la dimensione memoriale e di
rievocazione lasciando intercalare la trama di digressioni ironiche attraverso
il filo dei ricordi.
La biografia narrata da Pettirosso occupa l’intera
seconda sezione del volume. L’itinerario alla ricerca delle carte preziose
risulterà per Zosimo, alquanto avventuroso e impervio, e diverse parti del romanzo, tratteggiate anche
con abile ironia da Giuseppe Lupo, risultano essere un pò fuorvianti per il
lettore, il quale ha la possibilità di intraprendere più itinerari
interpretativi: spesso infatti accade che l’entrata dei nuovi e assai numerosi personaggi
nella filatura narrativa del romanzo che apparentemente potrebbero proiettare
il lettore in una dimensione letteraria specifica, risultano essere
semplicemente il frutto di un sapiente lavoro di contaminazione letterario
operato dallo scrittore.
Soffermiamoci ad esempio su questa curiosa associazione
che a che fare con la toponomastica utilizzata dallo scrittore: Zosimo e Simplicio sono per la storia religiosa, nomi della
tradizione cristiana: Zosimo è il nome di un papa dei primi secoli e Simplicio
ha la sua etimologia nella semplicità, virtù cristiana che in altri contesti
culturali non viene molto apprezzata. Aronne Aleppo è nel romanzo, il nonno di
Zosimo; Aronne invece per la tradizione ebraica è il fratello di Mosé, figura
importantissima del libro dell’Esodo, e Samuele che nel romanzo è il padre di
Aronne è nella tradizione, profeta del Signore al tempo del Re Davide (1000
a.C. circa) a cui sono intitolati addirittura due libri dell’Antico Testamento
che nella Bibbia ebraica rappresentano un corpo unico. Mosé è un nome altrettanto ebraico e biblico assai
rilevante: di Mosé si conosce già molto
della tradizione ebraica, è considerato “santo” anche dai cristiani.
Ismaele, che nel romanzo è colui che possiede
le preziose pergamene, invece nella realtà biblica è il figlio di Abramo non il figlio prediletto, non il figlio della
promessa ed il popolo ebraico non discende da lui.
I personaggi che assumono un ruolo rilevante
nel romanzo sono quindi diversi: in particolare due, fanno da asse portante
nella prima e terza sezione: Simplicio ha un ruolo rilevante nella sfera
affettiva di Zosimo: le difficoltà caratteriali e umane del fratello
determinano in Zosimo il forte e costante desiderio che lui abbia un futuro
felice accanto ad una donna, Rebecca la bella, e Simplicio sarà il destinatario
privilegiato di numerose sue missive; Nuevomundo è una donna che rappresenta un
unicum particolare per Zosimo ed a
lei sono rivolti spesso i pensieri: le hanno tolto la parola con un gesto
crudele, mozzandole la lingua, ma è comunque tutto il suo mondo ad attirare
Zosimo; la donna è riuscita a farsi amare oltre che per la sua bellezza, anche
per la sua ricca gestualità e spesso Zosimo, lontano da lei, si abbandona a
dimensioni oniriche in cui sogna di viaggiare con la donna sotto paesaggi
immaginari e itinerari amorosi.
Nella seconda sezione quando viene narrata la biografia di Ismaele
Machelecco il chierico-Pettirosso nel suo luogo natio, ad Atella, veniamo a
conoscenza anche della storia degli avi di Ismaele, di Rachele e Maria di
Fatah, dell’esistenza di un fratello non sopravvissuto dopo la nascita di
Ismaele, Shulim «l’ultimo fiore della tribù dei Machelecco, il più innocente dei discendenti» e di una misteriosa
profezia di Barba Yerarat.
Si
ha anche la sensazione che l’autore
abbia voluto annullare la storia per riscriverla introducendola in un’enorme
girandola in cui luoghi, persone e accadimenti reali, storici e letterari si
compenetrano occupando nuovi spazi narrativi fantastici.
Nell’ultima sezione continua il
racconto del narratore riguardo Zosimo che, imbarcato su una nave per Napoli e
accompagnato da un camerario di nome
Jacomotto Atellano fedele a Ludovico il Moro, rievoca il viaggio a Tolone e qui
si affollano, come in un diario memorialistico, altri personaggi incontrati: da
l’hombre vertical appellativo con il
quale è conosciuto Esteban il Castigliano, capitano di battaglia in mezza Europa o
del cavaliere veneziano Alvise dei Lanzafame.
Convergenze storiche e tangenze
letterarie si intrecciano in una
narrazione dinamica in cui gli elementi costitutivi dell’opera si susseguono
progressivamente in un movimento abbastanza concitato, in cui spesso entrano
nel romanzo, come abbiamo evidenziato, nuovi personaggi e le loro biografie
narrate.
Un
romanzo, Viaggiatori di nuvole, che
mescola il mondo fantastico con quello avventuroso, una narrazione che appare,
nella prima parte del racconto, come filiazione diretta del romanzo
cavalleresco, una storia fantastica che sembra attingere in parte anche al Don Chisciotte di Cervantes. Come hanno ben evidenziato Robert Scholes e
Robert Kellogg nel celebre saggio La
natura della narrativa «il romanzo è una forma dominata dall’impulso
mimetico che ha sempre preso a prestito la materia delle sue trame da altre
forme. Possiamo vedere un graduale mutamento nella scelta delle fonti per le
trame dei romanzi dai tempi in cui questa forma letteraria ha avuto inizio, nel secolo XXVII fino ad
oggi»[3].
In più tratti della storia cogliamo anche una scrittura vicina agli
intenti gaddiani che si riscontrano ad esempio leggendo La cognizione del dolore. L’opera di Gadda è «al massimo grado
dominata da contaminazione e
trasgressione a oltranza: dei generi, poiché lirismo, drammaticità, epos
solenne si mescolano di continuo con satira, grottesco, sarcasmo: della lingua,
per l’ibrido impasto tra italiano, milanese, spagnolo, dialetti meridionali».[4]
Curiosamente anche in questo romanzo
possiamo parlare di contaminazione e trasgressione: lo scrittore utilizza un
artificio che gli consiste, come abbiamo osservato, di amalgamare elementi di
diversa provenienza nella composizione della sua opera letteraria; più che
trasgressione lo scrittore opera in questo caso una deliberata modificazione “oltrepassando”
volontariamente luoghi geografici e riferimenti storici. Il lettore è invitato
a ricercare, nel prosieguo della trama, i punti chiarificatori delle vicende
che ruotano attorno al protagonista.
Una bella scrittura e una narrazione
avvincente: il percorso di Zosimo non si intreccerà con quello di Pettirosso e
il finale rimane comunque aperto alle interpretazioni del lettore, ma forse
proiettato anche a sviluppi narrativi successivi:
Gran secolo è il nostro, illustrissimo messer Van Graan se
il futuro si annuncia glorioso sui balconi di Venezia e le navi al servizio
della Serenissima vanno e vengono, gonfie di fortuna, sulle onde
dell’Adriatico. Gran secolo se perfino nell’abitazione di un uomo d’arme hanno
trovato albergo le idee di pittori e di poeti, gente di lettere e di scienza
che hanno reso servizio alla corte del Moro con le magnificenze del loro
talento.[5]
La strada che l’uomo mi ha fatto percorrere si è rivelata
ricca di promesse…[6]
[1] G. LUPO, Viaggiatori di nuvole, Venezia, Marsilio
Editori, 2013, p. 203.
[2] D. COMPAGNI, La Cronica fiorentina e l’Intelligenza,
Firenze, Barbera, 1938, p. XI.
[3] R. SCHOLES & R.
KELLOGG, La natura della narrativa,
Bologna, Il Mulino, 1970, p. 295.
[4] C. MARTIGNONI, Carlo Emilio Gadda, in Testi nella storia, Il Novecento a cura di Gianfranca Lavezzi, Clelia Martignoni,
Pietro Sarzana, Rossana Saccani, Milano, Mondadori, 2000, p. 854.
[5] G. LUPO, Viaggiatori di nuvole, cit., p. 210.
[6] Ivi, 226.
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