La carriera di Carolina Cutolo può avere un segno
distintivo: l’impegno. Ma non quello politicizzato e retorico, e magari anche
un po’ ipocrita, ma quello semplice del fare cose utili e con entusiasmo. Anche
la sua narrativa parte da questa esigenza: la sua prima opera – ora
ripubblicata da Fandango – nasce da un blog, Pornoromantica, che cercava di
scardinare superstizioni sessuali. Da qualche anno, inoltre, si è messa al
servizio degli scrittori per difendere i loro diritti, e tutto con l’euforia
della passione e senza vanagloria. Un morbo che colpisce schiere di autori, la
vanagloria, e che Cutolo cerca di smascherare con l’ironia verso sé e gli altri
con il concorso per Il Racconto Più Brutto.
Dunque è forse questa una chiave per individuare a fondo lo spirito di questa narratrice:
l’impegno libertario contro le gabbie mentali che ci costringono alla
stupidità.
Il tuo primo
romanzo nasce dall’esperienza di un blog che poi darà il nome al libro,
Pornoromantica, da dove nasce la scelta di trasporre tutta quella vicenda in
romanzo e non in saggio o magari nella semplice riproposizione dei tuoi post?
Nasce dal lavoro sul testo con Mario Desiati, che all'epoca
lavorava in Mondadori. Lesse il manoscritto e mi disse che non potevo
riproporre la stessa cosa su cartaceo (sembra ovvio ma per me all'epoca non lo
era affatto), e mi consigliò di inventarmi una storia che facesse da cornice
agli scritti del blog. Alla forma saggistica non ho mai pensato perché mi
piacque subito l'idea di inventarmi una storia che tenesse tutti i fili
insieme. Poi però pubblicai con Fazi, con la benedizione e gli auguri di
Desiati con cui avevo già fatto tutto il lavoro di editing del libro, per
questo Pornoromantica è dedicato a lui.
Nella prima opera,
adesso ripubblicata per Fandango, la protagonista cerca di rompere dei tabù sul
sesso grazie a delle dispense sotto banco. Pensi che dopo il boom di siti
pornografici e la libera circolazione di informazioni esistano ancora dei tabù
in questo campo? Quali sono secondo te i più duri a morire e i più nocivi?
I tabù esistono e esisteranno sempre, e per fortuna,
perché scardinare un tabù e scoprire un piacere insospettato è sempre un'esperienza
meravigliosa nella vita di una persona, senza tabù non ci sarebbe cambiamento,
non ci sarebbe scoperta né meraviglia. Il problema non sono i tabù, il problema
è l'essere aggrappati ai tabù e agli stereotipi e rifiutarsi di metterli in
discussione, vivendo così in balia dei pregiudizi, delle aspettative di ruolo,
di repressioni e autocensure spesso peraltro confezionate dall'alto per
mantenerci nell'ignoranza e manipolarci più facilmente. Il porno mainstream in
questo ha grosse responsabilità, è vittima delle scelte di mercato che
diseducano in ogni campo, figuriamoci in un ambito delicato come la sessualità.
Secondo me c'è bisogno di pornografia formativa, se fossimo uno Stato veramente
laico e responsabile, produrremmo film pornografici di qualità per gli
adolescenti da distribuire a scuola. Quanto ai tabù più nocivi, secondo me sono
quelli che proiettano disprezzo verso gli altri, cioè: finché mi privo della
bellezza di una pratica sessuale che non conosco ma che mi rifiuto di
sperimentare, è un po' triste, ma sono cavoli miei. Se invece comincio a
giudicare negativamente e magari addirittura a disprezzare chi ha gusti
sessuali diversi dai miei questo sì, è pericoloso, perché è intolleranza
ingiustificata e ingiustificabile.
Il tuo secondo
romanzo, Romanticidio, racconta la storia di un disilluso cinismo bloccato in
un corpo in coma, credo che sia una brillante metafora di una condizione molto
diffusa nella nostra società. Cosa può davvero rompere, senza dover ricorrere
al trauma di Marzia, questa barriera che molti frappongono fra loro e il mondo?
La curiosità è una risorsa fondamentale. Spesso ci
lasciamo rassicurare dalla familiarità di abitudini e opinioni consolidate e ci
priviamo della bellezza di reinventarci, perché costa fatica. Io credo che
coltivare la curiosità sia il primo passo, predisporsi al cambiamento, anche a
piccoli passi, il secondo. La personalità più granitica e ottusa, se si sforza
anche solo per un attimo di cedere alla curiosità del nuovo, del diverso, non
può evitare di subire il fascino della novità, appunto. Scoprire il nuovo ci
cambia, ci rende nuovi, ci insegna nuove possibilità che alla lunga compensano
di tutta la fatica fatta per aprirci un po' la mente.
Marzia Capotorti
ha una teoria: ogni persona ha un carattere assimilabile ad una tipologia di
cocktail. Credo che possa valere anche per le diverse fasi del Novecento:
adesso in che epoca siamo?
Siamo nell'era del Long Island Ice Tea, un mischione di
quattro distillati bianchi senza il minimo senso ma che ubriaca velocemente (e
che rappresenta la ricerca disperata dell'oblio del presente come risposta
all'horror vacui). Poi ovviamente ci sono persone che cercano di vivere bene,
che hanno come scopo la qualità del quotidiano combattendo paure e ingordigie
che privano del piacere del sorseggio, ma in generale trovo che siamo in un
periodo di profonda oscurità.
Tra Pornoromantica
e Romanticidio passano circa cinque anni. Come mai questa lunga attesa?
Perché ho avuto dei problemi col mio primo editore e dei
vincoli contrattuali che mi hanno impedito di pubblicare prima.
Quindi è da questa
brutta esperienza che nasce il sito scrittorincausa (http://scrittorincausa.blogspot.it/).
Ci parleresti un po’ della sua attività nel campo dei diritti dello scrittore?
Il blog nasce dall'incontro con altri tre autori
(Alessandra Amitrano, Simona Baldanzi e Sergio Nazzaro), che avevano avuto
problemi simili ai miei e che come me hanno scoperto che non esisteva nessun
punto di riferimento gratuito, informativo e legale, per gli autori impossibilitati
a pagare un avvocato. E così abbiamo fondato Scrittori in Causa, che oggi offre
consulenze gratuite su contratti di edizione e contenziosi con gli editori per
gli autori in difficoltà o privi dell'esperienza necessaria a interpretare un contratto
e ad affrontare la delicata fase di trattativa prima della firma.
Daresti alcuni
consigli ai nostri lettori su ciò da non fare assolutamente nel percorso verso
la pubblicazione?
Non pagate mai un editore, in nessuna forma, né
contribuendo alle spese di stampa, né impegnandovi per contratto ad acquistare
copie del vostro libro, né accettando che le royalty vi vengano corrisposte
solo dopo un certo numero di copie vendute. Non cedete il diritto di opzione.
Pretendete che nel contratto siano precisate la data entro la quale ogni anno
l'editore si impegna a inviarvi i rendiconti e a liquidarvi i compensi.
Pretendete che nel vostro contratto di edizione sia inserita una clausola
risolutiva espressa a vostro favore che dica che: “Qualora l'editore non provveda
a inviare i rendiconti e/o a liquidare i compensi all'autore entro le date
stabilite dal contratto, l'autore ha facoltà di risolvere il contratto stesso
tramite semplice comunicazione all'editore, fatta salva la liquidazione di
eventuali compensi in sospeso”. Ma ogni contratto è diverso dall'altro, le
trappole nascoste possono essere moltissime ed estremamente insidiose, il
consiglio più importante è: sempre far valutare il contratto a un esperto. (Ecco
un video con alcuni consigli per gli esordienti: clicca qui).
Il tuo impegno
verso la letteratura si concretizza anche in un premio, quello per Il Racconto
Più Brutto (qui un delizioso assaggio).
Come si concorre? E come ti è venuto in mente di istituire un premio simile?
Mi è venuto in mente perché mi è capitato di leggere
scritti orrendi di aspiranti scrittori (o scrittori conclamati), brutti e
traboccanti vanagloria. Quindi ho pensato di istituire un concorso in cui gli
autori stessi partecipano leggendo i propri obbrobri durante la finale, e il
pubblico vota il racconto vincitore, e cioè il più brutto. Per partecipare basta
inviare un racconto brutto e vanaglorioso alla mia email, io seleziono i 10
peggiori che durante la serata della finalissima si contenderanno il primo
premio (100 euro da spendere in libri) e il premio della critica (50 euro da
spendere in libri). Non solo si tratta di un concorso letterario
divertentissimo (quest'anno abbiamo disputato la terza edizione), ma anche
molto istruttivo, perché addestra all'autoironia, anziché alla vanagloria e
all'autoindulgenza, che sono le peggiori nemiche della buona scrittura.
Stai lavorando al
tuo nuovo romanzo? Vorresti fare qualche anticipazione?
Ho cominciato da poco perciò posso dire poco: è una
commedia e il tema è la vanagloria.
Senti di voler
ringraziare qualcuno?
Ringrazio la curiosità e la voglia di giocare, che spero
non mi abbandonino mai.
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Intervista a cura di Gabriele Tanda