"Il metodo della bomba atomica" (LiberAria, 2013) parte che sembra un thriller: un corpo ritrovato in un fiume torinese, mentre la giovane Celeste sta correndo con il suo fidanzato Leone in un parco. Eppure... Il doppiofondo è innegabile: quel corpo è "lui". Chi? Per capire cosa si muove dietro un'esistenza apparentemente cristallina, Noemi Cuffia ci conduce tra flashback e schegge di presente. Schegge che hanno il potere di infilarsi sotto le unghie dei personaggi e dei lettori, facendo sanguinare quel po' di certezze che infiocchettano una vita inappuntabile. Almeno di primo acchito.
Come quel corpo riemerso, il passato con i suoi "metodi" di fuga dall'indolenza e da sé riacquista il suo ruolo centrale. Non siamo che il risultato del nostro passato, sembra confermare Celeste, e non siamo che le nostre aritmie, attesta il cardiofrequenzimetro che ritma la narrazione.
Del libro, ma anche di scrittura e di blog (Noemi è autrice di Tazzina-Di-Caffé, famoso nella blogosfera), parliamo nel nostro Salotto di oggi.
Il metodo della bomba atomica è un libro dalla difficile collocazione di genere: tratti del noir, altri della storia d’amore, altri del romanzo psicologico… Ritieni che sia ancora utile parlare di generi oggigiorno? E cosa accosteresti al tuo?
Come quel corpo riemerso, il passato con i suoi "metodi" di fuga dall'indolenza e da sé riacquista il suo ruolo centrale. Non siamo che il risultato del nostro passato, sembra confermare Celeste, e non siamo che le nostre aritmie, attesta il cardiofrequenzimetro che ritma la narrazione.
Del libro, ma anche di scrittura e di blog (Noemi è autrice di Tazzina-Di-Caffé, famoso nella blogosfera), parliamo nel nostro Salotto di oggi.
Il metodo della bomba atomica è un libro dalla difficile collocazione di genere: tratti del noir, altri della storia d’amore, altri del romanzo psicologico… Ritieni che sia ancora utile parlare di generi oggigiorno? E cosa accosteresti al tuo?
Speravo prima o poi di poter
rispondere a questa domanda importante sui generi. Grazie davvero per averla
posta, perché solleva una questione interessante e attuale più che mai. I
generi esistono, e, a mio parere, sono determinanti. Sono classificazioni
utili, che servono a dare un nome alle cose. In qualsiasi ambito del sapere,
l'uomo ha la tendenza a catalogare, inventariare, collocare. Si tratta di un
processo normale, che serve per dare ordine e sicurezza agli oggetti. In
natura, come nell'arte, questo è importante per ragioni di studio e
scientifici. Oltre che per avere le idee chiare su cosa ci aspetta, ad esempio,
e per entrare nel merito, quando ci apprestiamo a leggere un romanzo. D'altro
canto, è pur vero che in letteratura non sempre è facile identificare i generi.
In alcuni casi può essere immediato: l'autore sceglie di utilizzare gli
elementi, ad esempio, del giallo, e persegue questo scopo. In altri casi però è
più complicato. Nel mio caso specifico, ho deciso di disseminare alcuni
ingredienti noir, ma non tutti. L'indagine, ad esempio, tipica del genere
poliziesco, nel mio romanzo è assente, volutamente occultata. Sono presenti
anche alcuni tratti ricorrenti del rosa. L'amore, anzi l'Amore con la A
maiuscola, le riflessioni attorno al tema, l'intreccio amoroso, il tormento, la
bellezza, l'attrazione e la tenerezza. Ma, a differenza delle storie d'amore
classiche, ho lavorato maggiormente sui risvolti psicologici ed emotivi legati
alle passioni, alla ricerca dell'identità, ai traumi e alle ossessioni. In un
parola, ho cercato di “colorare” il più possibile la storia, ma solo per
ottenere, proprio come quando si mischiano tutti i colori insieme, qualcosa di
neutro, di bianco. Ecco, il mio potrei definirlo così, un romanzo bianco.
Quando è nata l’idea del
romanzo?
L'idea di scrivere un romanzo mi
accompagna da sempre. Il primo nucleo della storia, con una protagonista
straniera e fragile come Celeste, però è nato nel 2004. La stesura vera e
propria, invece, è cominciata nel 2010. Una parte fondamentale della storia,
però, mi era già chiara nel 2007, quando ho incrociato lo sguardo di un tizio,
una persona molto strana che mi ha colpita per il dolore che esprimevano i suoi
occhi, bellissimi e cupi. Da quel momento ho pensato: eccolo, è Umberto, e
finirà in un racconto. Solo successivamente ho capito che era proprio lui il
personaggio che sarebbe riemerso dalle profondità del laghetto artificiale
attorno al quale andavo a correre la domenica mattina. Unendo i puntini, queste
suggestioni sono diventate un romanzo. Solo verso la fine ho capito però che il
vero protagonista della storia era Leone, che è arrivato per ultimo.
Immagino che molto spesso,
essendoci una protagonista femminile, ti abbiano accostata a Celeste. Cosa ne
pensi dell’apporto dell’autofiction nella letteratura contemporanea? E come ti
ci misuri?
Come mi conferma questa giusta
domanda, in effetti tutti i lettori fino a ora mia hanno confermato che la
protagonista è in realtà proprio lei, Celeste. A differenza di quanto pensassi
io, che consideravo invece Leone il fulcro della storia. Un po' il deus ex
machina, anche. Ma a ben pensarci, è lei a sostenere tutti i pesi della
trama, e a scioglierli uno a uno fino alla fine. Celeste è una blogger, come
me. Volevo misurarmi con questo elemento narrativo, sia per infiltrare la trama
con elementi di contemporaneità, sia per una scelta di linguaggio. Desideravo
che il lettore respirasse, che si spezzasse il ritmo incalzante della
narrazione con inserzioni più delicate, leggere e simboliche, come sono i
“post” sui fiori. Quanto all'autofiction: è una materia che mi interessa molto.
Sono laureata in letteratura angloamericana con una tesi proprio sulla
scrittura autobiografica e i memoir. Ho letto molto sull'argomento, e
moltissime autobiografie fanno parte del mio bagaglio culturale ed emotivo.
L'autofiction mi appassiona da sempre. In tutti i personaggi del libro c'è
qualcosa di me. E questa è stata una scelta precisa. Conto però in futuro di
discostarmene quasi del tutto. Ci ho fatto i conti, e ora sono pronta a nuove
possibilità.
A pagina 102, si legge: «E se
io pensassi al mio blog, sempre, intensamente, come se fosse un amore? Magari
il resto scomparirebbe? La scrittura non ha forse questo potere? Di far sparire
il mondo?». Secondo te è possibile? Ti è mai venuta questa tentazione, con il
tuo “Tazzina di Caffè”?
Sì! In quella frase, anche a
distanza di tempo, mi ci ritrovo molto. Si scrive con questo obiettivo:
destrutturare il mondo per quello che è, e ricostruirne uno nuovo. Un proposito
un bel po' ambizioso ma, del resto, come scriveva Calvino, “l’eccessiva
ambizione dei propositi può essere rimproverata in molti campi d’attività, non
in letteratura”. Mi è capitato molto spesso di affidarmi al blog per affrontare
alcune difficoltà della vita, è stato, ed è ancora, per me un porto sicuro, uno
spazio di autentica felicità.
Sempre a proposito di passi
del tuo libro, ho trovato molto delicata la passione per i dettagli in questo
passaggio: «L’amore era qualcosa da non dire, un fiore senza nome, un messaggio
nascosto nel suono dei cucchiai nella lavastoviglie a pieno carico o nel
gorgoglio della moka e nel suo profumo insistente» (p. 33). Se la trasponessimo
alla scrittura, invece, quanto conta per te il dettaglio nella narrativa
contemporanea?
Grazie! Sono contenta e onorata
di questo apprezzamento autorevole. I dettagli sono fondamentali in
letteratura, come in molto campi della vita. Dio è nei dettagli, diceva
qualcuno. Ne sono convinta. Nella narrativa contemporanea è difficile trovarli,
non tutti gli autori ne fanno uso. Il re dei dettagli, secondo me, in Italia è
Andrea Canobbio: lui ne ha fatta una cifra narrativa e li sa scrutare con
occhio superiore. Mi piacerebbe assomigliargli.
Come è stato passare dal
manoscritto al progetto concluso? Hai sentito anche tu il vuoto
post-pubblicazione?
Ho sentito proprio il panico! Da
persona insicura, e da esordiente, non riuscivo a capire il senso di tutto
questo. Ho avuto paura. Non tanto scrivere un libro, ma farlo cercando di
essere professionale, lavorando con un editore, è un compito difficile. Mi sono
scoperta spaventata e confusa, all'inizio. Si può sbagliare tutto, si possono
commettere errori grossolani. Di scrittura, di trama, di qualsiasi tipo. Ho
temuto di non essere compresa dai lettori. E di lasciare spazio a equivoci, nel
terrore che la storia venisse scambiata per un racconto totalmente
autobiografico: sono le ingenuità dei primi passi, in cui si prendono le misure
con il mondo. Ho ricevuto invece un'accoglienza insperata di grandissimo
affetto e stima, che mi hanno incoraggiata ad andare avanti e migliorare. Ho
sentito anche un vuoto, è proprio così. Un distacco e un lutto rispetto a
questi personaggi che tanto avevano occupato la mia mente. Ma ora mi sento
sollevata. Sono come figli, che meritano il proprio spazio e di camminare con
le proprie gambe.
Che effetto ti fa, dopo
esserti occupata per anni di libri degli altri, partecipare da autrice alla
presentazione del tuo libro?
In una parola: fantastico. Questa
è la più grande gioia che possa provare una persona che ama scrivere, ovvero
seguire con dedizione le sorti del suo romanzo. Le presentazioni sono bagni di
realtà, è lavoro. Ci sono quelle stracolme di persone, quelle in cui invece si
è in pochissimi. Ma sempre, quando scambio qualche parola con i lettori, ne
esco arricchita e colpita dalla partecipazione. A questo non mi sono di certo
ancora abituata e credo che non succederà mai. La differenza tra l'occuparmi
del mio o quelli degli altri è minima, nel senso che ai libri, tutti, dedico la
stessa attenzione e rispetto. Certo però è che, restando nella metafora dei
figli, con i propri le emozioni cambiano, si fanno più intense, si diventa più
vulnerabili, e fortissimi insieme.
Anche se sappiamo che ogni
autore è geloso dei propri progetti, anche solo per scaramanzia, ci puoi
anticipare se almeno hai in mente un nuovo libro?
Da ragazzina ero molto
scaramantica. L'età adulta mi ha regalato maggiore lucidità, quindi volentieri
posso dire che sto lavorando a un secondo romanzo. Ho in mente tutta la storia,
spero che potrà presto prendere forma, e vita.
Grazie mille, cara Noemi, e in
bocca al lupo da tutti noi!
Crepi il lupo, cari amici,
complimenti per i vostri molti progetti, e buon lavoro!
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Intervista a cura di Gloria M. Ghioni
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Intervista a cura di Gloria M. Ghioni