“Parlami di battaglie, di re e di elefanti” è un romanzo dello scrittore
francese contemporaneo Mathias Énard ambientato nel 1506. Per la precisione, il
13 maggio del 1506. Lo scrittore conduce il lettore in Oriente attraverso gli occhi di
Michelangelo e di un personaggio d’eccezione di cui non conosciamo l’identità.
Anche se la quarta di
copertina sembra promettere un romanzo lineare e di semplice lettura, al
contrario il titolo rende perfettamente l’idea dell’ambiguità sulla quale gioca
il tema del testo di Énard. Se il lettore crede che il romanzo parlerà di
elefanti, si sbaglia di grosso. O ancora, se il lettore spera di trovare delle
risposte precise a proposito del tema
della storia e del tema storico,
sarà meglio che abbandoni la malsana idea di portare avanti questa lettura.
Si è parlato di tema della storia e di tema storico non per creare un gioco di
parole, bensì perché il romanzo stesso si fonda su questo doppio schema: da un
lato, l’autore cerca di ricostruire un evento storico romanzato, dall’altro
invece introduce una storia – si badi bene, non la Storia con la ‘s’ maiuscola bensì in quanto tema del romanzo – del tutto
inventato e privo di legame con la biografia vera e propria di Michelangelo.
Sembrerebbe che si stia parlando della stessa cosa – “romanzato” e “inventato”
suonano come sinonimi – ma in realtà si è dinanzi a due “falsi amici”. Si è
parlato di storia romanzata in quanto l’autore si serve di un personaggio
storico realmente esistito – Michelangelo – facendo riferimento ad un evento
della sua vita di cui non si ha alcuna certezza. Lo stesso autore, difatti,
dichiara di non essere sicuro a tal proposito e di non aver trovato documenti
che gli confermassero una tale teoria. Énard ha letto la biografia di
Michelangelo di Giorgio Vasari ma ha trovato solo vaghi riferimenti riguardo a
un presunto invito da parte del sultano Bayazid il Giusto per discutere il
progetto della costruzione di un ponte (realmente esistito). Pertanto, tutto
ciò che viene scritto a proposito di questo evento nasce solo ed esclusivamente
dalla penna dello scrittore francese. Il narratore mette il lettore in contatto
con un Michelangelo umano, ovvero un uomo ancora giovane e senza esperienza
rispetto al famoso Leonardo Da Vinci, un uomo che si lascia sottomettere dalla
volontà di un papa irascibile (Giulio II), un artista che vuole rimanere nella
storia attraverso le sue opere, un uomo che ama ma che non comprende fino in
fondo il potere dell’amore. Énard presenta l’uomo, non l’artista. Forse ha
inventato il viaggio e le possibili influenze che ha avuto sull’arte dell’artista,
ma di certo non ha inventato l’uomo. Sfogliando le pagine e leggendo
attentamente il romanzo, il lettore ha un sentore: il narratore conosce
Michelangelo, entra in contatto con i suoi pensieri, li analizza, mette in
mostra quei difetti che fanno di lui un genio. Si capisce che l’autore non
inventa l’uomo per una ragione molto semplice: introduce un estratto del diario
di Michelangelo, enumera tutto quello che compra e importa in Oriente, alterna
la narrazione con lettere scritte dall’artista ai suoi amici. Si tratta della
parte documentaria del romanzo, la
parte nella quale il narratore introduce lunghe liste, informazioni dettagliate
sul progetto del ponte, date, dati generali sulla vita pubblica e privata di
Michelangelo. Non è un caso se l’autore preferisce terminare il romanzo con un
tono più documentario, riassumendo ai lettori la fine della vita dei
personaggi, come in un film.
Dall’altro lato invece, bisogna
fare i conti con il tema dell’invenzione. Finora, si è discusso della parte
romanzata che parte da un dato storico incerto e da un personaggio realmente
esistito. Ora, si passa alla parte più interessante agli occhi del lettore: la
parte ambigua, lirica, la parte della casta storia d’amore. Mesihi, poeta
orientale, e Michelangelo. La cantante (sarà veramente una donna?) dalla bella
voce da cui l’artista è affascinato. La passione. La gelosia. La morte
passionale. Temi “tradizionali”, o meglio tipici del romanzo tradizionale che contribuiscono a tessere le fila di una trama intricata e intrigante. Il
lettore riflette, si pone delle domande. “Sarà
vero?”, rimbomba nella sua testa, “Michelangelo
avrà veramente incontrato questo poeta? Avrà veramente amato?”. Il dubbio
si instilla repentino e non lo abbandona fino all’ultima riga. Non capisce chi
è quel personaggio misterioso che parla in prima persona, fa supposizioni,
ricerca pronomi ambigui che lo aiutino nella ricerca disperata di una
soluzione. E’ affascinato da questo amore casto e inespresso, dalla mancanza di
risposte, dall’enigma dell’omicidio, dalla figura asessuata della persona che
parla (non si comprende il sesso). E’ il lettore che sceglie la fine. E’ il
lettore che ha il diritto e il dovere di trovare la chiave del mistero. L’autore
se ne lava le mani e sembra beffeggiare: “Sta
a te, caro lettore, la responsabilità di stabilire una fine degna dell’uomo
Michelangelo”. Énard termina sul tono storico e documentario: la morte del
sultano, la morte di Mesihi, la morte del vizir, la morte di Michelangelo. Ma
della soluzione dell’enigma al delitto del personaggio misterioso, nemmeno l’ombra.
Che si sia ispirato alla tecnica dei nouveaux
romanciers? Dopotutto, Énard accosta temi tradizionali ad uno stile più
fresco e contemporaneo. Tradizione e innovazione, vecchio e nuovo, Rinascimento
italiano e Oriente si fondano dando vita ad un romanzo di ottima qualità
tematica e stilistica. Lo scrittore mescola epoche e stili immergendo il lettore
in un mondo al tempo stesso classico e contemporaneo. Difatti, Michelangelo si
rivela un uomo più contemporaneo di quanto si pensasse in precedenza. Un mito
della storia dell’arte che discende nel mondo dei comuni mortali facendosi
amare proprio per i suoi numerosi difetti.
In questo romanzo, Mathias Énard sfida l’idea di Storia che si è instillata nella memoria collettiva per secoli. Inventa
un evento ma distrugge l’idea di una storia fondata su miti ed eroi
infallibili, perfetti e irraggiungibili. I miti e gli eroi non esistono. Esiste
una storia costruita dagli uomini e per gli uomini. Certo, alcuni sono dotati
di un talento che ha permesso loro di restare nella storia della memoria
collettiva, ma si tratta pur sempre di uomini. Persone che hanno amato e sono
state amate, che hanno viaggiato, che hanno sofferto, che sono stati felici ma
che hanno avuto problemi da risolvere. Énard sembra costruire un enigma basato
proprio su questo presupposto: lo statuto d’artista e di mito di Michelangelo non
è una magia, bensì una conseguenza della sua vita. Questo viaggio inventato e
quest’amore misterioso influenzano e impregnano la sua opera d’arte in modo
positivo e alternativo, permettendogli di guadagnare un posto nella storia
collettiva.
Tirando le somme, se il lettore ama i romanzi che rompono gli schemi del passato e si propongono delle sfide alternative tanto sul piano tematico quanto su quello stilistico, questo romanzo è una ventata d’aria fresca nel panorama del romanzo contemporaneo francese. Se invece il lettore è impiantato su un’idea di romanzo e di arte tutta rivolta al passato, meglio lasciar perdere. Énard è uno di quei pochi scrittori rimasti che osa sapendo bene come osare.
Arianna
Di Fratta