"Nella casa", un film di François Ozon, 2013. |
“Nella
casa” è un film del regista francese François Ozon basato sulla mise en abyme. La mise en
abyme letteraria. La
mise en abyme cinematografica. La mise en abyme del sé. Ma soprattutto, la mise
en abyme della realtà. In quest’articolo, si intende analizzare soprattutto
alcuni aspetti di questo intricato film che potrebbero passare inosservati: si
tratta di un film sulla psiche, sull’immaginazione, sulla soggettività, sul
dubbio, sull’enigma. Difatti, alla fine della visione, lo spettatore si ritroverà con molte domande irrisolte e dubbi esistenziali. Ecco il perché.
Ispirandosi alla
tradizione greca e latina e alla letteratura giapponese contemporanea – primo fra
tutti il romanzo “Colori Proibiti” di
Yukio Mishima – il regista mette in scena il rapporto controverso tra un
professore e un allievo. Si tratta di un tipico topos letterario. In effetti,
non è questo l’aspetto più caratterizzante e sconvolgente del film. Al contrario,
è l’aspetto più evidente del film in
questione. Lo spettatore si rende perfettamente conto che non è il professore
che cerca di influenzare letterariamente il suo allievo, piuttosto è l’esatto contrario:
è il ragazzo che influenza in un modo o nell’altro la vita del professore (e
indirettamente anche quella della moglie, trattandosi di vita coniugale).
Ciò che colpisce
in modo particolare lo spettatore è l’interpretazione della realtà. “Cos’è la realtà?”, sembra domandare il film agli spettatori, “Cos’è il reale?”. Lo studente scrive una sorta di romanzo di formazione sotto la direzione del
professore – diretto a sua volta dai maestri
del passato, tra cui Stendhal e Flaubert – e a primo acchito non si può negare che il ragazzo
stia scrivendo di ciò che ha vissuto sulla sua pelle. Col procedere del film (e della narrazione del racconto del giovane Claude) però, sorge impulsivamente il dubbio che stia scrivendo di qualcosa che ha vissuto solo nel suo interiore.
Forse ha inventato tutto. Forse nulla di ciò che si vede sullo schermo corrisponde alla vita quotidiana della famiglia Artole di cui parla Claude. Ma allo stesso tempo, lo spettatore non può
dimenticare ciò che ha visto sullo schermo. Perché quello che vede, ai suoi
occhi risulta reale. Le immagini scorrono nitide sullo schermo. Tangibili. Storie di
vita quotidiana si intrecciano alla voce fuori campo del narratore onnisciente.
Eppure, potrebbe semplicemente trattarsi di un reale soggettivo. Di un reale del sé. Di un
reale interiore. Di una “soggealtà”.
E’ chiaro che il giovane studente considera questa realtà fatta di inchiostro
come il suo vero vissuto, la sua vera realtà. Ed è proprio a partire dalla convinzione
dello studente che lo spettatore comincia a nutrire dei dubbi sul concetto
stesso di realtà. Il film sembra sfidare le convenzioni comuni sulla percezione
tangibile del mondo che ci circonda. E’ più reale ciò che viene vissuto nel
proprio subconscio o la quotidianità?
Forse sarete sorpresi. Come si può
parlare di reale quando il ragazzo, Claude, immagina tutto? E’ vero, Claude
immagina. Ma non si può negare ciò che lo spettatore vede e sente: immagini
che costituiscono il prototipo di mondo borghese del ragazzo, espressione che
si spoglia dei suoi connotati storici per assumere un’allure del tutto soggettiva.
Difatti, il mondo delle classi medie viene accostato al mondo dell’amore, della
famiglia, dell’amicizia, del calore umano, della passione, della gelosia, dei
problemi, della cosiddetta normalità.
Non è un caso se Madame Germain, la moglie del professore, chiede al marito: “Il entend tout ça ou il l’imagine?” (“Tutto
questo [che scrive] lo sente o lo immagina?”). E’ la stessa domanda che si pone
lo spettatore. E’ vero o è falso? Ma è corretto parlare di falsità a proposito
dell’immaginazione dell’autore Claude? In effetti, Madame Germain continua a
leggere il manoscritto del ragazzo immaginando lei stessa lo stile di vita
condotto dalla famiglia Artole (famiglia che Claude frequenta assiduamente e su
cui redige dei piccoli manoscritti). Immaginare non è sinonimo di falsità. Al contrario,
l’immaginazione è una forma di realtà
soggettiva. Il signor Germain e sua moglie credono a ciò che scrive Claude.
La prova? A partire da un certo momento, lo stesso professore comincia a
percepire la realtà così come viene raccontata da Claude (il suicidio del
giovane Rapha lo spaventa a tal punto da produrre una reazione esagerata da
parte del professore). Inoltre, non si può non notare il momento del film in
cui Madame Germain è delusa alla vista degli Artole “reali”. Quindi, quelle
persone che vede non corrispondono affatto a quelli fatti di carta e inchiostro
serviteli settimanalmente da Claude.
Pertanto,
il film spiattella lo spettatore dinanzi a un’importante riflessione; lo
spazio, il tempo e la percezione del mondo e della vita variano di persona in
persona. Bisogna imparare a separare le sfere del reale tangibile e del reale
soggettivo. Difatti, Claude non specifica mai se ciò che scrive è frutto della
sua immaginazione oppure no.
Per concludere, la parola macedonia “soggealtà”
sta ad indicare la realtà soggettiva che si spoglia dinanzi agli occhi
scrutatori degli spettatori. Una realtà interiore ma anche una realtà
malleabile. Una realtà che si lascia modellare dall’Io e che si lascia ammirare
da occhi estranei. Una realtà autoriale che solo un lettore/spettatore sensibile può captare e comprendere nel profondo.
Arianna Di Fratta
Per maggiori informazioni sul film e sul regista:
- http://www.danslamaison-lefilm.com/ (sito francese ufficiale del film);
- http://www.francois-ozon.com/fr (sito ufficiale del regista François Ozon)