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La casa editrice Rizzoli e la giornalista Barbara Sgarzi hanno avuto la bella idea di organizzare un incontro tra l'autrice e alcuni blogger e giornalisti che si occupano di libri e cultura. Ci siamo trovati nella storica sede del Corriere della Sera in via Solferino a Milano e abbiamo parlato del romanzo proprio la sera prima della sua uscita.
L'autrice era molto emozionata perché è stata la sua prima occasione per parlare di Marina Bellezza, per spiegare che significato ha la storia che ha messo su carta, da quali suggestioni è nata.
Il primo a prendere la parola è stato Michele Rossi, responsabile della narrativa italiana Rizzoli, che ha introdotto Silvia raccontando in breve il percorso compiuto insieme, quel viaggio che da Acciaio ha condotto fin qui. In seguito è stato proiettato un video che la scrittrice ha girato nei luoghi del romanzo, la provincia di Biella e la Valle Cervo di cui i lettori di Marina Bellezza sentiranno più volte parlare. Un luogo dell'anima, il luogo d'origine della Avallone che stavolta ha deciso di tornare a casa, di riappropriarsi di quelle terre che le generazioni precedenti hanno abbandonato.
Non è un caso che il primo capitolo si intitoli proprio Far West: per dare l'idea di una terra da riconquistare, sulla quale scommettere nonostante adesso sia solo rovine, campi, capannoni abbandonati, locali chiusi.
Marina Bellezza quindi è in primo luogo uno sguardo inedito sui territori in cui la scrittrice è nata e vissuta, quasi fossero stranieri, in parte sconosciuti.
Ma è stata proprio lei a raccontarci quali difficoltà ha incontrato nella scrittura:
La cosa più difficile è stata iniziare. Mi chiedevo: "Da cosa parti in tempi di crisi come questo? Di cosa parli?". Io ho voluto cominciare da una storia d'amore.
Si, perché il romanzo ha la crisi sullo sfondo, questa crisi a noi così vicina, che ci accompagna nei discorsi e nelle azioni di tutti i giorni, ma non parla della crisi. Piuttosto racconta l'amore e il coraggio di personaggi che trovano delle risposte possibili, delle vie di uscita.
Marina è la ragazza che dà il nome al romanzo, caparbia, testarda, talentuosa. Canta e bella nei centri commerciali, sogna di diventare famosa e di sfondare nel mondo della musica e dello spettacolo.
Un po' eroina ottocentesca, un po' ragazza di provincia con una storia difficile come tante altre, è un personaggio femminile che non si dimentica. È da lei che l'autrice è partita per scrivere la storia.
Marina è la vendetta incarnata. Vuole tutto, esige un risarcimento per prendersi quello che le sembra le manchi.
Per questo vuole scappare dalla provincia per raggiungere subito il suo sogno. A sue spese imparerà cosa ha lasciato dietro e cosa la aspetta davanti a sè. Col tempo si chiederà: "Ma è più importante dove riesci ad arrivare o da dove sei partito?"
E ancora Marina è bellissima, come dichiara già il suo cognome:
La volevo così perché desideravo che fosse un personaggio scomodo, difficile da accettare, da capire.
Marina è sfuggente, inafferrabile ma ha un punto di riferimento che resta sempre fermo: Andrea.
Ventisette anni, bibliotecario, ha un sogno che tutti considerano impossibile: fondare un'azienda casearia nei luoghi dei nonni, ritornare laddove è nato per ricostruire.
Qui arriviamo al cuore del romanzo: se con Acciaio Silvia Avallone aveva raccontato una guerra aperta, un mondo che, nel benessere generale di cui parlavano i telegiornali, sembrava dimenticato, Marina Bellezza è un modo per rispondere a questo senso di generale impossibilità che ci circonda, l'impotenza della crisi, dello stallo. "La letteratura non offre soluzioni, ovviamente, ma ho voluto comunicare una strada possibile, uno spirito da cui ripartire per ricostruire qualcosa".
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Perchè è facile, soprattutto quando si vive all'ombra di un fratello emigrato negli Stati Uniti, "credere che la felicità sia sempre altrove, che basti andarsene per trovare la realizzazione".
Marina Bellezza è una storia di giovani come noi, giovani della provincia. È lei l'altra indiscussa protagonista del romanzo.
Non mi interessava demonizzare la città. Quel che mi interessa da sempre è la vita in provincia. Chissà se nei prossimi libri esplorerò altre realtà di provincia.
Dopo Piombino, quindi, anche questa Valle Cervo è un po' terra di confine. Ma non è una provincia angusta e soffocante, al contrario ha gli spazi immensi della provincia americana di cui parlano Richard Ford e altri autori americani molto amati dalla scrittrice.
Il romanzo è anche un modo per continuare il discorso sul rapporto padri-figli. Resta l'interesse per le dinamiche familiari complesse ma, mentre in Acciaio Silvia rappresentava due adolescenti che subivano situazioni familiari difficili, adesso in scena ci sono due ragazzi che non vivono più in casa, hanno costruito una propria vita fuori ma continuano a pensare a quello che hanno lasciato. Amano e odiano i loro genitori li vorrebbero perdonare ma non sempre ci riescono, ma comunque non li accusano mai.
Questo è anche il bello della letteratura: l'impossibilità di giudicare i personaggi per sforzarsi a vedere il mondo con i loro occhi.
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Il sentimento che più mi ha accompagnato durante la stesura del libro è stato un senso di liberazione.
La sensazione è che Marina Bellezza nasca da un bisogno forte, dalla sfida di ricominciare. E non si parla solo di Andrea e Marina che cercano faticosamente un loro posto nel mondo, anche Silvia Avallone è ripartita da zero con un libro che è anche un universo nuovo. D'altronde "il bello di ogni sfida è quel non sapere se terminerai".
Ma alla fine ha chiuso il capitolo Acciaio per dedicarsi a questa storia di partenze e ritorni, di scelte coraggiose e resistenza, con una tesi di fondo che ad alcuni può apparire anche un po' scomoda e che dice che: "La vera rivoluzione sta nel rimanere".
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Claudia Consoli
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