Cosa
fare delle nostre ferite? La fiducia e l’accettazione dell’altro
di Michela Marzano
traduzione e cura di Riccardo Mazzeo
Trento, Erickson, 2012
pp. 100.
di Michela Marzano
traduzione e cura di Riccardo Mazzeo
Trento, Erickson, 2012
pp. 100.
La fiducia è legata alla natura medesima dell’esistenza umana, al fatto che non siamo mai completamente indipendenti dagli altri e autosufficienti, neanche quando abbiamo la possibilità di raggiungere un certo grado di autonomia morale.[…] La fiducia in se stessi prima di tutto, perché di fronte alle reazioni spesso imprevedibili degli altri bisogna potersi appoggiare su di sé, su un nocciolo duro, su un certo numero di risorse interiori capaci di garantire un minimo di coesione interna.[1]
Michela Marzano è attualmente direttore del
dipartimento di scienze umane e docente di filosofia morale all’Università di
Parigi Descartes; è una donna che è riuscita a trasformare alcune sofferenze
personali del proprio cammino di crescita (in parte raccolte in questo volume)
in esperienze da cui ricavare risposte concrete alle innumerevoli richieste e
aspettative che ci provengono dal mondo esterno: come possiamo contrastare
l’estrema fragilità della nostra condizione umana? La sofferenza serve?
È possibile affrontare da soli la
condizione tormentosa provocata a tratti
dall’assiduità del dolore?
Il volume, suddiviso in tre
capitoli, affronta in modo semplice, diretto e concreto questi dubbi.
L’uomo è un agente razionale ed è oggi
portato a non tollerare troppo la vulnerabilità degli altri, è un individuo che
può essere ferito perché si presta ad essere criticato, smentito a causa della
propria fragilità interiore o attaccato per l’insufficienza dei mezzi di
difesa.
Nel mondo odierno prevale il mito
della perfezione e della automatica fiducia in se stessi. Senza andare a
scandagliare il mondo dei social network, dei media, della vita sociale e
culturale di oggi, è innegabile che viviamo in un’epoca di forte, ma anche di effimero
individualismo, egocentrismo e di assolute certezze estetiche che abbondano in
qualsiasi ambiente di vita. Anche il corpo rappresenta la quintessenza della
riuscita sociale, del raggiungimento della felicità e del grado qualitativo
della vita più alto.
Ma sono proprio invece queste
illusorie sicurezze a dimostrare come nel corso della vita e soprattutto
degli accadimenti odierni, l’essere umano attraversi momenti di discontinuità,
che accanto ai risultati favorevoli ce ne siano altri che possiamo definire
fallimentari, e come il proprio io necessiti della seria e affidabile fiducia
nell’altro.
Ma è ancora possibile la fiducia nell’alterità?
La fiducia è un elemento costante o è una variabile che dipende da una serie di
fattori? E soprattutto, siamo pronti ad accettare il tradimento dell’altro? Michela
Marzano, nel secondo capitolo del volume, spiega come lei stessa sia riuscita
nell’intento di imparare ad accettare le differenze e i mutamenti altrui, grazie ad un cammino interiore arricchito
dallo studio sull’etica contemporanea e da un’attenta riflessione morale.
È importante saper accettare la propria
alterità per poter accogliere quella degli altri: ogni giorno abbiamo a che
fare con il giudizio altrui e non serve eludere certe categorie di persone o
costruirsi un falso sé per “star bene.”
L’accettazione di se stessi è,
per la scrittrice, un processo lungo ma necessario, che si gestisce imparando a convivere in una società
pluralista come la nostra; «senza la fiducia sarebbero impensabili le relazioni
umane, la fiducia è una scommessa umana e reca in sé la possibilità di un non
ritorno».[2]
Le abitudini si possono e si debbono
rompere per poter cambiare. Una delle regole importanti per sopravvivere in
questa società è la capacità di filtrare il mondo in modo da permeare le “sofferenze”
della vita, per aprire spiragli di vita nuova.
L’impegno costante nel proprio
ambiente di riferimento dovrebbe riuscire a dare qualche garanzia di riuscita;
non sempre accade questo perché inevitabilmente dobbiamo fare i conti con chi
ci sta accanto, con coloro ai quali abbiamo affidato la nostra fiducia, in
termini di amicizia, di solidità lavorativa, di sentimenti personali sul piano
affettivo e relazionale.
Michela Marzano ci fa riflettere
soprattutto sull’imprevisto, sul cambiamento di vedute dell’altro, cambiamento
inaspettato e soprattutto spesso troppo rapido. Si tratta di qualcosa che ci fa
paura e che scombina le nostre certezze di vita:
Sullo sfondo è necessario ritrovare l’idea dell’impegno reciproco: in un posto di lavoro, quando si opera all’interno di un team, di un’istituzione o di un’organizzazione, non ci si può limitare a pianificare le proprie azioni; bisogna lasciarsene coinvolgere nella consapevolezza che ci si espone sempre a circostanze e conseguenze che non è possibile specificare o prevedere interamente. Ciascuno ha capacità e risorse su cui fare affidamento, ma l’imprevisto esiste e non è sempre padroneggiabile.[3]
Come uscirne? Il saggio di
Michela non dà risposte assolute ma aiuta a prendere consapevolezza di questo
rischio. Ritrovando entusiasmo per i propri obiettivi, cercando di comprendere
il desiderio di solitudine altrui e dell’improvviso o definitivo
allontanamento, accettando i propri limiti, proiettandosi nella ricerca di un
miglioramento e di un’accettazione di se stessi che non vada a prevaricare gli
altri a volte inconsapevolmente, credendo comunque che se è impensabile una
comunità senza relazioni umane, è pur vero che ci sarà sempre qualcuno che,
vivendo le nostre stesse esperienze, attende di essere ascoltato.