di Marina
“Morgatta” Savarese
Edizioni Ink
Si
prendono in mano questi due libretti rosa, La
Bruttina che conquista e Come
tenersi un uomo, sottili sottili, con i disegnini invitanti in copertina e,
diciamolo, magari dopo il tomo critico su Proust o su Hesse, ci attirano pure parecchio
per l’aspetto vaporoso da chick
lit, anche se qui non si tratta di romanzi. Le aspettative che ci creiamo sono
due e vengono entrambe deluse: che i libriccini in questione siano scritti
male, e non lo sono, e che dicano
qualcosa di nuovo risolvendo i problemi, e non fanno nemmeno questo.
Se
siamo bruttine (nel caso specifico lo siamo) di certo coltiviamo la segreta e
imperitura speranza d’imbatterci nel ricettario magico che ci trasformerà, nel
consiglio di bellezza gratuito e miracoloso. Pia illusione.
“La Bruttina Sfiduciata la stima l’ha seppellita nel cassetto dei ricordi (e ha buttato via la chiave.) Forse l’ultimo complimento l’ha ricevuto al suo primo compleanno, quando, ancora incosciente, non capiva l’ironia della frase “che carina questa bambina”, classico riconoscimento di circostanza dove non è ammesso dire alla mamma che la sua pupetta è un mostriciattolo. Poi l’ha capito, che la bruttina se ne accorge anche da sola che è veramente bruttina. E la vita spalleggia sempre queste sue convinzioni, continuando a infierire con stilettate e piccole coltellate a ogni occasione, sgretolando ogni mattoncino di fiducia e ogni piccola conquista. E così la bruttina si adegua, si lascia colpire, si annulla, azzera i sentimenti e ogni tipo di aspettativa.”
La
Savarese si dichiara a sua volta Bruttina DOC, racconta che è diventata figa
sfoggiando stile, guardaroba giusto e potenziando le proprie doti di simpatia e
comunicatività, ma non dice cosa dobbiamo concretamente fare, cosa scegliere
nelle nostre deprimenti sedute di fronte all’armadio, per tramutarci da brutti
anatroccoli in superbi cigni veleggianti. Non offre nessun rimedio
prodigioso, nessun consiglio soprannaturale, arcano, prodigioso, solo i soliti palliativi,
che sanno tanto di già sentito, sul non trascurarsi, sul mostrarsi al meglio,
sull’essere indipendenti, sicure di sé e, ovviamente, puttane al punto giusto,
nel senso buono della parola. E
– inorridiamo, o noi sacerdotesse del pessimismo cosmico – ci propina la consueta teoria del “be positive, be happy”,
dello foggio di entusiasmo che conquista il maschio di turno. Sorge il
dubbio che non stia parlando davvero di come trasformare le brutte in belle
(se così fosse il libro la renderebbe miliardaria) ma proponga
piuttosto l’equazione bruttina uguale donna comune. Insomma, fa leva sulla metamorfosi del brutto in
avvenente ma in realtà discute in generale, indicando ad ogni donna la
via dell’indipendenza, della sicurezza, dell’autonomia, dello stile, dell’eleganza,
dell’emancipazione, dell'"io viene prima del noi".
Nel secondo testo c’è un’evoluzione, sia dal punto di vista linguistico che contenutistico. Lo stile diventa più incisivo, ironico, tagliente, l’autrice dimostra di avere cervello e cultura e che gli affilati artigli erotici sono solo un aspetto della sua personalità e non un chiodo fisso. E se, anche in questo caso, i consigli per tenersi l’esemplare maschile, lo straccio di amante previamente conquistato, appaiono scontati, balza agli occhi l’attenta analisi sociale del variegato (e un po’ triste) sottobosco di trenta/quarantenni in cerca di accoppiamento. La fauna che lo popola è votata al disimpegno, all’instabilità emotiva, al peterpanesimo, all’immaturità. Vediamo aggirarsi torme di single incalliti, trombamici allergici al matrimonio e disorientati, figure di cui si rivendica il diritto alla dignità ma che, per chi appartiene a generazioni ancora imbevute di romanticismo, grondano squallore e inadeguatezza. Alcune descrizioni sono davvero spassose, specialmente quelle in cui è facile rintracciare qualche maschio di nostra conoscenza, come ad esempio l’uomo mistico, quello, per capirci, tutto chakra, energia, incenso e ristoranti vegani.
“Se non siete profondamente spirituali anche voi, tutto questo ascetismo alla lunga vi farà perdere la pazienza, facendovi sognare di chiudergli tutti i suoi chakra una volta per tutte.”
La
Savarese, attualmente residente a Firenze ma vissuta molti anni a Livorno, ha assorbito dalla città labronica lo spirito
arguto, irriverente e un po’ sboccato, quello che fa sempre dire
pane al pane. Appassionata di moda, di design, di danza, di burlesque, di cultura pop, piena d’interessi
e informata, sembra conoscere l’argomento per esperienza diretta, un’esperienza
sempre filtrata dall’ironia (e da una salutare autoironia). Ha interrogato
molti amici, sia maschi sia femmine, stilando classifiche e facendo statistiche
degli atteggiamenti più comuni. Il tutto con mano leggera, acume, simpatia, divertimento. Soprattutto con quel piglio deciso, in grado a suo dire
di trasformare una bruttina qualsiasi in una donna audace, una donna che sa
conquistarsi - piantando i piedi per terra e non pestandoli
bizzosa - il suo posto in questo mondo non sempre accogliente.
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