Laura Tonelli ama profondamente la poesia
perché per lei rappresenta un campo di ricerca interiore continuo, da cui
riesce a far riemergere molti tasselli della propria vita passata e da cui la scrittrice indaga tuttora per cercare
risposte che non sempre sono risultate risolutive durante tutto l’arco
dell’esistenza. Dall’intensa attività poetica, la scrittrice riesce a trarre costantemente nuova linfa che ha un
sapore estensivo, una poesia non rigorosamente limitante ma che sa rilevare i momenti di passaggio e di intervallo
peculiari di alcune fasi della vita, offrendoli al lettore ricchi di
significato ulteriore.
La nuova raccolta include un corpus di poesie in cui in ogni lirica
si può individuare il significato globale della nostra esistenza racchiuso
curiosamente in triadi; la
peculiarità di tre elementi congiunti da
un particolare rapporto sembra essere infatti la parte caratterizzante di molte
poesie: il ciclo vitale nella triade infanzia/
giovinezza/maturità è sinteticamente
presentato da Laura Tonelli in molti versi. Alla precedente triade enunciata,
si aggiungono ad esempio quelle seguenti: mistero/sogno/realtà
e
natura/simbolo/favola.
Nella seguente lirica dal titolo Sfuggente la protagonista in assoluto è
la «gioia del cuore», come ce la presenta la scrittrice per l’appunto
«sfuggente»: è la spensieratezza a cui Laura Tonelli lega i termini «inseguire
e cogliere» che appartengono molto alla rievocazione della propria infanzia
«preziosa e da trattenere». Ma è la stessa gioia a pervadere anche il presente
della scrittrice; sorridente, lei si
rivolge ai vicini compagni; la propria felicità è qualcosa da condividere con
l’alterità perché rende luminoso il sorriso, appagando il proprio essere. Tutto
ciò che la circonda sembra variare di tonalità, ed è il futuro sempre più azzurro
ad affacciarsi convincente.
Un futuro di difficile traguardo
proprio perché fuggevole.
Le motivazioni, le apparenze, in un turbinio di colore, coinvolgono e
trasfondono anche negli avvenimenti che si rivelano conformi ai desideri. La
perenne gioia è in grado di ricomporre e riorganizzare il mondo grazie alla “sfuggevolezza”
di breve durata, e ciò rafforza lo spirito d’azione di ogni individuo: ed è per
questo che anche il «grigiore» degli accadimenti quotidiani può apparire
«lucente» quando è presente quella luce di compiacimento che, senza abbandonare
uno sguardo al passato, ci proietta però verso nuovi orizzonti.
Da segnalare l’ottimo utilizzo
stilistico dell’epifora «sfuggente» che funge, come abbiamo analizzato, sia
come oggetto della lirica, accanto a gioia, sia con funzione aggettivale, (cuore sfuggente) che come sostantivo-soggetto
(condividono i vicini la sfuggente) e
non ultimo come attributo personificato dello spirito (lo spirito che sfuggente al più forte s’aggrappa).
Sfuggente
Inseguo
la gioia del cuore,
sfuggente,
bella
come una sacra apparizione
La
colgo, per un attimo,
sfuggente,
appagante
come un’inebriante bevanda.
Un
attimo, scivola via,
sfuggente,
indimenticabile
come l’infantile ricordo.
La
trattengo, un attimo, preziosa,
sfuggente,
il
cuore riempio, anzi trabocca,
condividono
i vicini, la
sfuggente,
illumina
il sorriso gli occhi,
tutto
d’azzurro si colora.
Ricostituisce
il mondo, la
sfuggente
La
gioia della vita rafforza
del
fragile lo spirito, che
sfuggente
al
più forte s’aggrappa, all’indomito
Avidamente
bevo, la noia scompare
Nel
grigiore lucente e mai
sfuggente.[1]
I titoli metaforici rinviano a
più realtà vissute come nella lirica seguente in cui il quadro paesaggistico
montano si interseca perfettamente e da un punto metaforico con il passato
rappresentato simbolicamente dalle salite, ma ancora saldamente a «tracolla»
del presente.
Nella memoria della scrittrice, i ricordi
(quelli negativi) staccandosi dal periodo giovanile lontano, si ammassano
assumendo una dimensione fisica (valanga) rilevante, ma è la vita stessa a
celarli, «seppellendoli».
Come quando ci si scrolla di
dosso la neve, similarmente anche
l’autrice si sente libera dai pesanti fardelli e ingorghi passati: solo in
questo conquistato stato d’animo la protagonista della lirica può trasfondere
in un nuovo spazio/tempo in cui esiste solo il rapporto esclusivo con la terra.
Il mistero, oggetto della
lirica, sembra appartenere sia ai momenti gai, quanto ai «notturni silenzi»; ed
è in questa dimensione idealistica rappresentata da un corpo, che non è che una
dilatazione della materia stessa, che la scrittrice intende fermare il tempo
«raccogliendo la vita tutta ancora da vivere».
Da rilevare in questa poesia l’inserimento di alcuni
termini utilizzati in triadi che danno una resa sul piano fonico, alliterativo e
stilistico molto efficace: tracolla/seppellisce/scendo; non spazio/non tempo/senza meta; tremare/espando/sospiro; tutta/nulla/tutto;
Nel distico finale Nulla m’appartiene come l’amore/ma tutto
comprendo come l’amore
l’immensità dell’amore prevale su
tutto come il tutto stesso può essere compreso grazie solamente all’amore.
Mistero
Il
monte tracolla sulle spalle
seppellisce
i ricordi l’ultima valanga:
leggera,
come piuma, volteggio
dall’alto,
nel non-spazio,
nel
non-tempo, senza meta,
scendo
la terra a baciare.
Dei
luminosi giorni il mistero,
del
notturno silenzio il mistero,
sveglia
e cuore
fa
tremare.
Mi
espando senza materia,
nel
sospiro raccolgo la vita,
tutta
ancora da vivere.
Nulla
m’appartiene come l’amore,
ma
tutto comprendo come l’amore.[2]
Concludiamo questo breve percorso
all’interno delle Parole dell’elegia
dell’anima della scrittrice con uno sguardo ad un altro tema semantico
poetico rilevante: il mare e la sua storia rappresentano da secoli fonte di ispirazioni
primordiali mitiche. «La storia del mare e di umani piedi che cavalcata
l’hanno» rinvia ad un antico passaggio generazionale che però non è osservato
nella sua lentezza cronologica, ma al contrario, la «cavalcata»
ininterrottamente e con una certa celerità d’azione, ha lasciato comunque
tracce, segnali tangibili, che seppur in movimento e in progressiva
attenuazione, vogliono lanciare messaggi e testimonianze del nostro passaggio
in vita.
Come l’acqua dell’immenso mare, spesso più
ostile che favorevole all’uomo, lascia tracce di sé e suoni attraverso i
granchi e le conchiglie, così la sabbia vasta, fine e immensa è l’oggetto in
cui le dita dell’uomo inquieto trovano forse una rassicurazione, fino al punto di
spazzare via i pensieri di un cammino lungo e incerto.
Il sole muta durante le ore del
giorno, mentre è la sabbia a rimanere immutabile e a fare da contenitore delle
tante esperienze umane quando alle «buche di terrore» si sovrappongono i «castelli
d’ingegno», quando spesso i progetti «si costruiscono» e vogliamo immaginare poco «si distruggono».
Spiaggia
In
moto perpetuo
va
e viene
sulla battigia l’onda
Lascia
piccole conchiglie
accarezza
i granchi
e
trascina con sé
sabbia
di pensieri.
Granelli
filtrati da
sottili
dita nervose
veloci
tornano alla madre
e
il vento li pettina
ché
non perda la spiaggia
la
storia del mare
e
di umani piedi
che
cavalcata l’hanno
con
evanescenti orme.
Gira
il sole e cambia
il
colore; fredda o
calda
sempre la sabbia
è
se stessa
Granelli
di pensieri,
buche
di terrore,
castelli
d’ingegno,
sempre
si costruiscono
Sempre
si distruggono.[3]
Anche con questo volume Laura
Tonelli riesce a essere protagonista di una modernità poetica letteraria che
abbraccia sensibilità, comunicazione del proprio vissuto, traslato
metaforicamente sempre con una cura stilistica importante ai dettagli. Una
bella raccolta di poesie, liriche che si leggono piacevolmente perché sono il
risultato di una forte e determinata ideologia della propria vita interiore
passata e presente e ancora da svelare per il proprio futuro.
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