Il sentiero dei nidi di ragno
di Italo Calvino
Einaudi, 1993 (1947)
di Italo Calvino
Einaudi, 1993 (1947)
Quando per Einaudi pubblica Il
Sentiero, nel 1947, Italo Calvino ha ventiquattro anni e alle spalle la sola
pubblicazione di qualche racconto. Il Sentiero è il suo primo (e
forse ultimo, a seguire alcune critiche) romanzo. Ma un romanzo del
tutto atipico, il cui protagonista è un ragazzino, Pin, che
un’esperienza unica: quella partigiana. Ed è il suo punto di vista
ad emergere, la sua prospettiva sfasata, abbassata, ingenua e
inconsapevole. Uno sguardo infantile e innocente, su un mondo che non
lo è affatto, e che per questo garantisce a Calvino la produzione di
un testo antieroico, lontano da ogni intento celebrativo della
guerra partigiana (è lui stesso ad affermarlo nella nota
introduttiva al romanzo, nel 1964).
Un romanzo altamente avventuroso, la
cui trama è semplice: siamo a San Remo, negli anni della Guerra, e
Pin, orfano e affidato a una sorella prostituta che non si cura di
lui, vive tra i carruggi, frequenta l’osteria ed è circondato da
persone più anziane di lui, adulti un po’ scapestrati, che lo
considerano la loro mascotte. Gli affidano una missione importante:
rubare la pistola al marinaio tedesco, cliente affezionato di sua
sorella. Pin obbedisce, si impossessa di questa leggendaria P38, ma
non la consegna agli uomini dell’osteria, che sembrano non
desiderarla più. È la sua P38, e la nasconde in un posto segreto e
incantato, che solo lui conosce, tra l’erba, dove i ragni fanno le
tane. Ma il marinaio tedesco lo accusa, e Pin viene incarcerato.
In prigione Pin fa la conoscenza di Lupo Rosso, un ragazzo più
grande di lui, partigiano, con il quale evade. Finalmente liberi, i
due si tengono compagnia per un po’, ma Lupo pensa ad altro, e
lascia Pin addormentato, fra i campi. È di nuovo solo, ma ecco
comparire un uomo, un adulto, grande e grosso, che prende per
mano Pin e gli asciuga le lacrime. E lo porta con sé, nel suo
distaccamento, quello del Dritto, un gruppo di partigiani
scalcagnati, tutti un po’ storti, poco eroici e così umani.
Inizia così l’avventura
partigiana di Pin, che frequenta l’accampamento e da lontano scorge
le battaglie, aspettando il ritorno dei suoi compagni la sera. Ma la
vita tra i partigiani non è fatta solo di guerriglie, e il ragazzino
è testimone di qualcosa che non avrebbe dovuto vedere: la tresca
tra il Dritto e la Giglia, già moglie del cuoco di brigata. Pin
sconcertato, è lì lì per rivelare il suo segreto a tutti, ma il
Dritto lo zittisce con violenza, e Pin scappa. Ancora solo e in
lacrime torna nel suo posto magico, nel suo Sentiero, ma il tesoro
non c’è più: chi avrà rubato la pistola? La ritroverà nelle
mani di sua sorella, ormai venduta ai tedeschi, e gliela strapperà,
correndo e scappando di nuovo. Ritrova Cugino, come all’inizio, in
giro ad ammazzare la gente, di notte. Vuole una donna, quella
sera. La Nera del Carruggio Lungo, mondoboia, Cugino, vai da mia
sorella! Gli suggerisce Pin. E ti presto la mia P38, si sa mai chi tu
possa incontrare. Pin aspetta nel bosco il suo amico
ritrovato. Spari in lontananza. Che sarà successo?
Un grande romanzo, che apre la
stagione neorealista, nato dal multicolore universo di storie,
dalla voglia di scrivere e di raccontare tipica di chi aveva
vissuto in prima persona l’esperienza partigiana, ma che non cade
nella celebrazione e nella retorica vuota. Un testo provocatorio
tanto nei confronti dei detrattori della Resistenza che dei suoi
sacerdoti. Una storia che, senza il capitolo 9, quello che lascia
spazio al fiume di pensieri del comandante Kim, e che dà il senso al
romanzo e alla Storia, sarebbe poco più che una fiaba, un’avventura
scapestrata di un bambino nel mondo dei grandi.
Elena Sizana
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