Lo straniero
di Albert Camus
Ed. Bompiani, 2012
Prima Edizione, 1942
pp. 176
cartaceo € 8,90
pp. 176
cartaceo € 8,90
Lo straniero, pubblicato
da Albert Camus nel 1942 per l’editore
Gallimard, è uno di quei libri che, complice una scrittura sintetica
nelle parole ma corposa nelle immagini, si legge e si rilegge volentieri, nel
giro di due ore, nel corso delle quali a prendere il sopravvento non sono i
fatti narrati dal protagonista ma il modo in cui ad essi il protagonista decide
di reagire.
La
non azione diventa, nel libro, espressione del concetto di assurdo
che Camus all'epoca delineava e che troverà la sua teorizzazione ne Il Mito di
Sisifo (qui la recensione).
Nella
prima parte del libro il protagonista, Meursault, ci racconta la sua vita, le sue
origini francesi, il suo lavoro e la sua quotidianità ad Algeri senza una reale
volontà di trasporto. In modo asettico e quasi con tono giornalistico, tutto ha
una linearità che sta al lettore decidere e percepire come consequenziale,
logica...Oppure no. E così, la “cronaca” di un decesso, quello della madre del protagonista, diventa occasione di
scoperta di un animo e un carattere aridi, freddi e silenziosi.
Mersault
preferisce un caffè e una sigaretta alle lacrime; Mersault preferisce, nei giorni
immediatamente successivi al funerale, la mera attrazione fisica nei confronti di Maria e non l’amore che quella donna, in modo diametralmente opposto a lui, manifesta senza timore e senza remore. Mersault vive sereno l’assurdità sterile di quella
relazione consapevole del fatto che non andrà mai dove Maria vorrebbe che andasse.E
allora, viene da domandarsi: qui è il godimento dell’atto sessuale fine a se stesso
che domina il protagonista e che altro non fa che aggiungere "carne al fuoco" dell’insensibilità, oppure a farla da padrone è la volontà di trasmettere all'esterno la logica, trascendentale ai sentimenti che di fatto, pervade l’essere umano
senza che lui stesso se ne renda conto, e ne veicola anche e soprattutto le scelte più irragionevoli?
Asettico
e sfiduciato nei confronti dell’uomo, Mersault risponde a tutto questo cercando
la sensibilità che gli manca nell'unico posto in cui è sicuro di poterla trovare:
fuori dalla finestra, verso il mondo esterno. La natura come espressione
animalesca e sincera di quanto cruda, e al contempo florida, possa essere l’esistenza
umana, è vera protagonista del libro.
Nella
seconda parte i toni si fanno contemporaneamente più chiari e sempre meno
sintomatici di quella che comunemente definiremmo un’esperienza di vita.
A
seguito di una serie di circostanze più o meno favorevoli, involontarie e legate
alla casualità che domina la vita dell’uomo, Meursault si ritroverà a
commettere un omicidio nei confronti di un arabo sparando una prima volta per
ucciderlo e altre successive tre volte,per colpire un corpo inerme e incapace
oramai di difendersi. Proprietario dell’arma era il suo amico Raymond Synthès,
approfittatore nei confronti del sesso femminile e colpevole di aver picchiato
la sorella dell’arabo, il quale, pertanto,nei suoi confronti nutriva un plausibile
desiderio di vendetta.
Una
vicenda trasversale che attraversa la passeggiata estiva dei due amanti e degli
“amici” come una voragine, come un fulmine a ciel sereno, simbolo della
drammaticità ineluttabile, incontrollabile e bruscamente violenta con cui la
vita ci colpisce. Indeterminata e assurda, l’azione dell’uomo Mersault non è
altro che sintesi di tutto questo. La volontà di narrare l’inarrestabile
ticchettio dell’orologio, il trascorrere del tempo dell’uomo sulla terra, il
suo inconsapevole silenzioso e stretto contatto con una natura incontaminata e
osservatrice di tutte le sue azioni, il bisogno di respirarla e di guadarne i
frutti e le meraviglie nonostante tutto.
Assolvere
indifferente, estraneo, al proprio destino, giusto o sbagliato che sia, in assenza
di rimorso e di colpevolezza; l’assordante
rumore del suo passivo e la contraltare azione, “razionale” e “buona”, di chi
opera a servizio della giustizia.
Mersault
non trova scusa, non ne cerca. Non trova Dio, non lo cerca. Non vede e non
crede in alcuna dimensione di speranza o fede che possa salvarlo. Ascolta solo
ciò che la natura, madre della terra, gli suggerisce di ascoltare, vedere e
respirare, per cogliere, anche fra le mura di un carcere, la profonda importanza e "il rispetto incondizionato della vita in quanto ricerca della sola
felicità possibile: la felicità naturale." (N. Chiaromonte, in: S. Perrella, Mersault felice, nota a chiusura del libro, p, 168).
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