La setta dei giovani vecchi
di Luca Rachetta
Edizioni Creativa, 2011
pp. 104.
di Luca Rachetta
Edizioni Creativa, 2011
pp. 104.
Allo stato attuale, infatti, il quarantaduenne Giovanni Eufemi era indubitabilmente un giovane di belle speranze. Sì, avete capito bene, un “giovane” di grandi qualità e di radiose prospettive, secondo il parere di tutti coloro che lo conoscevano bene. E lo testimoniavano i brillanti risultati che, pur in così “tenera età”, aveva già conseguito.[1]
Giovanni Eufemi, protagonista del romanzo, è il tipico
rappresentante di un’aspirante borghesia provinciale in cui gli obiettivi
concreti per il proprio futuro sono rappresentati dal raggiungimento di un
lavoro “fisso”, da una posizione di prestigio all’interno della società, e
dall’aspirazione ad un matrimonio soddisfacente. Poco importa a Giovanni se ciò
deve essere “conquistato” grazie ad una circolarità di amicizie e
raccomandazioni particolari, poiché egli si renderà conto, ben presto, che la
vita nella comunità di appartenenza, Castel Chimerico, è costellata di
situazioni sociali, culturali e politiche in cui l’adesione a particolari
“meccanismi” sembra essere l’unica via di sopravvivenza.
La sua relazione con una donna, Eleonora Gelsomini procede,
inizialmente, su binari quotidiani abbastanza consueti: l’aspirante moglie ama
la danza, lavora presso lo studio di un notaio e sembra dimostrargli tutto il
proprio amore.
In particolare, però, è la vita politica a rivelarsi
interessante nel prosieguo del racconto:
Giovanni era poi membro autorevole della locale sezione del partito di maggioranza relativa in sede di consiglio comunale, sebbene non fosse ancora membro effettivo del consiglio comunale stesso, data la ovvia e sacrosanta precedenza che avevano i membri anziani del partito nella definizione della lista elettorale, nella quale d’altronde non lo avevano mai incluso per evitargli l’onta di una candidatura di servizio destinata alla bocciatura.[2]
Ma il momento tanto atteso per il protagonista,
corrispondente alla chiamata ufficiale per un’assegnazione ad un posto sicuro
come insegnante in graduatoria, finirà invece per rivelarsi un’autentica
delusione: mentre attende la notizia della sua nomina, Giovanni assiste
impotente al blocco delle assunzioni voluto dal Ministero per far posto ai
precari.
E Giovanni non troverà sollievo nemmeno all’interno di un mondo provinciale fatto, ancora una volta,
da relazioni finte e da presunte amicizie: lo scrittore ci presenta, ad
esempio, la personalità di Luca Mirante, un ritratto sociale a tutto tondo in
cui emerge il falso mondo di appoggi e di assicurazioni che rappresentano,
ingannevolmente, le porte di un accesso
sicuro.
I personaggi descritti ostentano una sicurezza però solo
esteriore.
In seguito, che ci fosse nell’aria un probabile quarantotto, gli fu appunto rivelato da quel rivoluzionario in potenza, ancora a bassa voce ma con la forza delle promesse che, ripetute in più occasioni, risultano infine fondate e credibili; quindi una pacca sulla spalla di un amico dell’amico parve al nostro Luca Mirante la garanzia che il complotto massonico stesse lievitando e trovando sostenitori convinti presso le teste canute più illuminate e disposte a lasciare spazio ai giovani.
La caratterizzazione tipologica umana che si alterna nelle
pagine del racconto è varia: da Francesco Cinghialetti, collega di partito, ad
Urbano Rovelli, uomo di “geometrica e assurda precisione”, ad Alberigo Colonna,
etichettato come “anziano capocorrente in carrozzina, leggendario
plenipotenziario il cui solo nome faceva ancora tremare
le vene e i polsi”, al machiavellico assessore
Marcheselli, “ambiguo e subdolo politicante del cui pensiero si poteva venire a
conoscenza solo dopo essere stati da lui colpiti a tradimento”, a tanti altri
che si susseguono curiosamente nel racconto…
Alle spalle del Colonna stava poi una figura di cortigiano che rispondeva al nome di Placido Leporelli, sorta di lacchè del grande vecchio, che se ne stava impalato e quasi inespressivo dietro alla carrozzina del padrone, impegnato a ricoprire, in contemporanea, i ruoli di guardia del corpo, infermiere e… testimone silente.[3]
Questi uomini
rivelano uno spaccato di una società testimone del tramonto di un processo di
laicizzaione e in particolare di un anticlericalismo molto diffusi invece in
passato.
Ritratti, quelli che ci presenta lo scrittore, che appaiono
sì l’accentuazione caricaturale degli atteggiamenti e dei tratti ridicoli che
enunciano i personaggi che si alternano nel romanzo, ma sono anche delle vere
rappresentazioni tese a mettere in luce
soprattutto il paradosso di determinate
situazioni che celano in profondità qualsiasi regola sociale di giustizia e
portano ad un’ inevitabile solitudine degli stessi personaggi del romanzo.
L’evolversi degli accadimenti è abilmente offerta dal
narratore omodiegetico (interno alla storia) che si rivolge intimamente ai
lettori, creando un ipotetico dialogo che si rivela curioso e sapiente, un atto
confidenziale in cui il lettore entra a pieno diritto in una dimensione assai
vicina alla storia.
Lo so, lo so… Ai cari lettori, a questo punto, verrebbe spontaneo rivolgersi a quel modesto narratore che sono per dire: “Ah narratore, ma quale giovane promessa d’Egitto! A quarantadue anni? E quale fresco bocciolo…! Ma lo conosci davvero il significato della parola ‘giovane’? Narratore, tu vaneggi…!” No, amatissimi lettori, non vaneggio. Siete voi, al contrario, che dovete intendere il termine “giovane” nell’accezione moderna, consona alla fisionomia assunta dalla società attuale.
La precarietà del vivere umano porterà, ad un certo punto
della narrazione, ad un epilogo drammatico per alcuni “amici” di Giovanni. Egli
si salverà, ma non con l’aiuto della donna che fino a poco tempo prima poteva
chiamare “propria” e dalla quale egli preferirà invece allontanarsi.
Giovanni riuscirà a riemergere dalla fatica dell’esistenza
accostandosi all’alterità, alla vita di un proprio familiare, il nonno Leonzio.
Un bel romanzo che oltre a rappresentare situazioni
verosimili dei nostri tempi attraverso una sottile e fine vena ironica e
un’abile caratterizzazione dei personaggi, gioca molto anche sul difficile
ruolo di accettazione riguardo il trapasso gioventù/vecchiaia. Un racconto che
rinvia molto ai romanzi di Gadda in cui l’incompiutezza dell’essere umano
rimane una costante delle sue maggiori produzioni narrative.
Mariangela Lando
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