AA.VV.
Cronache
dal Neocarbonifero
Edizioni
Bietti, 2013
pp
471
22,00
Gianfranco
de Turris è uno dei maggiori esperti di fantastico in Italia. Classe 1944, è
giornalista, scrittore e saggista. Ha esordito negli anni sessanta sulle pagine
delle riviste “Oltre il cielo” e “Futuro”, ha creato le collane della casa
editrice Fanucci, ha diretto la rivista “L’altro Regno” dedicata alla critica
del fantastico e ha presieduto il premio Tolkien organizzato dalla casa
editrice Solfanelli.
Per
l’editore Bietti propone adesso una raccolta di diciannove racconti di
fantascienza dalla genesi lunga e travagliata. “Cronache dal Neocarbonifero. Italia sommersa 2027 – 2701”, scritti da
autori diversi, fra i quali spiccano Renato Pestriniero e Donato Altomare, nomi
non certo nuovi per chi conosce la storia della narrativa fantastica italiana,
specialmente quella legata al premio Tolkien, alla casa editrice Solfanelli di
Chieti e alla rivista “Dimensione Cosmica.”
L’idea
nasce tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta: de Turris chiede a
più autori di comporre racconti legati da un filo comune, ambientati in un futuro
distopico prodotto dal global warming. In un domani prima prossimo poi via via
più lontano, dal 2027 al 2701, l’effetto serra, potenziato dall’esplosione di
un sottomarino atomico vicino alla faglia di Sant’Andrea, ha causato un
riscaldamento terreste capace di sciogliere le calotte polari e innalzare il
livello del mare. Il mondo come lo conosciamo è scomparso, la maggior parte
delle città italiane è finita sott’acqua, il clima è divenuto simile a quello che
si aveva nel Carbonifero, da qui il titolo della raccolta.
L’idea,
ci dice de Turris, era
“mettere insieme una serie di storie come fossero i capitoli di un romanzo, che narrassero la progressiva trasformazione della penisola a causa dell’effetto serra (allora non si parlava ancora ossessivamente del famigerato “riscaldamento globale antropico”) con temperature man mano più alte, l’innalzamento del livello del mare sempre più accentuato, un clima quasi subtropicale, una flora e una fauna a esso adeguate, un mutamento graduale non soltanto della natura ma anche della società e dell’uomo. Insomma un ambiente un po’ come quello che gli scienziati dicono vi fosse nel periodo Carbonifero.” (pag 10)
Ogni
racconto è ambientato in una diversa realtà locale. “L’idea originaria”, spiega ancora de Turris, “era chiedere ai vari autori di scrivere una trama ambientata nel luogo
che conoscevano meglio, la propria città o regione.”
Di
questa localizzazione è un esempio alto - per stile, linguaggio e compiutezza
narrativa - il racconto “Caccia subacquea”,
ambientato in una Venezia sommersa, dove solo pochi privilegiati debosciati
vivono a cielo aperto, mentre tutti gli altri, i poveri sotomarin, alloggiano in case ormai completamente inondate,
costretti a vendere i propri primogeniti come servi o come serbatoio di organi.
I
racconti rappresentano possibili mutamenti ed evoluzioni non solo climatiche ma
anche politiche. Hanno un orientamento preciso – del quale de Turris non ha mai
fatto mistero - e ci mostrano una società nella quale flussi migratori
incontrollati hanno portato a guerre, invasioni e ad un imbarbarimento che
ricorda quello di molti film di fantascienza, in particolare Waterworld di Kevin Reynolds.
I
temi sono l’effetto serra - cui non tutti gli autori credono se non nella
misura in cui possono trarne spunto per un racconto di fantascienza - gli esiti
dell’immigrazione, la manipolazione genetica, l’allontanamento dalla fede
cristiana tradizionale in favore di nuovi riti neo pagani e del culto della
Grande Madre - con conseguente sacerdozio femminile e rivalutazione della figura
mariana - la carenza di acqua potabile, il contrasto fra sostenitori dell’energia
atomica (Atomisti) e sfruttatori di biomasse (Trivellatori)
Com’è
naturale, il limite dell’etica col tempo si sposta in avanti, fino a far considerare normale lo ius primi filii e lo sfruttamento dei
cadaveri per la produzione di energia, specialmente in un universo post
catastrofico dove si sono perse regole, conoscenze e confini di civiltà.
Alcuni
racconti sono più avvincenti, altri hanno un sapore di “sarebbe stato meglio se”,
intendendo con questo che un ulteriore sviluppo in romanzo ne avrebbe fatto
qualcosa di più completo e coinvolgente, sebbene, come ribadisce il curatore,
l’importante di questa antologia non stia nei singoli racconti, quanto nella sorta di fil rouge che la percorre riconducendola alla medesima visione
centrale.
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