Ti prendo e ti porto via
di Niccolò Ammaniti
Mondadori, 1999
Ischiano Scalo è il paese di origine
di Graziano Biglia, latin lover incallito, e di Pietro Moroni,
ragazzino delle medie. Questi i due personaggi che ci vengono
presentati all'inizio del romanzo, due vite distanti, senza nulla da
spartire, se non lo stesso paesino sperduto nella campagna maremmana.
Il primo capitolo porta ad intestazione
una data: “18 giugno 199...” e Pietro Moroni scopre davanti a
scuola di essere stato bocciato. Lui solo, unico in tutto l'istituto.
Menomale che c'è Gloria, sua amica fidata, a consolarlo. Pietro è
figlio di un pastore ubriacone, Gloria di un direttore di banca.
Un'amicizia sincera e profonda la loro, che assomiglia curiosamente
all'amore. Ma i due non lo sanno ancora.
In seguito a questo primo scorcio, la
storia retrocede di sei mesi, a Graziano Biglia che dopo due anni di
assenza fa ritorno al paese, dove ancora vive sua madre, la quale ha
tre ossessioni: l'igiene, la religione e la cucina. Vive da sempre a
Ischiano, è vedova e gestisce una merceria. Graziano invece ha
girato il mondo suonando musica spagnola, flamenco per la precisione,
ed è diventato famoso oltre che per le sue doti musicali, per quelle
di sciupafemmine. È universalmente conosciuto per aver conquistato
tutte le donne della zona e oltre, ma adesso si è innamorato. Una
ballerina veneta gli ha strappato il cuore dal petto, e se lo rigira
fra le mani. È Erica Trettel e ha una aspirazione: la televisione.
Non le interessa Graziano, non si capisce bene perché stia con uno
così, fatto sta che fra i due c'è una promessa di matrimonio e il
sogno (più di Graziano che di Erica) di ritornare a Ischiano e
vivere lì una vita semplice, aprire una jeanseria e costruire una
famiglia. Questa è la ragione del ritorno
di Graziano: annunciare alla comunità che si sposa. Ma le cose non
andranno esattamente così.
Pietro invece è un
ragazzino intelligente, appassionato di animali, ma è nato in una
famiglia che non lo considera. È minato dalle cattiverie che i suoi
coetanei gli infliggono, verbali e non solo, odiato per la sua
amicizia con Gloria e preso di mira per la sua debolezza. Mentre
Graziano pensa a come festeggiare la notizia del suo matrimonio,
Pietro sta correndo forte sulla sua bici, come Fausto Coppi, quando
viene accerchiato da tre dei più boriosi e supponenti compagni di
classe. Lo coinvolgono in quello che sarà l'inizio della sua tragica
caduta: entrare di nascosto nella scuola, mettere una catena al
cancello, distruggere aule e televisore, devastare vetri e palestra.
Pietro non vuole seguirli, ma ne è costretto, per la sua debolezza
non sa dire di no e sarà proprio lui ad avere la peggio. Infatti il
bidello-custode Italo Miele sente dei rumori provenire dalla scuola
e, imbufalito, entra armato. Pietro sarà l'unico ad essere
riconosciuto (e punito).
Bersaglio
dell'atto vandalico è sì la scuola in sé, ma anche la
professoressa Palmieri, altro personaggio che entra da questo momento
in poi nella vicenda. Insegnante di italiano, vive sola con la madre,
malata terminale. In paese è guardata con sospetto, pare una strega
dai lunghi capelli rossi. Non ha mai avuto un uomo ma il caso vuole
che, al bancone dello Station Bar, di prima mattina, proprio
all'indomani della tragica notte alle scuole, si scontri con le
avances del Biglia, disperato perché Erica è sparita nel nulla, la
vuole dimenticare e spera di poterlo fare con Flora Palmieri. Con la
scusa di compilare insieme un curriculum i due si danno appuntamento
a casa di lei. Le intenzioni di Graziano vanno ben oltre al dovuto, e
così fa ubriacare e drogare Flora, con la quale si ritrova in un
rapporto poco previsto alle terme di Saturnia. E con un appuntamento
per la sera successiva. Nasce un inaspettato amore.
Da
questo punto in avanti il romanzo si complica, appaiono più
personaggi che, in un modo o nell'altro, per una sola giornata o per
sempre, si legano alle vicende dei due protagonisti Pietro e
Graziano. Comparse tutt'altro che sfuggevoli, anzi intense e
penetranti, che si intrecciano e vanno ad arricchire il telaio di
questa storia assurda. Ci vengono raccontati episodi della vita
passata di questi personaggi, inserite nel bel mezzo della vicenda e
magistralmente intessute e rette dalla voce narrante, in grado di
farci passare da una vicenda all'altra, da un personaggio all'altro,
da un flashback all'altro.
E poi
a pagina 389 si fa un salto temporale, dal dicembre di passa al
giugno di sei mesi dopo, tornando al giorno in cui il romanzo si era
aperto, con la notizia della bocciatura di Pietro. Cosa è successo
nel frattempo? Flora Palmieri si è misteriosamente allontanata
dalla scuola, ha smesso di insegnare ed è caduta in depressione.
Questo perché Erica era tornata e Graziano era partito per la
Giamaica con lei. E poi... il romanzo qui che si rivela essere un
noir, e non mi sento di svelare il finale. Perché quello che succede
nelle ultime 50 pagine è assurdo, spiazzante, tragico, quasi
incomprensibile. Ma chiude il cerchio di questi incontri isolati, che
apparentemente non hanno un granché da spartire ma che stanno tutti
sotto allo stesso denominatore comune, incastrati l'uno nell'altro.
L'ultimo
paio di pagine invece ci spinge a ben sei anni dopo. È una
emozionante lettera che Pietro scrive a Gloria e che ci aiuta a
capire meglio quello che ci era parso insensato fino a poche pagine
prima.
Che
Ammaniti scrivesse storie intense lo sapevo già. È uno dei pochi
scrittori che ho conosciuto dopo aver visto film tratti da suoi
romanzi: “Io non ho paura” e “Io e te” sono la prova. E poi
c'è “Il momento è delicato”, una raccolta di racconti che
stupisce e incanta. Questo romanzo però è davvero straordinario a
mio avviso, sia per la storia che ci narra, sia per la maestria con
la quale è costruita e tenuta insieme. L'autore abilmente tesse le
fila di questo romanzo intricato, alternando il riso alla tragedia,
con uno stile diretto e tagliente. Inserisce piccole pagine
descrittive di animali esotici, con comportamenti particolari, ma che
riflettono quello di alcuni personaggi.
“I licaoni,i canidi delle praterie africane,vivono in branchi.I giovani però formano dei gruppi a se,fuori dal nucleo familiare.Nella caccia collaborano e si sostengono,ma hanno una gerarchia rigida che viene stabilita conscontri rituali.Il capo, più grosso e audace(Alfa),e sotto i gregari.Vagabondano rapaci per le savane alla ricerca di cibo.Non attaccanno mai gli anilmali più in salute.Solo le bestie malate,quelle vecchie e i piccoli.Accierchiano lo gnu,lo frastornano abbaiandogli contro,poi l’azzannano tutti insieme,con le loro mascelle potenti e i denti aguzzi fino a quando non cade a terra e,al contrario dei felini che prima gli spezzano la colonna vertebrale,i licaoni se lo mangiano così,vivo.”
Due ultime
considerazioni.
Innanzitutto
Ischiano Scalo, se lo cercate su Google Maps, non esiste. Forse è
meglio così.
Secondo, se ve lo
state chiedendo come è successo a me quando ho comprato il libro,
Ammaniti ha scritto il romanzo nel 1999, Vasco la sua canzone nel
2001.
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