Francesco De Sanctis. Lezioni di scrittura. Lettere a Virginia Basco 1855-83
a cura di Fabiana Cacciapuoti
Roma, Donzelli Editore, 2001
a cura di Fabiana Cacciapuoti
Roma, Donzelli Editore, 2001
€ 19,63
pp. XXX - 145
pp. XXX - 145
A Torino nel 1855 Francesco De Sanctis
fu docente di lettere in un istituto femminile guidato dalla nobile signora
Elliot ed ebbe tra le sue allieve Virginia Basco. Quando il critico nel 1856
a Zurigo venne nominato professore di estetica e di letteratura italiana,
iniziò una fitta corrispondenza epistolare tra i due [1] che
può essere considerata un vero e proprio romanzo di formazione.
Il volume, curato da Fabiana
Cacciapuoti, raccoglie 75 missive inviate da De Sanctis a Virginia Basco e 9
risposte dell’allieva al critico. Traspare tra le righe, il forte
desiderio della ragazza di essere educata dal suo maestro: un’educazione che
per De Sanctis doveva puntare alla
formazione intellettuale e morale della fanciulla: grande appassionata di
letture, dai classici alle letterature moderne, la ragazza desidera cimentarsi
con la scrittura; ha come interlocutore il “maestro” De Sanctis e può quindi
iniziare ad apprendere attraverso le missive, le tecniche metodologiche che
sono soprattutto valori che la ragazza individua nello studio e nella
conoscenza, un dialogo a distanza proiettato su una scrittura a posteriori.
Questo consentirà a Virginia di iniziare
un lungo percorso, irto anche di momenti davvero difficili: De Sanctis si
dimostra un maestro assai severo; dalle produzioni scritte della giovane
Virginia, egli desidera che emergano soprattutto “elaborazioni intellettuali” e
il loro rapporto cresce in modo esponenziale.
Appaiono oltremodo interessanti i Temi
di scrittura proposti alla ragazza; i suggerimenti del critico non sono mai
solo connessi al significato letterario e storico del passo in questione, ma
celano un messaggio più “elevato,” sul piano estetico, morale e intellettuale,
di incentivo ad una formazione complessiva che rappresenta il caposaldo della
sua ideologia educativa.
De Sanctis, infatti, invita spesso a
dare elementi di giudizio definendo la situazione vissuta dai personaggi del
racconto preso in esame e gli affetti che ne possono derivare dalle attente
valutazioni personali di chi sta leggendo l’opera, ciò che in sostanza
rappresenta, il punto cruciale della critica desanctiana, l’elemento/dato che
nasce dalla realtà oggettiva e i fatti
considerati e analizzati nella loro essenzialità e nei rapporti che ne
definiscono la situazione.[2]
Ad esempio, l’evento osservato
sinteticamente nei suoi elementi peculiari può diventare creativamente, materia
di novella e il compito che spetta all’allieva è quello di riuscire a dare una
propria un’energia intrinseca ai personaggi, ai ritratti a cui la ragazza è
invitata a dare nuova linfa vitale concentrando “la propria anima” negli stessi. I protagonisti delle storie
acquisiscono una nuova vitalità in un connubio costante tra scrittura e
creazione che è per Francesco De Sanctis un metodica costante di lavoro sui
testi. L’educazione risulta essere di primaria importanza per la formazione e
l’istruzione dell’uomo; un’educazione che diventa allo stesso tempo umanistica
e tecnica.
Modelli di riferimenti femminili per il
critico sono senz’altro Laura, Nerina, Silvia; le letture consigliate all’allieva sono tratte dalle opere
di Petrarca, del Tasso e di Leopardi, la
funzionale interpretazione della scrittura nell’ambito di un programma di
studio. In un armonico complesso di lettura, apprendimento e analisi personale,
De Sanctis aiuta la ragazza a leggere, rileggere, segnare a margine le
annotazioni, le impressioni, i commenti, le intuizioni critiche selezionando
gesti, sentimenti, immagini, peculiarità ricavandone materiale da rielaborare
attraverso una stesura personale.
È la lettura a sviluppare buone capacità
di scrittura creativa: due appaiono gli elementi di rilievo contigui quando
l’alunno si esercita con la scrittura: uno di tipo conoscitivo, che possiamo
inquadrare nello spazio semantico del fantastico; intersecati l’uno all’altro,
la lettura così indirizzata consente proprio di sviluppare l’elemento
fantastico e allo stesso modo di rilevare nuove forme di conoscenza. Tra i
romanzi prediletti da De Sanctis emergono le letture di W. Scott.
La forma epistolare è consigliata
per chi inizia un primo itinerario di scrittura:
«Scriverai bene quando le parole suonano la traduzione della tua anima».[3]
Interpretare i testi classici per De
Sanctis equivale a tradurre la propria anima trasferendo in forma di scrittura l’essenza di se stessi.
Compito arduo, ma non impossibile per
De Sanctis è anche quello di tradurre la natura. Percepire la natura e il suo
abbraccio vitale è essenziale per la propria crescita interiore: e in questo
suo continuo invito alle letture, (Lamartine, Thiers, Blanc) De Sanctis inserisce
anche quelle più propriamente di genere drammatico, (Alfieri, il Giulio Cesare di Shakespeare ritenuto da
Shakespeae il primo poeta moderno); ha davanti una ragazza che lo stimola
intellettualmente “il suo ardito ingegno desidera costantemente conoscere e
sperimentare con quei valori cari al nostro più grande storiografo: costanza
nei progetti, perseveranza negli obiettivi e pazienza contrapposti al
«vagheggiamento vero e proprio, segno di
presunzione e leggerezza».
Il giudizio di De Sanctis è spesso
severo:
«Il tuo racconto… è un bel paesaggio dove il pittore ha dimenticato di mettere i personaggi, è la scena senza gli attori…non hai mai saputo trovare un’azione centrale, che dia movimento e passione alle figure e dei versi…come puoi far versi, senza prima conoscerne la struttura materiale?...prendi a modello Silvia del Leopardi».[4]
E non ultimo per importanza, come non
rilevare l’accorato invito di De Sanctis nello spingere la ragazza, ormai
adulta, a dare un proprio supporto alla creazione di nuove
scuole professionali femminili, ma soprattutto la invita ad entrare nella cosiddetta società
maschile:
«ora io desidero che tu lavori, non solo perché è tuo dovere e ti fa utile, ma ancora perché è una medicina efficace e ho la speranza che una donna riesca in una società maschile a dare la propria impronta».[5]
La donna invece si sposerà con il conte Enrico Riccardi di Lantosca e
per quattordici lunghi anni il suo silenzio diventerà motivo di dolore per De
Sanctis. Successivamente Virginia, riprendendo i contatti epistolari con il
critico, entrerà a far parte di un circolo filologico e sarà in prima linea per
la nascita delle scuole professionali femminili.
Il bel volume ha il pregio di ripresentare una corrispondenza che assume
un valore oltre che di natura affettiva e personale, di notevole rilievo
didattico e pedagogico in cui viene aggiunto un tassello rilevante per
ridisegnare la personalità del nostro storiografo più celebre, Francesco De
Sanctis, e in cui centrale si rivela la
crescita intellettuale, educativa e formativa
di Virginia Basco.
Mariangela Lando
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