di Gioacchino Danilo Di Gesù
Aracne, 2012
pp. 88
€ 7
Due innamorati, sdraiati sulla spiaggia detta de
"La Vicinzina", nel sud Italia, si godono un tramonto invernale. Il
mare è leggermente mosso e l'aria, che profuma di miele, freschissima. La
ragazzetta, biondina, promette a se stessa che bacierà il suo fidanzato non
appena il sole lascierà l'orizzonte. Dopo qualche minuto, del sole è rimasto
solamente l'ultimo quarto, poggiato sul mare come uno spicchio di arancia su un
copritavola bluastro, pieno di pieghe e illuminato da una luce bianca che
esalta i chiaroscuri.
"Ci siamo quasi", sussurra ella palpitando, "ci siamo quasi", pensando al suo bacio farsi sempre più vicino, pensando le sue guance sempre più rosse, calde. La ragazzetta si prepara, un po' allungando e stringendo le labbra, un po' cercando una posizione che le permetta di baciare il suo fidanzato velocemente, ritornando sdraiata come se nulla fosse accaduto. Ma passano cinque, dieci, quindici, venti munuti: e il sole non tramonta, resta là, all'orizzonte, fermo. Lei, alla quale il colpo è andato a vuoto, sente crescere l'imbarazzo; lui, che le sfiora con la mano il polso, canticchiando con gli occhi chiusi un motivetto, pare non capir la situazione. "Il sole", fa ella con voce tremante, "il sole non tramonta!".
Lui spalanca gli occhi e assiste a questo scenario: il mare, improvvisamente, assume il colore e la consistenza di un succo di frutta alla pesca; gli uccelli si trasformano in origami fatti con depliant pubblicitari; le nuvole si solidificano, diventando cromate; la sabbia scompare, sostituita da una distesa di parquet; da sinistra, entra un Ape Cross violetta che trasporta un pianoforte a coda, i cui tasti sono teschi bianchi e neri, e, strombazzando il clacson, parcheggia proprio di fronte i ragazzi, seduti adesso su un trono gigante.
Il guidatore è un gobbo, il quale afferma di chiamarsi Abo, di essere un pianista e di voler suonare un rondò. Abo sale sul cassone dell'Ape, apre uno spartito, si scrocchia le dita e prende a pugni i teschi, i quali non producono affatto suoni, ma fiamme che fuoriescono da alcune marmitte collegate sulla parte inferiore dello strumento. Il sole risale lentamente fino al punto in cui indichiamo mezzoggiorno; su esso si nota un volto sorridente. Il trono su cui i ragazzi sono seduti ruggisce e li inghiotte. Abo espone un cartello con scritto: "Fine. Tutto per colpa di un bacio. Si ringraziano i lettori per l'attenzione. Al prossimo bizzarro racconto", e, agganciato l'intero scenario con una fune legata al rimorchio dell'Ape e a un perno sul parquet, e inserita la prima marcia al suo tre ruote, il gobbo ci saluta scuotendo un fazzoletto di seta, portando con sé l'intera spiaggia accompagnato dal rumore di una pagina che si strappa.
"Ci siamo quasi", sussurra ella palpitando, "ci siamo quasi", pensando al suo bacio farsi sempre più vicino, pensando le sue guance sempre più rosse, calde. La ragazzetta si prepara, un po' allungando e stringendo le labbra, un po' cercando una posizione che le permetta di baciare il suo fidanzato velocemente, ritornando sdraiata come se nulla fosse accaduto. Ma passano cinque, dieci, quindici, venti munuti: e il sole non tramonta, resta là, all'orizzonte, fermo. Lei, alla quale il colpo è andato a vuoto, sente crescere l'imbarazzo; lui, che le sfiora con la mano il polso, canticchiando con gli occhi chiusi un motivetto, pare non capir la situazione. "Il sole", fa ella con voce tremante, "il sole non tramonta!".
Lui spalanca gli occhi e assiste a questo scenario: il mare, improvvisamente, assume il colore e la consistenza di un succo di frutta alla pesca; gli uccelli si trasformano in origami fatti con depliant pubblicitari; le nuvole si solidificano, diventando cromate; la sabbia scompare, sostituita da una distesa di parquet; da sinistra, entra un Ape Cross violetta che trasporta un pianoforte a coda, i cui tasti sono teschi bianchi e neri, e, strombazzando il clacson, parcheggia proprio di fronte i ragazzi, seduti adesso su un trono gigante.
Il guidatore è un gobbo, il quale afferma di chiamarsi Abo, di essere un pianista e di voler suonare un rondò. Abo sale sul cassone dell'Ape, apre uno spartito, si scrocchia le dita e prende a pugni i teschi, i quali non producono affatto suoni, ma fiamme che fuoriescono da alcune marmitte collegate sulla parte inferiore dello strumento. Il sole risale lentamente fino al punto in cui indichiamo mezzoggiorno; su esso si nota un volto sorridente. Il trono su cui i ragazzi sono seduti ruggisce e li inghiotte. Abo espone un cartello con scritto: "Fine. Tutto per colpa di un bacio. Si ringraziano i lettori per l'attenzione. Al prossimo bizzarro racconto", e, agganciato l'intero scenario con una fune legata al rimorchio dell'Ape e a un perno sul parquet, e inserita la prima marcia al suo tre ruote, il gobbo ci saluta scuotendo un fazzoletto di seta, portando con sé l'intera spiaggia accompagnato dal rumore di una pagina che si strappa.
Fermiamoci qui. Sappiamo, quasi con certezza, che un fatto simile non potrà mai accadere. Eppure, la nostra mente è in grado di immaginare cose che infrangono le regole della verosimiglianza (si spera). Perché accade ciò? Perché, in altre parole, nella storia della cultura gli artisti spesso hanno ecceduto (ritengo sia il termine più appropriato) rispetto alla realtà? Che la realtà manchi di qualcosa? È a queste e a tante altre domande che Danilo Di Gesù risponde nel suo interessante "Teorie sul grottesco. Da Hugo a Braibanti", edito da Aracne, infarcendo le risposte con una sistematizzazione degli studi sul grottesco, formando un lungo itinerario che parte dagli affreschi ritrovati nelle grotte della Domus Aurea e giunge fino ai nostri giorni; itinerario reso piacevole dalle curiosità "cavate" dagli autori man mano analizzati. Cellini, Montaigne, Baudelaire, Rosenkranz sono solo alcuni autori dei quali il libro ci intrattiene, come in un dialogo tra soluzioni fornite dall'antropologia e dall'estetica. Alla chiusura, una lunga intervista tra il saggista e Aldo Braibanti, nella quale si ripercorre la ricerca del filosofo italiano e le sue posizioni intorno alla teoria della sensazione, le marionette, i burattini, il perturbante freudiano e... l'amore. Sì, ciò da cui siamo partiti. Per scoprire perché l'amore e il grottesco sono come i due ragazzi qui sopra, non resta che sfogliare il libro.
Ora, che un gobbo di nome Abo, un giorno, mi citofoni chiedendomi se abbia voglia di salire sulla sua Ape cross violetta e di andare in spiaggia per ascoltare un suo rondò mentre il sole non tramonta mai, lo ritengo meno bizzarro di quel giorno di scuola in cui scoprii che tutte le mie sensazioni, probabilmente anche i sentimenti, non sono altro che impulsi elettrici. E, questo, non è un problema di ingenuità.
Dario Orphée
Social Network