di Paolo Nelli
Fazi Editore, 2012
€ 16,00
pp. 222
Un polveroso villaggio del Far
West, un ragazzino che preferisce i sonetti di Keats ai fucili, un integerrimo
reverendo che irrompe nella vita della cittadina e decide di allestire una
Medea nel teatro del saloon: questi gli elementi di Golden Boot, romanzo di Paolo Nelli pubblicato nel 2012 da Fazi
Editore.
Il più grande pregio del libro è
quello di avere acutamente evitato ogni banalizzazione nella costruzione dei
personaggi e nel lieto fine. A Golden Boot non c’è spazio per nessuna romantica
idealizzazione: le prostitute non sanno leggere, il perdono non arriva a
redimere le colpe, l’unica legge conosciuta e praticata è quella della
vendetta. Nel Far West di Nelli il tempo segue un corso circolare: il forte
vince sempre sul debole e i personaggi recitano le parti che sanno, con lo
scopo di arrivare vivi alla fine della giornata. Anche l’amore è un rituale:
Angela, la madre del ragazzo, sa che “la vita non mantiene le promesse” ma deve
pur continuare, e la proprietaria del saloon, Rose, aspetta ogni anno l’arrivo
del carrettiere Rusty, con cui rinnova le promesse d’amore a ogni primavera:
Quando Rose tornò di sotto, Rusty aveva già terminato il pranzo e, appoggiato al pianoforte, si stava arrotolando con una sola mano la sigaretta. Sui tavoli una patina pesante di polvere si era depositata in quei giorni di lavoro e Rose si mise a pulire con la calma di un pomeriggio qualunque, nel ballo del loro avvicinamento, nel valzer dei silenzi, delle parole non necessarie, degli attimi di attesa delle cose conosciute.
La speranza e il futuro sono
affidate al giovane Chuck, che impara a tessere la sua storia mentre cuce
stivali e scrive ingenue poesie d’amore. Della sua formazione sono incaricati i
personaggi maturi del romanzo e invecchiati dalla vita: il maestro del
villaggio, il calzolaio, la prostituta. Tra la polvere il ragazzo cresce, passa
dall’essere chick (pulcino) all’essere pienamente Chuck, un uomo capace di interrogarsi e di prendere in mano il proprio
destino.
“Bill”, disse Chuck, “che significa diventare uomini? […] Io voglio diventare un uomo che considera l’intelligenza più importante della forza”. “Uhm”, disse Bill. Il caso non era semplice e il ragazzo era davvero cresciuto. “Dimmi, ragazzo, per fare un buono stivale ci vuole più forza o intelligenza?”. “Intelligenza”, rispose subito Chuck. Bill lasciò depositare la risposta. Recuperò lo stivale a cui stava lavorando e lo passò a Chuck. “E se tu vuoi continuare a lavorare questo stivale con intelligenza, a che cosa starai più attento?”. Chuck lo soppesò. Fece scorrere il dito sulle cuciture del polpaccio. Osservò il tallone, ne tastò il supporto interno che garantiva stabilità e durevolezza. Adesso, da fare, c’erano la cucitura e l’incollamento a caldo degli strati delle suole. Picchiò con le nocche la pianta. “Alle suole, come farai tu”, disse. “Oltre alla soletta, applicherei due strati esterni, perché sia più forte”. “Bene”, disse Bill. Aspirò dal sigaro. Non accennò a dire altro. “Hai dato tu la risposta, ragazzo. Un uomo intelligente è come lo stivale che hai in mano. Se vuole resistere nel mondo deve essere doppiamente forte. Il mondo ha paura degli uomini intelligenti, e fa di tutto per poterli eliminare”.
Nonostante un linguaggio a volte
troppo descrittivo e che potrebbe osare di più, la prosa di Paolo Nelli è
scorrevole e ingegnosa nei suoi giochi di citazioni e rimandi letterari. Una
buona prova letteraria, che del resto non è la prima per l’autore che da
Londra, dove vive e insegna lingua e cultura italiana, ha già pubblicato altri
libri.
Golden Boot è un romanzo che
mostra ancora una volta come il classico, se usato bene, non è mai un mero e
colto abbellimento della trama, ma si inserisce in essa dispiegandola e interpretandola.
Lo stupore nell'intendere l’universalità del mito è maggiore quanto maggiore è
lo scarto tra l’archetipo e il nuovo contesto: la bravura di Paolo Nelli è
stata quella di saper adattare la simbolicità delle eterne storie di Amleto e
Medea a un contesto quanto mai lontano da esse, quale quello di un Far West ormai
sterile di oro e di sogni.
Serena Alessi
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