Lo scettro del re
di Rosanna Filomena
Edigrafema editore, 2014
Lo Scettro del re
è un opera in quattro pièces teatrali, dedicata al tema del femminicidio,
l’introduzione è di don Marcello Cozzi,
vicepresidente nazionale Libera, e la prefazione di Carlo Fanelli, docente di Drammaturgia ed Estetica del Teatro
all’Università della Calabria.
Rosanna Filomena, drammaturga, teorica dello spettacolo e regista teatrale, nelle sue opere, si occupa particolarmente di abusi, ricatti e violenze contro le donne; presidente del Centro Studi e Ricerca dei Linguaggi d’Arte AURA, porta a teatro tematiche sociali contemporanee.
L’esordio è dai toni lirici e dal gusto
cavalleresco, l’uomo-Cerbero è un “Orfeo vedovo”(con riferimento ad Alberto Savino), non perché Euridice viene
risucchiata dall’Ade, ma perché tradisce, sovverte, si ribella e lui la uccide.
In tanti piccoli regni sparsi su tutta la Terra, impone il suo malvagio potere un re, Uomo; vive orfano di Amore, incapace di conquistare buoni sentimenti, avido del male di cui egli stesso si nutre. Somiglia a un demone che assume varie sembianze, un Cerbero insaziabile che, con avida bramosia, fonde in sé l’umano e l’animalesco.Chi avrà la malasorte di incontrarlo, vivrà senza pace nel limbo della Sospensione. Potrà tuttavia aspirare alla gioia soltanto se avrà saputo ben custodirne il germoglio originario.
Ecco,
l’uomo è presentato come il detentore dello scettro; lo scettro è il bastone emblema
del potere dell’uomo, un simbolo arcaico, di per sé negativo, usato per
percuotere e imporre voleri sovrani, ha l’arbitrio di colpire attraverso la
propria autorità.
Lo
scettro legittima la presunzione di pensare “di abitare un cielo più alto di quello di un altro e di poterlo
governare secondo le proprie regole- dice Ester- imponendosi e riducendo l’altro alla sottomissione, ignorando la sua
unicità e originalità”.
Ebbene,
non
è più tempo di sudditi e di monarchi, nè della cultura della sopportazione,
bisogna spogliare il re! Privare il re del suo scettro non significa impossessarsene,
piuttosto gettarlo in un pozzo, il più lontano possibile, distruggerlo! Mi
spiego: non si abbatte un potere per edificarne
un altro, la direzione in cui bisogna andare è quella della parità dei diritti,
non quella dalla perpetuazione delle differenze, né potere dell’uomo, né potere
della donna(non uguaglianza di genere ma parità!) e il prevalere dell’uno
sull’ altro, ma raggiungimento di uno stato di cose in cui ci siano stessi diritti, doveri e opportunità
Le
protagoniste de Lo scettro del re sono
coscienti dell’imminente necessità di un atto sovversivo, tuttavia, “se esci fuori dagli schemi sociali sei
perduta- dice Gisele- e in qualche
modo dovrai essere punita, se non lo farà più tuo marito perchè l’avrai
lasciato, lo farà la società, o la Chiesa”.
I
personaggi sono Sofia, Marsela, Ester e Gisele, e raccontano le
violenze(fisiche e psicologiche) che si svolgono troppo spesso nel chiuso delle
pareti di casa, dove subiscono gli abusi peggiori proprio da parte di uomini
che dicevano di amarle; quattro pièces-testimonianze-dirette(monologhi e quasi
monologhi), di donne che hanno deciso di raccontare e di riscattarsi, quattro
personaggi femminili, di età diversa e di diversa estrazione sociale.
L’ultimo racconto è un dramma: la vittima uccide il
carnefice.
Quello
di Gisele che ammazza il Re, è una atto allegorico, una denuncia alla
sottomissione servile, una spinta alla reazione dignitosa. La donna uccide il “vuoto maschio separato dall’uomo”,
distrugge lo scettro e si prende la sedia, siede al posto che le spetta, occupa
la celebre e legittima “stanza tutta per
sé” di cui parlava Virginia Wolff. Un’opera-riscatto del genere femminile.
Lo stile.
Se da un lato, la povertà della punteggiatura concede al lettore l’arbitrio
delle pause, dall’altro conferisce movimento alla narrazione, attraverso le
brevi didascalie, in cui spiega cosa sta succedendo sulla scena. L’autrice
isola gli elementi del discorso con l’utilizzo frequente delle figure retoriche e in particolar modo dell’enjambement,
mentre l’uso delle maiuscole è l’unica componente che suggerisce la fine di una
frase e l’inizio di un’altra.
Ulteriore
funzione delle maiuscole -poste, talvolta, nel bel mezzo della frase- è quella
di comunicare le sfumature espressive e le variazioni di tono, oltre a quella di
accentuazione semantica.
Rilevanza semantica hanno anche le dislocazioni a
destra e a sinistra, tipiche del linguaggio teatrale, così come il condensarsi
delle iterazioni, realizza il monologo interiore dei personaggi. Spesso, sono
le particelle negative che si ripetono, svelando il rifiuto della realtà
passata e sottraendo le protagoniste alla presa di coscienza delle violenze
subite. In psicologia, infatti, nel meccanismo della negazione è presente anche
quello della rimozione; il soggetto, preferisce non ricordare, vale a dire,
censurare le tracce che potrebbero consentirgli una corretta analisi della
realtà anche se spiacevole, anziché riconoscerla.
La realtà che spesso si nega, e che l’autrice non
vuole negare ma denunciare, è che sono ben
130 le donne uccise in Italia nel
2013, ma sono molte di più quelle vittime di violenze psicologiche, quella moralmente
annientate e costrette a rinunciare ad un ruolo sociale.
No.
Non è fantasia.- scrive Marcello Cozzi nell’ introduzione - Non è una rappresentazione teatrale.
E neanche
il racconto favolistico di paure ancestrali che in qualche modo bisogna esorcizzare,
è il racconto di un regno senza re, di un re senza scettro e di uno scettro che
deturpa il volto di tante, troppe donne. È la descrizione nuda e tragica di un
inferno che spesso ci cammina a fianco e si consuma nella porta accanto senza
rendercene conto, talvolta nell’indifferenza, o, peggio ancora, nella
convinzione che tutto sommato sia un’esagerazione.
Isabella Corrado