di Walter Siti
Rizzoli, 2014
A quasi un anno dalla vittoria allo Strega, nel suo ultimo romanzo Exit strategy, Walter Siti chiude il cerchio autobiografico.
L’ossessione delineata nelle opere precedenti della trilogia trova uno sbocco giunto dopo una ricerca esasperata e che ha come sfondo un’Italia in bilico tra il passato e un futuro ancora incerto. L’aggancio temporale è recentissimo: la fine del berlusconismo e il nuovo governo di Matteo Renzi che per Siti non è nient’altro che «il metadone per l’antiberlusconismo tossico».
Un paese allo sbando, dal punto di vista politico e culturale, che simbolicamente si manifesta nel ritratto familiare di un
«Berlusconi rattrappito in una smorfia di commozione senile semisepolto da un ingombrante ammasso di pelo bianco (il cane Dudù); incombente su di lui, nella penombra del salotto, la fidanzata vestita di nero – a metà tra una parodia di Claretta Petacci («sempre al tuo fianco, deeply in love») e prove tecniche di Evita Perón («mancava una donna in casa»)».
Negli anni di svolte decisive per la nazione il narratore vive il proprio cambiamento, intimo e doloroso, che si snoda in un racconto a forma di diario su cui Siti gioca, da buon conoscitore dell’autofiction: «nonostante la forma diaristica, questo non è un diario: non il mio, almeno».
Cerca sollievo dal tormento di una vita, il sesso a pagamento per mezzo di escort dai muscoli pompati che hanno attraversato, con sofferenza, la sua esistenza. Fra questi ci sono Marcello e Rodrigo, spettri dei romanzi precedenti, sempre presenti, che lo hanno abituato alla venerazione del corpo, l’amore pronto cassa, il senso di colpa e soprattutto la percezione i un vuoto profondo.
Se questo compiacimento lo ha accompagnato a lungo, un incontro casuale gli mostra una prospettiva nuova ovvero quella di una relazione normale e stabile in cui lo scambio non è univoco e materiale, in cui il sesso diventa parte integrante ma non unico sfogo.
Gerardo è aria fresca, ma significa anche dimostrare la volontà di mettersi in gioco, forse per la prima volta, accettando un amore che non chiede nulla in cambio, così semplice e difficile al contempo e che resista agli anni e al peso del corpo .
Walter Siti vive la propria conversione in una fase di ricambio continuo. Dopo anni a Roma, lascia la capitale per trasferirsi a Milano. Se Roma lo commuove «perché è bella senza merito», Milano gli è nemica. Ci arriva in dicembre e il freddo record sembra acuire ancora di più la sua desolazione:
«Qui il cielo bisogna guadagnarselo, non c’è niente che svaria; quel sorriso che tutti se n’accorgevano e non riuscivo a trattenere non mi sarà regalato mai più, amen. Qui i mortali devono cavarsela da soli; una cisterna polare in cui vivrò sequestrato per anni».
La perdita della madre, invece, riapre vecchie ferite che non possono più essere curate, ma che ancora si sentono:
«I morti si somigliano tutti perché non somigliano più a niente, ma quelle labbra rientrate bevono ancora il ribrezzo».
L’ossessione erotica del passato si trasforma nella capacità di apprezzare una seconda chance, non senza intoppi e senza momenti il cui il presagio del ripensamento si fa forte durante la lettura:
Se avessi incontrato prima Salvo… evidentemente è il turno per me dei nomi meridionali; Salvo non è una marchetta, è piuttosto gerontofilo pure lui, forse non è così ossesso ed esclusivo. Non è un ercole ma non si oppone così diametralmente alla tipologia, se avessi lui nel letto invece di Gerardo il cilicio non sarebbe tanto duro da portare. La schermaglia quasi da corteggiamento mi eccita più delle belle statuine da collezione; la sua telefonata per invitarmi è stata più efficace di un muscle-porno […].
Tuttavia la via d'uscita offerta da Gerardo risulta quella vincente e il romanzo di Siti trova, così, il suo finale felice e riesce a fornire spunti di ottimismo in una vicenda che sembrava destinata a fallire, in un contesto agitato, tutto in divenire.
Martina Pagano