«Un atto di generosità», così Roberto Ippolito ha salutato la presenza di Marco Malvaldi alla terza giornata di «Libri al centro». L’incontro con lo scrittore pisano ha animato il centro commerciale Cinecittàdue nel tardo pomeriggio di mercoledì 9 aprile.
Da subito Malvaldi ha impostato la conversazione sull’ironia e sull’umorismo, mai fini a se stessi o gratuiti, ma calati in una leggerezza pensante e, soprattutto, feconda: si è definito, infatti, un chimico di formazione, non voluto dall’università, ma dalle case editrici.
Ippolito, nel ripercorrere la brillante carriera dello scrittore, ha posto l’accento sulla fortunata serie di romanzi BarLume, la quale attende uno svolgimento: e dando voce ai lettori fedeli, ha chiesto se la saga proseguirà.
Malvaldi ha risposto che la pausa “narrativa” è dovuta a una domanda che si è posto: «c’è un rimedio alla statistica negativa che “infesta” il piccolo agglomerato urbano?». E citando la famosa Signora Fletcher, ha asserito che sembra che qualcuno «porti merda» nella cittadina, dove, in ogni romanzo, c’è qualcuno che muore. Dopo un’attenta riflessione, però, si è reso conto che forse l’unica soluzione è quella di allargare lo spettro dei possibili morituri: e visto chi vota il 20 per cento degli Italiani (senza sterili polemiche politiche) si è assuefatto all’idea che, in Italia, ogni stranezza è possibile e ammissibile.
Nei due anni di pausa da BarLume, lo scrittore ha dato alle stampe due libri (Milioni di milioni e Argento vivo, entrambi per i tipi di Sellerio), i quali, per sua stessa ammissione, sono un plagio, poiché la trama è farina del sacco di sua moglie, Samantha.
Ripercorrendo la storia della genesi di Argento vivo, Malvaldi racconta di aver mandato a Sellerio sia la trama del quinto libro della serie di BarLume, sia quella creata dalla moglie per un film: l’editore ha preferito quella di Samantha. Ma se nella copertina del libro compare solo il nome dello scrittore pisano, il contratto è a nome di entrambi i coniugi: le «rotture di palle» sono, quindi, a carico del marito, il quale, punta dell’iceberg, deve fare interviste, promuovere, incontrare. Samantha rimane nell’ombra.
Roberto Ippolito ha riconosciuto nel quarantenne pisano il garbo della frecciata, ravvisabile nella struttura stessa di Argento vivo, giocato sul meccanismo di coppie e doppi. Il libro si apre con Il gioco delle coppie, un piccolo memorandum sui personaggi e sulle loro relazioni: l’elenco, ironico e parossistico, è un dire e contraddire, grazie anche a una sintassi magistralmente piegata alla teoria del “tutto è il contrario di tutto”.
Marco Malvaldi ha svelato come già nell’elenco sia presente un refuso. Antonio Sellerio, infatti, insisteva affinché l’autore fornisse uno strumento per non far perdere il lettore nel caos dei personaggi. Il gioco delle coppie fu consegnato in formato word: la coppia mancante nell’elenco, quella dei fannulloni, non è presente nel libro, perché rea di essere finita nella seconda pagina, e, quindi, di non essere stata vista dall’editor. Ma lo scrittore fa anche mea culpa: egli stesso, infatti, non si è accorto dell’assenza nelle bozze, che ha personalmente corretto.
Ippolito, per giustificarlo, ha tirato fuori dal cilindro una delle più grandi verità, letterarie, e, forse, esistenziali: ovvero che spesso è un problema non guardare quello che non c’è.
Il direttore editoriale della manifestazione ha letto l’incipit di Martedì mattina (parte di Argento vivo), definendolo «un mondo intero racchiuso in tre righe».
Malvaldi ha ammesso che lo stereotipo della Persona (con la P maiuscola) con la poltrona di pelle e le foto di personaggi importanti attaccate alle pareti a lui fa «girare i coglioni»: quelle fotografie sono solo uno scudo per nascondere un’importanza che in realtà non esiste. E l’ispirazione gli è venuta dal suo Professore di dottorato (di cui fa candidamente nome e cognome). L’arredamento di uno studio, di una casa, sono messaggi non verbali che l’interlocutore dà. Quando ci si presenta in un determinato modo, quando si accoglie qualcuno in casa, si mette in bella mostra un biglietto da visita.
Vista la citazione di spunti reali per i personaggi, lo scrittore ha rivelato come anche Leonardo e Letizia siano nati grazie a sua coppia di amici, e come Giacomo e Paola siano lo specchio della coppia matrimoniale di cui egli stesso fa parte: «io sono il cialtrone, Samantha è la parte col cervello ventiquattro ore su ventiquattro».
Leonardo Chiezzi è un collega dell’università, intelligentissimo, chimico di prim’ordine, che gli ha salvato la vita molte volte. É una persona tanto fine e garbata, quanto pittoresca nel linguaggio: caratteristica tipicamente maremmana, quella della volgarità garbata.
Continuando la rassegna dei personaggi, Ippolito ha citato l’Ingegnere Tenasso, ricordato nei ringraziamenti.
Come sempre, Malvaldi ha preso in giro la categoria ingegneristica. Tuttavia, ha spiegato lo scrittore, che sono gli ingegneri strictu sensu il suo bersaglio, ma tutti coloro che hanno una mentalità fissa (di contro a una prospettiva variabile).
Tutta la sua narrativa nasce dall’osservazione di episodi del reale, i quali non necessitano di essere registrati da appunti, perché sono così strani che non possono essere ricordati. Rimangono.
Un romanzo giocato sulla doppiezza, dato di fatto e di concetto, ha sottolineato Ippolito.
Lo scrittore ha esposto la sua teoria di «mondi paralleli», per la quale si ignora come vive l’altra parte del mondo. Non ci si rende conto che esiste un universo parallelo con cui non si avrà comunicazione, e che continuerà ad andare avanti, ignaro dell’altra parte. Anche questo assunto prende spunto da un fatto realmente accaduto: «la mia prima automobile si apriva con un telecomando a raggi infrarossi. Ne conseguiva che poteva essere aperta da qualsiasi telecomando, anche quello della televisione. Ho realizzato questa cosa dopo essermi accorto che, di notte, qualcuno dormiva nella mia macchina, dal momento che, quando la mattina andavo ad aprirla, venivo aggredito a livello olfattivo. L’utente notturno della mia automobile, una volta, lasciò dentro un panetto di fumo, probabilmente la sua merenda del pomeriggio, proprio nel posto dove io ero solito mettere la mia merenda della mattina». Questo episodio, buzzatiano verrebbe da dire, ha fatto sorgere in Malvaldi l’idea di sviluppare una storia su uno scambio, o meglio, su una serie di scambi. Argento vivo si apre con il furto di un’automobile. I ladri dell’auto, però, non si accontentano, e rubano anche il computer di uno scrittore, con dentro il suo romanzo, non ancora salvato da altra parte.
Il furto del pc: ancora un episodio tratto dalla quotidianità dello scrittore.
Marco è un chimico, Samantha, la moglie, una chimica: il loro figlio uno sperimentatore, il quale, un giorno, ha deciso di provare a sentire il rumore prodotto dal tonfo del computer del padre a terra. Pc contenente, ovviamente, l’ultimo romanzo non ancora salvato. Tra le imprecazioni, lo scrittore provava a ricomporre quella mela (di fatto e di marca) spaccata in due, mentre la moglie continuava a ripetere «No, non mi dire che non lo hai salvato». «E io speravo che l’Ente imprecato la fulminasse», ricorda Malvaldi, il quale, dopo il recupero del materiale dal disco rigido, ha iniziato a pensare a questa disavventura come base narrativa per il suo romanzo. «Pensa se il computer fosse stato rubato con tutto un romanzo nuovo non ancora salvato», aveva immaginato Samantha… e il resto è storia già detta.
«Le cose importanti della vita succedono per caso. Anche il mio matrimonio è dovuto a un errore: mi ero dimenticato di segnarmi a un esame, quindi ho dovuto sostenerlo per ultimo, alle ventidue meno un quarto. E la ragazza che si era prenotata per ultima volontariamente, perché la mattina aveva un altro appello, aveva aspettato l’ultimo “sfigato”. Quando ho finito, visto che erano le ventidue meno un quarto, l’ho invitata a cena… Non avevo programmato nulla. Le cose importanti spesso nascono da errori, dal non aver programmato per filo e per segno». E il resto è storia.
Ippoliti ha ripreso la parola, notando come anche gli ingegneri si sposino. E la garbata frecciata di Malvaldi ha sottolineato come sicuramente anche gli ingegneri si sposano, ma che sono la categoria sociale con il più alto numero di divorzi.
Ma perché un titolo tanto particolare, Argento vivo?
Per lo scrittore pisano gli oggetti elettronici regolano la nostra vita: se qualcuno rubasse una macchina, un cellulare o un computer condizionerebbe un’esistenza, perché a loro demandiamo quasi tutti i nostri compiti. Il libro è una commedia degli equivoci, e funziona come un termometro che si rompe. Il mercurio si sparpaglia in tante piccole goccioline, perché è un metallo liquido, ha le proprietà di brillantezza, ma anche quelle liquide: e avendo una tensione superficiale immensa, non sporca. Allo stesso modo la commedia perfetta non deve far rimanere tracce o sbavature, tutto alla fine deve tornare.
«Sellerio, presentandoti, fa riferimento a Shakespeare e al teatro classico», ha ricordato Roberto Ippolito.
«Io amo Shakespeare, ma di certo non era un genio nello scrivere commedie. Se devo pensare al genere comico penso a Ben Jonson. Io sono drogato di poesia inglese: Shakespeare era un genio nel descrivere le sensazioni dell’animo umano. Il motivo per cui è un grande è che sa descrivere caratteristiche invarianti e universali. Nei miei libri sono presenti plagi dal drammaturgo inglese. Per esempio le luci da richiamo che offendono il cielo, rimandano alle bandiere norvegesi che offendono il cielo di Scozia nel Macbeth» ha chiosato Malvaldi. Questa affermazione di “plagio” è stata puntualizzata dal direttore editoriale della manifestazione («più che di plagio, io parlerei di omaggi agli scrittori che rimarranno nella storia»), il quale ha chiesto perché il pendolo doppio.
Lo scrittore pisano ha spiegato che, se il pendolo ha un comportamento facile da prevedere, il pendolo doppio dà vita a un movimento caotico. Le spiegazioni scientifiche che aprono i capitoli si inseriscono nello stile anglosassone, mettono un cappello su quello che sta per succedere.
«Io sono un lettore felice, che a un certo punto ha cominciato a scrivere per se stesso, per leggere il libro ideale che vorrebbe. Il fatto che ci siano persone che apprezzino quello stile e quelle idee è il successo dell’opera. É una scommessa su qualcosa, su qualcuno che sappia apprezzare e riempire i vuoti. Io sono il prodotto di una lettura, e scommetto sul fatto ce come me ce ne siano altri», ha ammesso Malvaldi, il quale ha dato ragione a Ippolito nel dire che la citazione è molto più diffusa nel cinema, o meglio, più riconoscibile.
Il direttore editoriale, in chiusura, ha chiesto notizie dell’unico personaggio non menzionato, l’agente di polizia, donna in competizione con il suo capo, uomo.
Ancora una volta il personaggio nasce dall’osservazione del reale, nello specifico dell’ambiente universitario. La ragazza nasconde una collega di Malvaldi, con un doppio handicap: essere competente e donna, la quale, per sopravvivere in un mondo di squali, si è trasformata in un’orca assassina, consapevole di essere considerata «stronza e arrivista». Perché un uomo-squalo è considerato semplicemente ambizioso, e una donna-orca, invece, un’arrivista? Perché in Italia, una donna per fare carriera deve diventare «stronza», con tutto ciò che ne consegue, tra cui il freno imposto al contesto altro.
Dal pubblico, una ragazza ha chiesto se, nel momento dell’uscita dei libri, lo scrittore si preoccupi per la comprensibilità del vernacolo pisano, il quale, invece, usato dallo scrittore solo per i dialoghi, un realtà rappresenta la voce stessa dei personaggi.
Un’altra ragazza ha chiesto quali siano gli scrittori che ispirino la narrativa di Malvaldi, il quale ha fatto riferimento ai classici del giallo, quelli che presentano sia una logica deduttiva sia una parte fattiva, di raccolta prove e indizi. Tale dualità si rispecchia anche nei gialli di BarLume dove Massimo incarna la logica, e i vecchietti la raccolta delle prove.
Tra i nomi da cui prendere ispirazione ci sono gli inglesi, nello specifico il gallese Bill James, e gli italiani Loriano Macchiavelli e Maurizio De Giovanni.
Altra domanda dal pubblico sull’assenza dello sviluppo di una storia d’amore.
Ironizzando, lo scrittore pisano ha definito il suo Massimo vittima di «cinquanta sfumature di bianco»: in un giallo, solitamente, la storia d’amore è un gancio per attirare lettori, un espediente facile, da evitare fino a quando sarà possibile. Ma Malvaldi lascia intendere che, forse, nel prossimo libro di BarLume ci saranno novità amorose.
Un’ultima domanda riguarda la trasposizione televisiva della fortunata serie, sulla quale lo scrittore ha espresso perplessità, sia per la scenografia scritta male (della quale è in parte responsabile, per sua stessa ammissione) sia per il ritmo mancante. Un altro sassolino tolto nei confronti della tv è proprio legato alla lingua: se nei libri Massimo parla un italiano perfetto, nella serie televisiva si è preferito il vernacolo.
Il pomeriggio si è concluso con un bagno di folla intorno a uno scrittore che ha saputo tenere desta l’attenzione sia per la sua indubbia bravura, ma anche per un brio, per un’ (auto)ironia, che ha toccato vari aspetti del reale. Dalle telefonate a orari inopportuni della madre («Mia madre sa benissimo che ho l’abitudine di cenare alle 20.45, e puntualmente quando chiama? Alle 20.45»), al carattere della moglie Samantha, agli ingegneri, al suo stesso editore, Sellerio.
E in apertura non è mancato l’abbraccio con Antonio Manzini, scrittore, giallista, della stessa scuderia selleriana.
Un tardo pomeriggio all’insegna della leggerezza pensante: in fin dei conti come altro si può prendere un mondo strano e al contrario?
Grazie ancora a Libri Al centro per la foto!
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