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L'eleganza del pot-pourri: Alice DI Stefano racconta Elido Fazi, ops... il «Publisher»

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Publisher
di Alice di Stefano 
Fazi, 2013


Quando in anticipo sul tuo stupore 
verranno a chiederti del nostro amore 
a quella gente consumata nel farsi dar retta 
un amore così lungo 
tu non darglielo in fretta
(Fabrizio De Andrè, Verranno a chiederti del nostro amore)


Publisher è un microcosmo che abbraccia ossimori, differenze e difficoltà: ma è un microcosmo (nel macrocosmo) leggero, senza pretese tragiche. Quella leggerezza di calviniana memoria si associa a un umorismo, tutto femminile, a un’ironia, a un “non mi prendo sul serio perché so di non essere davvero così”. Un umorismo che allarga, che esagera, ma che rivela realisticamente. 
Alice Di Stefano racconta una porzione del suo reale: suo marito, Elido Fazi. Lo fa dalla sua prospettiva, facendoci vedere con i suoi occhi, con le sue debolezze, con le sue ingenuità. 
Siamo di fronte a una biografia? Per chi scrive no. Siamo di fronte alla biografia di Elido Fazi, senza dubbio, ma dall’ottica dell’autobiografia. 
“La vita del Publisher secondo Alice, con gli occhi di Alice, con le pretese di Alice, con i sogni e le illusioni di Alice, con l’essere donna di Alice”. 
L’autrice, nel nominare i vari episodi, sotto il titolo ufficiale pone un sottotitolo: un gioco di specchi? Che il primo rimandi a Elido, il secondo ad Alice? 
Tra il lusco e il brusco, tra il serio e il faceto, tra il grande e il piccolo, tra la normalità e lo straordinario, si può parlare di tutto: anche di temi impegnativi, senza mai essere impegnati del tutto. Perché la punta di diamante di Alice Di Stefano è proprio un’ironia che si prende in giro seriamente. Una leggerezza cercata e trovata, che strizza l’occhio tanto al comico quanto al serio. 
La storia di Publisher è la storia di Elido Fazi tagliata, secondo un’ottica particolare: inutile riassumerla. Si finirebbe con il rivelare troppo, o con il dire non abbastanza. 
Bisogna leggere il libro. Sia perché è ben scritto (Alice Di Stefano è realmente un’accademica), sia perché esso mostra che un narratore può essere tanto shower quanto teller nella stessa persona. Alice mostra e allo stesso tempo racconta; fa immaginare e dice; pennello mentale e parole. Non serve altro: se non la capacità del mezzo linguistico. La lezione del plurilinguismo e del monolinguismo di continiana memoria è stata bene assimilata e amalgamata: ci sono momenti che richiedono la selezione, altri l’accumulo. 
Un pregio di Publisher è proprio questo: un plurilinguismo selettivo, che si accompagna a un’altrettanta rigida selezione onnivora e pluriprospettica.
Non tutto può entrare in letteratura, ma tutto potenzialmente ha il diritto di entrarvi. 
E quello che non vi entra non lascia un vuoto: anzi, nemmeno è percepito. 
Alice non racconta tutto, ovviamente: però leggere Publisher ci dà la percezione di sapere tutto di Elido Fazi. L’autrice è in grado di saziare la voglia di conoscere del lettore: non gossip, ma voglia di conoscere. Perché, laddove l’argomento o lo scenario strizzano l’occhio al pettegolezzo da spiaggia, la scrittrice eleva il tono, lo raffina con eleganza, e anche con astuzia. Nulla può essere volgare; c’è il comico, c’è il grottesco, ma sempre con raffinatezza. Si può fare uno scivolone, ma ci si può rialzare, anche con una enorme smagliatura nella calza. 
Publisher afferma un’ottica femminile, altamente donna. Un’ottica di genere? No. Un’ottica genuina, che non ha il terrore di dire troppo, perché in grado di dire abbastanza, quanto basta. 
Una donna consapevole che non prendersi sul serio non equivale a sminuirsi, ma semplicemente a creare una favola, a raccontare una storia, che non è perfettamente aderente al reale, ma che deve essere verosimile per essere efficae.
Alice ha studiato accademicamente le favole; poi ha deciso di diventarne la protagonista imperfetta. L’anatroccolo non si trasformerà in cigno, ma l’equilibrio è (im)perfetto lo stesso. Non è il lieto fine che interessa alla scrittrice, quanto, piuttosto, il paradosso realistico. 
Leggendo Publisher tante volte ci si chiede «Ma dice davvero?»; eppure il pensiero dura davvero poco. Tempo di girare pagina. 
Perché quella successiva presenta un paradosso più grande del precedente, il quale diventa, allora, la normalità: e via dicendo. 
E quando si arriva all’ultima pagina, si ha ormai l’impressione di stare per ricevere a momenti un “whatsapp” da Elido, o una sua mail, al punto che il dubbio sul «è vero o non è vero?» è ormai lontano. 
All’uomo piacciono le storie, e forse ancora di più la fiaba; l’uomo è attratto dalla tragedia, e forse ancora di più dalla tragicommedia; all’uomo serve la finzione, e ancora di più la verità esagerata; all’uomo serve la profonda, e forse ancora di più la profondità della superficie.