Prima della battaglia. Un'indagine del commissario Malinconico
di Bruno Arpaia
Guanda, 2014
L'attento lettore di Bruno Arpaia non
avrà bisogno dell'avvertenza dell'autore che informa del fatto che
quell'Alberto Malinconico protagonista di Prima della battaglia
lo aveva già incontrato qualche anno fa, nei panni di un ragazzo
napoletano in Il passato davanti a noi (Guanda,
2006). Ciononostante, lo stesso lettore attento, una volta esauritasi
l'enfasi dovuta al gioco intertestuale, scoprirà che il battesimo
noir dello scrittore
partenopeo non è dei più semplici.
Il
commissario Maliconico ha l'incarico di indagare sulla morte di uno
scrittore, Andrea Ruspoli, investito da un camion uscito di
carreggiata. Quello che all'apparenza sembra un caso di facile e
scontata soluzione diviene ben presto un vero e proprio groviglio.
Maliconico ha il solo merito di farsi cogliere da un dubbio e
iniziare a indagare: va a Scampia, il quartiere più degradato e
malfamato di Napoli, dove pare che tutto cominci e tutto debba in
qualche modo finire. Il dubbio del commissario viene confermato, ma
la sua indagine è prontamente interrotta da un incarico piovuto dal
cielo per i Servizi Segreti. Per questo motivo vola in Messico e, in
quello che doveva essere un ruolo di appoggio all'Interpol, trova,
per pura casualità, importanti elementi di connessione con la storia
di Ruspoli, ovviamente caduto nella macina tritarifiuti della
camorra. Come da copione, nel manoscritto dell'ultimo romanzo della
vittima Malinconico trova numerose conferme e risposte a ciò che sta
vivendo. Di fatto, Prima della battaglia
si conclude con la vittoria morale del commissario, che non porta a
casa il colpevole, né si avvicina al suo nome, ma vede uno spiraglio
di giustizia quando viene informato dell'immininte blitz (la
battaglia) che dovrebbe portare all'arresto di «quattro o cinque
capoclan» (182). In questa pagina finale spicca la frase che non ti
aspetti, o meglio, te l'aspetteresti da un scrittore di primo pelo,
da uno di quelli che ha bisogno di mettere in luce la conoscenza di
alcuni meccanismi: «Ah certo: quello di Rispoli era solo un romanzo.
Ma, si sa, a volte i romanzi...» (ivi).
A volte i romanzi sono più veri del mondo reale e in quello della vittima c'era tutto quello che serviva per arrivare fino a quel punto.
A volte i romanzi sono più veri del mondo reale e in quello della vittima c'era tutto quello che serviva per arrivare fino a quel punto.
Prima della battaglia
non è un cattivo romanzo. Se si trattasse di un'opera prima ci
sarebbe anche da rallegrarsi dell'esordio di un bravo autore. Ma da
uno scrittore esperto, e di qualità, come Bruno Arpaia c'era da
aspettarsi di più. Una Napoli struggente, capace di coniugare il
bello e il brutto, sintesi perfetta di un Paese in declino, in cui si
muove, come un pesce nell'acqua, un commissario con evidenti problemi
di relazione con l'altro sesso, un buon appetito e il vizio della
lettura. Un film, questo, già visto: Pepe Carvalho, Fabio Montale,
Bacci Pagano, Salvo Montalbano. Si tratta di un insieme di
ingredienti che si stanno via via configurando come la base di una
ricetta sulla quale, però, ogni cuoco/scrittore ha il dovere di
inserire quell'ingrediente che la rende unica e diversa dalle altre,
che le dà un sapore particolare. Detto ciò, quello che manca a Malinconico è prima di
tutto un Catarella, un Biscuter, un Petrusiello, qualcuno che gli
faccia da controparte, che dia estro alle sue giornate. Ma
soprattutto, a questo commissario manca quella cifra che lo potrebbe
rendere unico. Per ora è uno dei tanti, non si distinguerebbe se non
fosse per l'autorità del suo creatore. La sua storia, del resto, si
legge bene per due ragioni. In primo luogo Napoli, che è lo scenario
perfetto per questo genere di storie. Anche se non basta più
declinarne le bellezze e le bruttezze: dalle pagine dovrebbe uscire
tutto l'odore del marcio dei suoi vicoli, il profumo dei suoi
giardini e la luce del suo lungomare. Il lettore ha bisogno di
sentire che le contraddizioni della città sono cosa viva, e non il
riflesso di uno stereotipo. Poi, la prosa di Arpaia, che rimane
comunque di piacevole lettura: la trama è strutturata in maniera
impeccabile e il fatto che non succeda nulla, che non ci sia indagine
e manchi del tutto il mistero, non è necessariamente un difetto.
Anzi, è lo specchio della società italiana, immobile, dove tutto
sembra succedere per caso. Ciononostante, il metodo di lavoro di
Malinconico non è molto chiaro e non si capisce in base a quali
intuizioni arrivi alle sue conclusioni. Legge e rilegge il romanzo di
Ruspoli senza mai uscire dalle pagine del manoscritto, senza mai
tuffarsi nella realtà che lo circonda.
In
conclusione, a Prima della battaglia
manca qualcosa: un'imperfezione, prima di tutto nell'autore e nella
sua prosa, o un dettaglio, che scalfisca la corazza di questo
commissario oscuro, dentro cui il lettore non riesce a entrare, ma
che ha un cognome perfetto, Malinconico.