Foto di GMGhioni |
28 aprile 2014
Una mattina piovosa, ma grandi aspettative: così potremo riassumere l'attesa di #voinonlaconoscete, hashtag che ha accompagnato il pranzo informale in Feltrinelli con Cristina Comencini. L'occasione? Blogger e giornalisti, insieme alle ragazze del Salotto letterario di Milano, hanno avuto l'opportunità di chiedere a Cristina del suo "Voi non la conoscete", racconto lungo che - come dicevamo nella recensione - ha una forza non comune.
Ci si concentra da subito su Nadia, perché è una protagonista che non passa inosservata: è una delle tante donne «piene di distruzione e distruttività» (e non a caso la Comencini fa un riferimento alle protagoniste di Menzogna e sortilegio della Morante), stretta da una gabbia in cui è entrata a causa della madre. Si tratta di una «genealogia femminile in assenza di uomini», quando invece l'amore prevede l'accettazione dell'altro, e la madre di Nadia non c'è mai riuscita. Il primo che sembra fermarsi e accettare Nadia per quella che è, invece, è proprio il medico del carcere. Sì, perché paradossalmente il carcere ha permesso a Nadia di rivelarsi, gridare la propria rabbia, e «mostrarsi finalmente per quella che è».
Cristina Comencini ci racconta di essere stata in visita a Rebibbia e di aver conosciuto molte carcerate che, come Nadia, hanno sbagliato due volte: come persone e anche come donne, nell'accettazione complessa della propria femminilità. Le chiediamo se Nadia è nata da questa esperienza, e Cristina commenta:
Come sempre, in un romanzo i personaggi di un libro e della tua vita si mescolano.
Sicuramente la visita a Rebibbia ha contato, ma Nadia è nata dall'incontro di due idee: la possibilità di uscir fuori per poi aprirsi all'altro («il benessere, per quanto difficile, è un diritto!»); e la fuoriuscita dal carcere interiore per «toccare con mano chi si è».
il pianto è la forza di Ulisse, che piange e racconta, appunto.Anche per questo Cristina è molto ammirata da quelle donne che hanno una loro «femminilità espansa», attestata dalla sicurezza e dall'accettazione totale del proprio corpo e del proprio essere donna. Nadia, al contrario, si fa portavoce della paura comune di essere donna fino in fondo e di amare un altro. Questa è una gabbia, culturale e storica, da cui non ci siamo ancora rialzati, ma - suggerisce Cristina,
Il fatto meraviglioso della nostra epoca è che possiamo raccontare la nostra paura di essere donna e di rompere l'idea di presunta "normalità" e dire no.Quante volte le donne si fanno un problema quando non esiste, facendo attenzione a non fare troppo rumore e restando incastrate in una certa forma di subalternità al partner?!
«La disistima è così accomunante che dobbiamo chiederci: da dove arriva? Perché in realtà, le donne abbelliscono, cotonano la vita.»
Nella seconda parte dell'incontro, si è parlato tanto di scrittura, e inevitabilmente mi sono fatta avanti proponendo alla scrittrice di commentarci un passo che mi ha molto colpito: "Non so se esiste"."Cosa?". "Un posto dove non ti succede niente se dici la verità": la letteratura e il cinema sono posti dove non succede niente se dici la verità?
Il romanzo è una cosa molto concreta, come una mela: io ci avverto la necessità della verità. Il romanzo, a differenza del saggio, è più vicino alla vita, non è solo fatto di idee, ma è carne viva. Nel cinema è diverso, perché si muovono moltissimi soldi per produrre un film, e al di là della ispirazione e della libertà delle immagini, spesso la verità è molto nascosta. Proporrei invece il teatro: credo che là ci sia una maggiore libertà d'espressione, in cerca della verità.Il racconto di Nadia avrebbe potuto essere un romanzo? Secondo Cristina no, perché è stato proprio concepito come un racconto per immagini, tipico della narrativa contemporanea. Qui non riesco a stare zitta: a me di questo racconto è piaciuto tutto, anche i silenzi, e questa riflessione ha convinto Cristina, che mi dà ragione e ripete un po' pensierosa che i silenzi sono davvero importanti quanto le parole. Le chiediamo quindi come ha lavorato al personaggio Nadia, se aveva già tutto in mente fin dal principio:
No, quando inizio a scrivere non ho idea di cosa accadrà dopo. Anzi, il volontarismo nell'orientare una narrazione non funziona mai. Se voglio far andare i miei personaggi in un certo posto, di sicuro si ribellano. Direi invece con Moravia che gli scrittori, in generale, hanno una straordinaria memoria involontaria.Come sempre, la curiosità è tanta, e chiediamo quali sono i prossimi progetti di Cristina. Lei pare non essere superstiziosa, e ci racconta di una commedia incentrata su una famiglia intercontinentale, che si chiamerà Latin lover, con attori di primissima rilevanza, tra cui Angela Finocchiaro e Virna Lisi. Ci saranno donne molto forti, dalla «femminilità espansa» di cui parlava prima? Cristina sorride: «Ci sono donne che non sanno quanto sono forti, in realtà».
E allora non ci resta che aspettare questa commedia e sperare che la Cristina scrittrice metta nero su bianco quel «romanzo della cura» che potrebbe essere un seguito ideale di "Voi non la conoscete". Nell'attesa, qualche autografo e ancora una foto per suggellare una pausa-pranzo a parlare di femminilità con una autrice che ha sempre cercato di descrivere le donne in tutte le loro sfaccettature.
GMGhioni
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