Ferriera
di P. Valentinis
Coconino Press-Fandango, 2014
pp. 120
€ 15,50
Una piuma attraversa lievemente lo spazio e si adagia
nell’atmosfera atona della memoria. Questa una delle più incisive immagini
iniziali di Ferriera, graphic novel d’esordio dell’illustratrice Pia Valentinis,
udinese di nascita, cagliaritana d’adozione. Presentata in anteprima a marzo
alla fiera del libro per ragazzi di Bologna, l’opera è una delle nuove proposte
della Coconino Press, casa editrice fondata da Igort e specializzata in quello
che pian piano è diventato a tutti gli effetti uno dei mezzi prediletti dai
fumettisti per indagare l’attualità, il proprio passato, le proprie radici.
Tutti questi diversi livelli vengono scandagliati in Ferriera
proprio a partire da quella piuma che, cadendo, porta con sé il silenzio generato
dall’assenza del padre dell’autrice, la cui voce è oramai svanita. Eppure le
immagini della sua vita, quelle no, non sono scomparse. In una narrazione non
sempre lineare ma che segue il discontinuo filo della memoria, le tavole ci
mostrano, come attraverso la lente di un intimissimo caleidoscopio, la
giovinezza di Mario Valentinis, classe 1928, fatta di attese dei doni di Santa
Lucia, di esplorazione del mondo e della natura e di pomeriggi trascorsi
lontano dagli amici, impegnati in attività da piccoli balilla (lui non lo fu
mai poiché il padre, Giovanni, era un dissidente); lo vediamo diventare capo-famiglia
a soli 16 anni, in seguito alla morte in fabbrica del padre; e poi c’è l’incontro
con Clelia, quella che sarebbe diventata sua moglie, sulle note di “Oh mamma,
mi ci vuol la fidanzata”. È l’Italia del dopoguerra e Mario decide di andare in
Australia in cerca di fortuna, impiegato come coltivatore di tabacco, prima, e
come operaio, poi, perché a lui “piace lavorare in fabbrica”.
È, quest’ultima, una delle grandi protagoniste dell’opera.
La sua ombra si staglia minacciosa e greve sulla vita di chi vi lavora: è il
luogo dove Giovanni Valentinis insegna il mestiere al figlio ancor prima che
egli termini la scuola; è il luogo in cui il padre viene inghiottito dopo esser
“precipitato per la rottura di una lastra”; è, infine, il luogo dove il padre
dell’autrice rischia ogni giorno la vita e dove decide di continuare a lavorare
una volta di ritorno dal continente australiano perché, nonostante tutto, gli
operai amano ciò che fanno e ne sono orgogliosi. Lo sciopero e la protesta,
“con i piedi in fiamme e il cuore leggero”, si profilano allora come l’unico
modo per ottenere la sicurezza sul lavoro ed evitare quelle che vengono
chiamate “morti bianche”, sottovalutate dalla stampa e dall’opinione pubblica e
troppo in fretta dimenticate.
Ma c’è in Ferriera spazio anche per la poesia e la
bellezza: la meraviglia per la canarina che cova le uova, la caccia al
minacciosissimo grillotalpa, che semina il panico nell’orto, le incredibili
avventure australiane e le serate passate a bere un buon bicchiere di rosso “Alle tre sorelle” .
Le tavole della Valentinis – il cui tratto oscilla tra la
restituzione documentaristica delle immagini di un passato ormai lontano (le
copertine de «la Domenica del Corriere», le rèclame, il periodo fascista) e un
disegno più semplice, essenziale, che racconta invece degli affetti – sorprendono per la
limpidezza con la quale riescono a mostrare un pezzo di storia che è personale,
ma anche collettiva. E noi sentiamo quel padre e lo percepiamo dalle pagine
come “un misto di sudore, fatica, vino, nazionali senza filtro, ferro infuocato
e fumo oleoso” e, al contempo, quale creatura mitica legata agli aspetti più
essenziali della vita, in un libro prezioso e sincero, di delicatezza rara.
Riproduzione delle immagini autorizzata dall'ufficio stampa della casa editrice
Riproduzione delle immagini autorizzata dall'ufficio stampa della casa editrice
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