di Bastien Vivès, Florent Ruppert e Jérôme Mulot
traduzione di Michele Foschini
Bao Publishing, 2014
Partiamo da un’affermazione lapalissiana: la figura del
ladro piace. Da sempre. Se è vero che le famiglie felici non hanno storia, è
altrettanto vero che i “buoni” non sbancano il botteghino. Il personaggio del
ladro e del truffatore affascina da sempre e la letteratura e le arti visive
hanno sempre sguazzato in ciò. Da chi ruba ai ricchi per dare ai poveri, al brillante criminale re del terrore, fino
agli affascinanti truffatori della pellicola moderna, romanzi, fumetti e
telefilm hanno immortalato figure che sono entrate nella mente di tutti. Per chi
poi è stato bambino negli anni Ottanta giunge chiaro il ricordo della merenda delle
16:00, fatta guardando i cartoni animati: uno dei più seguiti e amati era Occhidi gatto, ovvero la storia di tre sorelle, abilissime ladre che rubavano
per riavere la collezione d’arte del padre sottratta dai nazisti durante la
guerra.
La Grande Odalisca rimanda con la mente al lavoro di Tsukasa Hojo. Alex e Carole sono due ladre di alto livello. Lavorano insieme da anni e
sono come sorelle l’una per l’altra. Quando però si prospetta l’idea di rubare
il quadro La grande odalisca del pittore Ingres diventa necessario l’aggiunta di un
terzo componente nella banda: Sam, eccezionale motociclista, diventa parte del
gruppo. Questo trio di donne sarà in grado di dare l’assalto al palazzo sede
della maggiore collezione di opere d’arte al mondo: il Louvre.
Quando ci si confronta con un tema già sviscerato in ogni
epoca si va incontro a due generi di rischi: il primo, è il chiaro confronto
con dei mostri sacri. Il secondo è di non riuscire a trovare una nuova
sfaccettatura che renda il personaggio iconico e indimenticabile.
Anche se di ladre non c’è l’abbondanza che si riscontra nei colleghi maschili, Alex,
Carole e Sam hanno comunque i loro modelli di confronto. Vivès, con il tratto
dei famosi esponenti del fumetto underground francese Ruppert e Mulot, ha fatto un buon lavoro con la loro
caratterizzazione: Carole è la “capobanda”, adulta, intelligente e abituata a
studiare i colpi nel dettaglio. Alex è ritratta come la classica sorellina minore
combina-guai per la quale Carole prova un forte senso di protezione: è lei la
protagonista di tutte le scene più divertenti. Sam è forse il personaggio meno notevole, ma
si intuisce che, anche se al momento è solo cornice del forte rapporto tra le
due colleghe, in futuro sarà destinata ad assumere un ruolo più importante: pur non volendo svelare nulla, pare sia già previsto un seguito a questo primo episodio. Forse nel tentativo di renderle più
contemporanee, le tre donne sono connotate da un’ipersessualità che a volte
rischia di diventare quasi caricaturale, ma che non rovina né la trama né il
profondo rapporto che lega le tre donne.
In certi passaggi, più che una graphic novel, sembra uno
spezzone di un cinema muto o una carrellata di scenografie. Pagine di vignette
si susseguono senza battute di dialogo eppure sono scene cariche di movimento,
azione e di forte impatto emotivo. I personaggi sono disegnati con tratti del
viso quasi evanescenti: nulla di preciso o definito, rughe d’espressione o
inquadrature di dettaglio. Sono figure che emergono dalla scenografia eppure
sono dotate di forte espressività.
Nascono così tre nuove figure che vanno ad aggiungere il
loro nome nel panorama dei ladri letterari celebri. Chissà che, nel 2034, facendo merenda, i bambini non guardino La grande odalisca invece delle
sorelle occhi di gatto e che i nomi di Carole, Alex e Sam siano destinati ad offuscare Kelly, Sheila e Tati della nostra infanzia.
Giulia Pretta