di
Andrea Camilleri
Utet,
2014
€
14,00
pp.
146
I
lettori di Domenica del Sole24ore si ricorderanno certo di quando, nel 2012, figurava in prima pagina la rubrica “Posacenere”, dedicata a brevi testi scritti da
Andrea Camilleri. Quei testi e un centinaio di altri inediti compongono
l’ultimo scritto dell’autore siciliano, “Segnali di fumo”, pubblicato dalla
Utet e disponibile da oggi nelle librerie.
Centoquarantadue
riflessioni che sembrano dare l’idea, se non di un saluto – che nessun lettore
di Camilleri vorrebbe – di un tirare le somme sulle esperienze e sull’equilibrio
necessario per controllare le contraddizioni di una vita. Sono aneddoti,
pensieri e memorie a comporre i segnali di fumo che Camilleri manda al lettore.
Stabilisce con lui una conversazione, un dialogo sul lucido buio della
vecchiaia e sul tempo che scorre e che corre come “una giostra sempre in
funzione”; sulla situazione politica italiana e la necessaria solidarietà
europea; sull’arte, fino al rapporto con la sua stessa scrittura e col suo
celebre commissario.
Camilleri
conduce il lettore per un viaggio nelle sue memorie, in cui – tra una sigaretta
e l’altra – affiorano Dino Campana, Wisława Szymborska, Charles De Gaulle, Franz Kafka e
altri incontri, raccontati con una parola semplice, ma rivelatrice di un pensare
complesso. Il ricordo è occasione per scrivere delle asimmetrie di ragione e sentimento, dell’amore e
delle sue (dis)illusioni. Ma non mancano riflessioni sui mutamenti della
lingua italiana (“come definire se non orrende le parole che ci inventiamo,
tipo ‘rottamare’ o ‘agendare’?”), sul femminicidio, sulla rete e le nuove
tecnologie e su altri temi: pillole d’autore che compongono un mosaico ben organizzato dalla Utet nella sua eterogeneità.
La
pacatezza di una scrittura tanto sincera porta il lettore a sorridere ma anche
a indignarsi dell’ asineria e della volgarità dilagante nel nostro Paese. Ed è
con grande ma mai ostentata saggezza che Camilleri si pone domande sia universali
che puntuali: “Neruda, Hikmet ed Éluard sarebbero stati quei grandi poeti
dell’amore se fossero vissuti nell’Unione Sovietica?”; “Se i tedeschi si
interessano solo di numeri, dice loro niente il nome di un greco che si
chiamava Pitagora?”.
Leggo in Erasmo questa frase: il domani trae la sua lezione dall’oggi. Se questo fosse vero, moriremmo tutti annegati in un mare di saggezza. Fortunatamente il domani non può ascoltare la lezione imparata dall’oggi perché è assente, non c’è, e quando si presenterà avrà cambiato nome, si chiamerà oggi, e anche il suo precettore cambierà nome chiamandosi non più oggi ma ieri. Se fosse vero il detto di Erasmo, l’esistenza dell’uomo scorrerebbe come acqua di fiume, e come acqua di fiume sfocerebbe nel mare. Invece per fortuna esistono l’imprevedibilità, lo scarto, lo sfaglio che mandano all’aria qualcosa che è frutto di una lunga esperienza, di una meditata preparazione, di un accorto calcolo.
Serena Alessi