Stampa meretrix. Scritti quattrocenteschi contro la stampa
a cura di Franco Pierno
Venezia, Marsilio, 2011
Collana Albrizziana
10€
pp. 80
“La scrittura è, certamente, degna di venerazione e deve essere ritenuta più nobile di tutti i beni che l’oro ammassa per noi, a patto che non abbia subito brutture nel postribolo delle stampe. Essa è pura, se praticata con la penna, è meretrice, quando viene stampata”.
Quando la stampa arrivò a Venezia e la città lasciò spazio a
botteghe mai viste prima, molti umanisti e uomini d’intelletto non accolsero
felicemente l’innovazione. Come biasimarli? Dal loro mondo, s’accorsero subito
che qualcosa stava cambiando e cercarono in tutti i modi di fermarlo o almeno
rallentare il cambiamento.
Stampatori tedeschi arrivati in laguna, torchiatori,
stampatori italiani che hanno imparato l’arte, librai e librerie, intellettuali
d’ogni rango che collaborano con questi nuovi artigiani della parola.
Sei migliara de anni el mondo ha triumphato
De molti dotti homini senza libro istampato;
hora gentaia che ignoran talliano
te ensegnaranno il parlare tulliano?
(dove “talliano” sta per italiano e “tulliano” sta per
latino letterario di Marco Tullio Cicerone)
Cosa resta dell’arte del copista? Della sua attenzione,
abilità, cultura? Cosa ne sarà di me e di quella cultura che ho tanto difeso
donandola ad altri, e che tantissimi prima di me hanno donato? Si chiede
Filippo da Strada, frate domenicano, poeta e copista, nella seconda metà del XV
secolo. Alcuni suoi scritti sono
raccolti nell’interessantissimo libriccino Stampa
meretrix. Scritti quattrocenteschi contro la stampa, raccolta curata da Franco Pierno edita da Marsilio all’interno
della collana Albrizziana (che raccoglie documenti per la storia dell’editoria
veneziana). Si tratta di versi talvolta ironici, talvolta stizziti, ma comunque
molto vivi nell’attaccare la fiorente attività di creazione, riproduzione e
vendita di libri che si stava affermando a Venezia.
È molto interessante leggere questi scritti come
testimonianza di un’epoca e poi rapportarli
quindi al nostro presente, ora che viviamo profondi mutamenti innovativi nel
campo della comunicazione e nell’industria editoriale. Cercare così di capire quanti e quali errori
superficiali si possono commettere quando si vuole eguagliare la “rivoluzione
della stampa” con quella digitale e di internet.
Filippo da Strada usa sapientemente immagini comuni per
denigrare la stampa e gli stampatori come degli ignoranti che per soldi
rovinano la cultura e la parola. Ad esempio rappresenta la libreria come luogo
dove si smerciano libri come fossero oggetti, come fosse carbone venduto in
delle ceste. Si vanno formando quindi idee parallele di libro e di diffusone
della cultura: quella evidente nelle antitesi del da Strada tra l’alto valore aristocratico
del libro e della scrittura e la sozzura della bottega, e l’idea rinascimentale
del libro a stampa che non lo considera affatto oggetto culturale marginale pur
mettendolo in vendita, ma che piuttosto lo pone a fondamento della cultura
moderna e che arriva vigoroso fino ai nostri giorni. Gli artefici di questa
cultura del libro sono stampatori come Aldo Manuzio, intellettuali e poeti come
Pietro Bembo e Baldesar Castiglione, uomini di gran cultura che hanno contribuito
molto alla modernità europea e della lingua italiana.
Il libro moderno, a stampa, resta per il da Strada un
oggetto quasi blasfemo, in vendita a poco prezzo, disponibile a chi può
permetterselo, agghindato con seducenti rilegature che attirano l’attenzione
degli acquirenti. Il paragone con la meretrix,
la scrittura-prostituta svenduta e snaturata, senza valore e senza rispetto, è
evidente.
Il domenicano usa i suoi componimenti a introduzione di
illustri manoscritti destinati a nobili veneziani proprio per sensibilizzare
gli altolocati lettori sul degrado a cui la parola stava andando incontro. «Se
vuoi» scrive al doge «schiaccia gli stampatori». Vivendo il tempo in cui una
tecnica minava le sue certezze professionali e culturali, non può far altro che
chiedere sostegno istituzionale alla sua lotta contro il tempo, l’innovazione e
un nuovo artigianato letterario.
Una lettura stimolante che suscita molte domande e che
magari ci lascia comprendere meglio anche il nostro presente culturale ed editoriale.
Ad esempio potremmo chiederci quale rapporto ci sia tra l’artigianato di un
amanuense e lo stampatore, tra i redattori e stampatori delle industrie
editoriali dall’800 ai nostri giorni e i programmatori dell’editoria digitale. E
quindi come è cambiato l’artigianato librario della progettazione e
riproduzione nel corso dei secoli.