Antonio e le cose dei grandi
di Angelo Petrosino
Edizioni Sonda, 2013
pp. 206
Sono passati pochi mesi, ma sono sorpreso anch'io di come il tempo sia volato via... A grande richiesta, forte degli ottimi riscontri ottenuti con "Ciao, io mi chiamo Antonio" (vedi recensione), Angelo Petrosino ha confezionato un sequel non meno accattivante dell'opera prima.
E' di fatto trascorsa solo una manciata di mesi, ma Antonio è cresciuto e maturato. Come dice suo padre: A volte ci vuole poco per crescere in fretta. Basta fare le esperienze giuste.
La prima svolta importante e decisiva coincide per la verità con una tappa obbligata per la stragrande maggioranza dei ragazzi che stanno per compiere undici anni o che li hanno già compiuti. Sappiamo infatti che il conseguimento della licenza elementare sancisce simbolicamente la fine dell'infanzia e il traghettamento ufficiale nell'adolescenza, una fase più composita e delicata che trova una sorta di rimando speculare in un percorso di studi certamente più impegnativo rispetto al quinquennio del primo ciclo di istruzione. Per il momento, comunque, la scuola media è solo un appuntamento rinviato di qualche mese.
A poche settimane dalla fine dell'anno scolastico e dagli esami per il conseguimento della licenza elementare, la maestra Claudia e i "vecchi" compagni di classe hanno sempre un ruolo preponderante nella realtà di Antonio. Non manca neppure Riccardo (molti di voi lo ricorderanno senz'altro), suo compagno di banco e di scorribande, sempre pronto a escogitare nuove avventure in cui coinvolgerlo quasi suo malgrado poiché l'irruenza dell'uno si stempera sovente nella pacata riflessività dell'altro, con gran tripudio della stessa madre di Riccardo, convinta che Antonio possa agire da freno nei confronti del figlio, aiutandolo a stare in carreggiata. Il povero Riccardo, che intercetta quasi per caso queste parole, sarebbe tentato di rompere l'amicizia con Antonio, temendo di contagiarlo con la sua verve scapestrata, ma viene prontamente dissuaso da quest'ultimo con un abbraccio spontaneo che dissipa sul nascere ogni ombra. A quasi undici anni, vanno delineandosi con maggior nitore quelle caratteristiche che ci hanno permesso di affezionarci a questo bambino reso ancor più speciale dalla sua capacità di esprimere un florilegio di doti pressoché in via di estinzione come se si trattasse della cosa più naturale di questo mondo: è intelligente ma non saccente, né tanto meno nutre complessi di inferiorità a causa della dislessia che, per inciso, non gli impedisce di avere un ottimo rendimento scolastico; è dotato di un forte autocontrollo, che un giudizio affrettato e superficiale potrebbe tacciare di eccessiva prudenza e pavidità; è educato, paziente, tollerante e pronto a non fare sfoggio delle sue conoscenze per non mortificare chi ne sa meno di lui, come quando finge di non conoscere Dante Alighieri e La Divina Commedia per risparmiare una figuraccia a Riccardo, totalmente ignaro del passaggio del Sommo Poeta sul nostro pianeta e del solco indelebile che ha lasciato nella nascita della lingua italiana.
A poche settimane dalla fine dell'anno scolastico e dagli esami per il conseguimento della licenza elementare, la maestra Claudia e i "vecchi" compagni di classe hanno sempre un ruolo preponderante nella realtà di Antonio. Non manca neppure Riccardo (molti di voi lo ricorderanno senz'altro), suo compagno di banco e di scorribande, sempre pronto a escogitare nuove avventure in cui coinvolgerlo quasi suo malgrado poiché l'irruenza dell'uno si stempera sovente nella pacata riflessività dell'altro, con gran tripudio della stessa madre di Riccardo, convinta che Antonio possa agire da freno nei confronti del figlio, aiutandolo a stare in carreggiata. Il povero Riccardo, che intercetta quasi per caso queste parole, sarebbe tentato di rompere l'amicizia con Antonio, temendo di contagiarlo con la sua verve scapestrata, ma viene prontamente dissuaso da quest'ultimo con un abbraccio spontaneo che dissipa sul nascere ogni ombra. A quasi undici anni, vanno delineandosi con maggior nitore quelle caratteristiche che ci hanno permesso di affezionarci a questo bambino reso ancor più speciale dalla sua capacità di esprimere un florilegio di doti pressoché in via di estinzione come se si trattasse della cosa più naturale di questo mondo: è intelligente ma non saccente, né tanto meno nutre complessi di inferiorità a causa della dislessia che, per inciso, non gli impedisce di avere un ottimo rendimento scolastico; è dotato di un forte autocontrollo, che un giudizio affrettato e superficiale potrebbe tacciare di eccessiva prudenza e pavidità; è educato, paziente, tollerante e pronto a non fare sfoggio delle sue conoscenze per non mortificare chi ne sa meno di lui, come quando finge di non conoscere Dante Alighieri e La Divina Commedia per risparmiare una figuraccia a Riccardo, totalmente ignaro del passaggio del Sommo Poeta sul nostro pianeta e del solco indelebile che ha lasciato nella nascita della lingua italiana.
Qualcuno potrebbe sentirsi autorizzato a pensare che Antonio sia un figlio d'altri tempi, con un fardello di valori un po' datati che rischiano di renderlo inviso ai suoi coetanei e all'universo circostante. In realtà, è vero il contrario, forse proprio grazie a quella normalità che gli impedisce di issarsi su un piedistallo o di autoflagellarsi con eventuali complessi di inferiorità o schemi mentali da "vittima incompresa". Antonio è dotato di un acuto spirito di osservazione, certamente mutuato dall'esempio del padre, uno scrittore di libri per ragazzi che, oltre a inculcargli l'amore per lo studio e le buone letture, gli ha trasmesso il senso dell'alterità in netta controtendenza con un certo delirio autocelebrativo ormai sdoganato a tutti gli effetti come un orpello irrinunciabile delle interazioni del Terzo Millennio. Ciononostante, l'impermeabilità di Antonio agli strali del narcisismo patologico verrà messa a dura prova durante le vacanze estive, che il nostro eroe trascorrerà in Val d'Aosta con i genitori ma senza Erica, l'amata-odiata sorella maggiore ormai "neutralizzata" anche grazie al trasloco in un appartamento più grande che libererà i due fratelli dall'incubo di dover condividere la stessa stanza. Una degna sostituta di Erica lo attende comunque al varco per regalargli una vacanza certamente indimenticabile; trattasi di Ingrid, un'undicenne allampanata a cui è stato affibbiato non a caso il soprannome di piccolo tornado. Questa ragazzina rappresenta una sorta di allegoria del delirio narcisistico estremizzata al punto da rasentare il grottesco. Non appena intravede Antonio, lo investe letteralmente con una raffica di domande con tanto di minaccia finale: Chi sei? Come ti chiami? Quando sei arrivato? Rispondimi subito e dimmi la verità, sennò ti lavo. Ben presto, scopriamo che questa sete di verità scaturisce da un bisogno spasmodico di avere la situazione sotto controllo e dal timore che qualcuno possa averla messa in cattiva luce. Ed ecco un nuovo sciabordio di domande ai limiti della psicosi: Qualcuno ha sparlato di me? Qualcuno ti ha raccontato frottole? Chi è stato? Questo è un albergo di spioni.
Forse stupita dall'atteggiamento paziente e gentile di Antonio, poiché - come possiamo certamente immaginare - la gente tende a rifuggirla come la peste dopo averla presa a male parole, Ingrid gli sta addosso e lo provoca per sondare le sue reali intenzioni e smascherare la sua "vera" natura. La ragazzina lo stuzzica definendolo un pappamolle se declina il suo invito ad unirsi alle sue scorribande. Poiché il ragazzino non fa un plissé, Ingrid definisce insipida la di lui madre, "rea" di avere un'indole pacata e normale.
Con il trascorrere dei giorni, Ingrid non manca di vantarsi a gran voce di tutte le sue doti, vere o presunte, come quella di diagnosticare a colpo sicuro la presenza di una carie (grazie agli insegnamenti del padre dentista), di conoscere l'inglese alla perfezione e di essere perfino sensitiva. Antonio non reagisce mai con rabbia o insofferenza, eppure riesce a tenerle testa dicendole il fatto suo con l'aplomb che ben conosciamo. A nulla servono le minacce e gli strepiti di Ingrid: Antonio non si scompone, in parte anche perché ha riflettuto sulle parole che gli hanno detto i suoi genitori a proposito di questa ragazzina, il cui odioso egocentrismo affonda le radici nella solitudine e in un disperato bisogno di essere notata anche a costo di rendersi detestabile o ridicola, come quando invita perentoriamente Antonio a diventare il suo sesto fidanzato (leggi: da frequentare in contemporanea agli altri cinque già in carica).
Le vacanze sono finite e la parentesi con il piccolo tornado si chiude definitivamente. Ingrid impone ad Antonio di non far parola con nessuno della loro amicizia, poiché deve rimanere un loro segreto. Dal canto suo, il nostro eroe si guarda bene dall'infrangere la promessa, non certo per amor di correttezza bensì perché si vergognerebbe all'idea di rivelare ai suoi amici di aver trascorso le vacanze a stretto contatto di un simile personaggio. Cosa direbbe Riccardo? E, soprattutto, come la prenderebbe Margherita, dolce, sensibile e riservata, con cui sta nascendo un'amicizia speciale? Di certo, non vale la pena rovinare tutto per un'esperienza che, a conti fatti, è ben felice di essersi lasciato definitivamente alle spalle.
Ciò che davvero lo tormenta, è il pensiero che, alla scuola media, i professori possano scambiare la sua dislessia per una forma di distrazione o - peggio - di indolenza, e che i compagni di classe lo prendano in giro.
Ma noi, esattamente come i suoi genitori e le tante persone che gli vogliono bene, siamo certi che, ancora una volta, Antonio saprà dimostrarsi più intelligente di loro.
Anche Antonio e le cose dei grandi è composto da dodici capitoli, ognuno dei quali è preceduto da una sintesi di due o tre pagine di fumetti in bianco e nero sapientemente realizzati da Laura Stroppi. E naturalmente, per favorire i bambini (e gli adulti) che, come Antonio, soffrono di dislessia, è stato utilizzato un font ad alta leggibilità.
Cristina Luisa Coronelli