Festina
Lente, Taccuini 1993-2007
di Sandro Naglia
Tabula Fati, 2011
pp. 91
di Sandro Naglia
Tabula Fati, 2011
pp. 91
Dovrei sempre tenere a mente di essere un privilegiato, che ha avuto la fortuna di fare, nella vita, il lavoro che desiderava. Di più: di riuscire a vivere facendo l’artista, e persino di essere (nei miei limiti) riconosciuto come tale. Il passato, le cose fatte, dovrebbero essere accettate per quelle che sono, senza divenire un termine di paragone – positivo o negativo che sia – per la mia vita e la mia attività di adesso. Dovrei badare alla sostanza di ciò che faccio. La mia ricerca spirituale, tenace e zoppicante al tempo stesso, dovrebbe ormai saldarsi con quello che faccio, e infine ciò che cerco dovrebbe divenire (o scoprirsi come) un unico obiettivo esistenziale. [1]
I taccuini attraverso
cui Sandro Naglia (apprezzato cantante lirico e direttore d’orchestra) dialoga
con i lettori, rappresentano più di una raccolta di riflessioni, abbozzi,
schizzi, idee a cui è stato prevalentemente associato il genere. Si tratta
invece di una voluta scelta di annotazioni che costituiscono, nell’insieme, un
ritratto, seppur sintetico, della fase consapevolmente matura, dell’autore in
cui convergono alcuni elementi che rappresentano un leit motiv della sua
formazione, oltre che artistica, essenzialmente umana. Della quotidianità
vissuta dall’autore, assai ricca di interessi letterari, culturali e artistici,
cogliamo infatti il desiderio di mettere qualche punto fermo che delinea (in
modo implicito) alcuni lati della sua personalità:
Devo studiare e lavorare perseguendo mete che probabilmente non raggiungerò mai, ma il solo fatto di perseguirle può forse creare qualcosa che trasmetta un’emozione agli altri.[…]1. Caratteristica principale del mio carattere. Positività . 2 Qualità che preferisco nell’uomo. Chiarezza 3. Qualità che preferisco in una donna. Dolcezza. 4. Il mio difetto principale. Presunzione. 5. Attività preferita nei miei momenti liberi. Leggere. 6. Il mio sogno nel cassetto. Girare un film. 7. Il mio sogno in generale. Essere un bravo artista 8. La volta che sono stato più felice. Quando ogni cosa che mi circonda sembra avere un senso (mi succede, talvolta). I miei scrittori preferiti – Duras, Tabucchi, Chatwin, …Pessoa, Joyce, Thomas Mann...Montale, Shakespeare, Dante…10. Gli eroi letterari che preferisco. Ulisse (in tutte le sue versioni) Aschenbach e Kröger di Thomas Mann…[2]
L’interrogarsi costantemente sul valore e sulla ricerca
della propria autoaffermazione a che cosa possono portare? Se con tutta
evidenza in alcuni frangenti degli appunti collocati in forma diaristica l’autore
indulge verso un auspicabile cambiamento, voluto, cercato, ma anche
inaspettatamente colto, altre riflessioni (attinte da un intervento di Leo de
Berardinis) invece fanno intendere come l’imprevedibilità della vita imponga
anche un’assenza di attese.
Bisogna azzerare tutto. E non fare niente, si potrebbe dire con un paradosso. Se poi le cose avvengono, che siano le più benvenute, nessuno si oppone. Ma non aspettarsi assolutamente niente e fare, comunque.[…] Ma questo deserto rappresenta la condizione ideale per ripartire da capo, in modo molto più disincantato. Non vuol dire non avere più quella stessa propulsione attiva nella società, significa non aspettarsi automaticamente qualcosa, un pensiero, non meccanicistico, ma dinamico.[3]
Attraverso le riflessioni ripercorriamo alcuni luoghi
simbolo, particolarmente amati o al contrario nettamente rifiutati dallo
scrittore, tracce le cui coordinate si espandono oltre i confini nazionali:
città italiane, quali Mantova, Roma, Reggio Emilia, Bologna, ed estere, in
particolare Bruxelles, Edimburgo, Lugano, Strasburgo, Parigi, Montpellier,
Madrid e, fra tutte, Los Angeles e New
York, si stagliano vivamente negli appunti di diario. Della grande metropoli
statunitense lo affascinano più che lo scintillio dei grattacieli, i “colori”
multietnici, la fauna, la natura dei parchi, la varietà dei quartieri
facilmente percorribili, ma soprattutto l’odore che viene percepito ovunque, in
un connubio attrattivo molto forte, un “melange dolciastro e sorprendentemente
gradevole:”
New York mi piace moltissimo. […] È una città che l’immaginario rende già conosciuta: passeggiando ho continuamente la sensazione di essere già stato nei luoghi che attraverso, o di trovarmi in un film di Woody Allen, di Spike Lee o di Abel Ferrara, a seconda dei casi […] la ragazza che cammina davanti a me è una afroispanicorientalamericana. È bellissima. A New York le ragazze di cui incrocio lo sguardo non abbassano gli occhi, ma contraccambiano l’occhiata con una sorta di sfrontatezza divertita. “New York è la città dei singles, diceva ieri qualcuno. L’odore di New York. Una sorta di odore di fondo che senti ovunque, fatto di smog e di puzza di fritto, in un mélange dolciastro alla fin fine neanche troppo sgradevole.[4]
Ci sembra in
sintesi che anche per Sandro Naglia la funzione fondante della sua scrittura,
come suggeriva Meneghello nel saggio L’esperienza
e la scrittura,[5] sia preservare qualcosa del senso delle nostre
esperienze. Una scrittura
a frammenti come indagine interiore conoscitiva tra realtà, letteratura, lingua
e soprattutto esperienza. L’opera rappresenta
quindi lo specchio di una fase esistenziale, a tratti anche inquieta: euforie,
disincanti, speranze, depressioni, progetti, nostalgie, sentimenti di pietà, di
odio ma anche di ammirazione e di stupore per la vita:
Non hai più nulla da dover dimostrare né a te stesso né agli altri. Puoi vivere nella pienezza del tuo essere, qualora tu ci riesca come ci riesci a volte per brevi periodi. […] In fondo, per quanto si possa essere liberi in questo mondo e in questa società, sei una persona e uno spirito liberi. Allora vivi e continui a lottare.[6]
Mariangela Lando