Il corvo di pietra
di Marco Steiner
Sellerio, 2014
pp. 194
Per gli amanti di Hugo Pratt e della sua creatura più famosa, al limite fra un riuscito personaggio salgariano e lo stesso alter ego dell’artista, ovvero Corto Maltese, c’è in giro un autentico gioiello pubblicato da una casa editrice che di gioielli se ne intende.
La siciliana Sellerio non poteva non vantare nel suo catalogo un libro che trasuda sicilianità, la fa toccare, risveglia appetiti all’ombra dell’Etna e del barocco trionfante della valle Iblea. Perché in questo romanzo, che narra la prima vera avventura di Corto Maltese, un Corto 14enne in compagnia di alcuni amici, la vera protagonista è proprio l’isola, antica quanto l’infanzia del mondo, gravida di colori, chiaroscuri, durezza, sapori, secoli, tradizioni, leggende. C’è un tesoro, un immancabile tesoro, da scoprire, nascosto in una grotta, apparteneva a una famiglia potente nel medioevo ma sterminata in una delle innumerevoli faide che insanguinarono l’isola per motivi dinastici. Una strana accozzaglia di personaggi si mette alla ricerca.
Questa arcaicità siciliana, da assaporare grazie agli ingredienti che l’ultimo discendente usa per cucinare piatti meravigliosi, non poteva che sfociare in un custode mostruoso di questo tesoro: la Chimera. La figura mitologica più lontana nel tempo, pochi versi nell’Iliade ma sufficienti a ricordare che terrorizzava l’intera Lidia, l’attuale Turchia. Venne riprodotta in raffinati bronzi dagli etruschi e uccisa da Bellerofonte con uno stratagemma che solo un semidio poteva ingegnare.
Marco Steiner ha avuto la fortuna di conoscere Hugo Pratt e lavorare con lui, era il suo uomo di fiducia, ne ha perfino terminato l’ultimo romanzo incompiuto. La simbiosi più forte con questo maestro della “letteratura disegnata”, che aveva rivendicato il desiderio di essere inutile nel suo libro-intervista-testamento con Dominique Petitfaux e Bruno Lagrange - a proposito di gioielli questo volume edito da Lizard del 1996 è una cosa imperdibile - emerge nella parte veneziana della presente storia. Qui, Corto e il suo amico Bertram sono alla Giudecca per incontrare il vecchio rabbi Melchisedec dal quale sperano di avere una dritta per piazzare uno strano oggetto che hanno trafugato. L’atmosfera è quella vissuta da Corto adulto in Corte sconta detta Arcana, una Venezia porta d’oriente dove la mistica ebraica e la cabala proiettano verso orizzonti ancor più smisurati e… arcani di quanto già le vicende della città lagunare non possano vantare.
C’è questo tratto in Hugo Pratt, sempre, di profonda simbiosi con l’ebraismo meno ortodosso, gli apocrifi come il Libro di Enoch, Maimonide e il Golem, l’ebraismo spurio del sud della Spagna, Cordoba, Granada, Siviglia, di Alessandria d’Egitto, di Istanbul, di Praga, l’ebraismo attento all’islam, specialmente al sufismo, alla filosofia greca, al cristianesimo eretico e gnostico. Ma per Hugo Pratt rivolgersi alle culture misteriche, esoteriche, massoniche, non era un approccio tipo Dan Brown o i libri segreti di Dante. Era un’attenzione seria, filologicamente inattaccabile, fatta di studi e viaggi, delle due cose assieme. Supportata da collaboratori come Marco Steiner che per dare realtà alle vicende di Corto non lesinava volumi.
Ma allora chi è Corto Maltese? “Il corvo di pietra” si affida molto al non-detto, non racconta espressamente del suo primo vagito, del dove e del quando lo abbia emesso, non fa nomi di padri e madri, non cita mangiatoie, buoi o asinelli. Accenna. Intanto di Corto Maltese si coglie che è nato nel 1888 perché quando è ambientato questo libro accade un fatto reale come la rovinosa alluvione di Modica del 1902. Oppure potrebbe ancora compiere 15 anni e allora la data di nascita è il 1887, ma dopo il 26 settembre, giorno del disastro che investì la città siciliana.
Il padre è di Tintagel, villaggio della costa atlantica della Cornovaglia associato a Re Artù e ai cavalieri della tavola rotonda. Poteva essere altrimenti? «Ruvido e rosso come uno sparviero dalle penne arruffate», ha lavorato per la Compagnie delle Indie e ora contrabbanda merci e armi a favore dei repubblicani irlandesi. Ha una certa età: «la fronte era segnata di rughe». Insomma: un lupo di mare di tutto rispetto.
Nelle sue peregrinazioni - un po’ come la canzone di Lucio Dalla, 4/3/43, «Dice che era un bell’uomo e veniva dal mare…» - si è fermato a Malta, estremo rifugio di quei cavalieri che prima hanno difeso il Santo Sepolcro, poi Cipro, poi Rodi infine le roccaforti del piccolo arcipelago nel cuore del Mediterraneo. Qui ha incrociato una donna stupenda, zingara e puttana andalusa capace di leggere le carte e la mano.
A proposito di mani, lo sappiamo dalle tante storie e romanzi lasciati da Hugo, Corto Maltese nasce privo della linea della fortuna lungo la sua mano sinistra. Ciò che per la madre rappresenta una grave disgrazia, viene risolto da Corto in maniera… artigianale: con un coltello ben affilato il ragazzo si disegna una profonda cicatrice nel palmo, quasi a volere sfidare il destino. Alla cabala è iniziato fin da piccolo dalla madre gitana e per questo, appena adolescente, si muove a suo agio alla Giudecca ed è ricevuto, lo abbiamo sopra accennato, da un grande esperto come Melchisedec e ci dialoga quasi fosse il Cristo fra i saggi del tempio. Ma qui mi sto spingendo troppo avanti. Che a forza di Salgari, Pratt e Corto mi sia lasciato suggestionare dalla fantasia?
Marco Caneschi
Marco Caneschi
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