Da qualche mese lo scrittore Michele Marziani dirige le collane Officina Marziani e Oceania per la neonata - ma già lanciatissima - casa editrice AT Editore.
Ho fatto una chiacchierata con Michele per conoscere meglio questa nuova realtà.
A quel che mi risulta, è la prima volta che dirigi delle collane editoriali. Come mai la decisione di imbarcarti in un'avventura stimolante ma decisamente impegnativa?
È una scommessa. Un gioco, molto serio, ma pur sempre un gioco. Il pensare che hai sempre qualcosa di nuovo da fare, da progettare, da scoprire.
È stato l'editore, Antonio Tombolini a cui sono legato da una lunga amicizia, a propormi la direzione di una collana di narrativa. Ci ho pensato e mi sono detto: perché no?
Mi affascinava soprattutto l'idea del digitale, perché azzera le barriere fisiche del mercato del libro: puoi portare la lingua italiana in tutto il mondo dove ci sono persone che leggono l'italiano. Puoi fare arrivare letteratura contemporanea, scrittura fresca, nuove voci.
Poi puoi avere a che fare con pubblici che fanno a meno dei libri ma non possono prescindere dalle storie. Se è vero, come dice Jonathan Gottschall ne "L'istinto di narrare", che nessun altro animale dipende dalla narrazione quanto l’essere umano, la scommessa di una narrativa a orientamento soprattutto digitale non è quella di arrivare ai lettori che vanno ogni settimana il libreria, ma a quel pubblico immenso di persone che non leggono libri ma hanno comunque bisogno di storie. È come andare casa per casa, solo che non si bussa alle porte ma agli smartphone, ai tablet, ai computer, agli ereader e si dice: guarda, ho una storia, una bella storia, da raccontare.
Officina Marziani propone narrativa italiana contemporanea mentre Oceania letteratura nata in altri paese. Ci racconti quali sono i caratteri salienti dei libri che verranno proposti dalle due collane?
Solo narrativa scritta in lingua italiana. Autori capaci, noti o esordienti, gente che sa prima di tutto scrivere, maneggiare la penna, limare la parola. E lo fa per raccontare storie che quando arrivano a noi lettori ci vivono dentro, non ci lasciano indifferenti, ci fanno compagnia sul metro, in treno, in una qualunque sala di attesa, ci consolano nelle veglie in ospedale, ci ridanno fiducia nella vita, ci fanno arrabbiare e gridare “no, io non sarò mai così...” Grande attenzione poi, all'interno di Oceania, alle lingue italiane nate all'estero, fuori dall'Italia, coltivate in altre culture, in altri luoghi.
Predilezione assoluta per le raccolte di racconti: le short story sono elementi più difficili, banco di prova per scrittori raffinati, non hanno il tempo e l'indulgenza del romanzo, ma sono scritture che si adattano al nostro tempo. Il Nobel ad Alice Munro ne è senz'altro una conferma. In Italia i racconti non vanno, nel senso che gli editori non li pubblicano. Vorrei al contrario che le mie collane si caratterizzassero per i racconti, proposti non uno alla volta, mordi e fuggi, ma in raccolte organiche.
Antonio Tombolini Editore al momento pubblica solo in digitale. Come mai questa scelta? Quali sono secondo te i vantaggi del digitale sul cartaceo (se ritieni che ce ne siano)? Si prevedono anche pubblicazioni in cartaceo per le due collane?
Antonio Tombolini Editore è una costola di Simplicissimus Book Farm, sicuramente la più importante società di editoria digitale in Italia. La scelta del digitale, dell'ebook è quindi evidente. Da questo punto di vista però l'editore non ha pregiudizi, non si pone limiti: si parte col digitale e poi, se l'ebook ha successo, si può anche prendere in considerazione il cartaceo. Personalmente di questa avventura mi interessa solo il digitale, cioè esplorare questa immensa prateria che è la rete cercando all'interno dei lettori veri, autentici, per certi versi nuovi. Da parte mia ci metto tutto l'impegno per offrire belle storie da leggere.
Quando valuti un testo inedito per stabilire se è adatto alle due collane che criteri usi? Applicheresti criteri diversi se dovessi selezionare un testo da pubblicare in cartaceo?
Onestamente non credo all'approccio “marketing oriented” né a quello narratologico. Ovvero non sceglierei mai un libro perché ha le caratteristiche per “funzionare”, per vendere sul mercato. Lo fanno già gli editori tradizionali e molto spesso sbagliano e le cose che pensano che funzionino sono molte volte dei buchi nell'acqua.
Per me un testo va bene solo se è autentico, se dentro scorgo il desiderio di raccontare, di mettersi in gioco, di essere scrittori a qualunque costo, non per compiacere il lettore, ma per rispondere a qualcosa che si ha dentro, alla quale non si può dire di no. Un libro autentico ha, secondo me, più possibilità di parlare al lettore di un libro ben costruito secondo quello che (forse) chiede il mercato.
Leggo in modo un po' animalesco, da segugio, e d'istinto decido: quello che mi arriva dentro, nello stomaco o nell'anima, è buono.
In un'altra vita mi sono occupato a lungo anche di vino e andavo a quelle degustazioni noiose dove la gente parla di nuance, sentori, retrogusto e altre cose simili che stanno a un vino come la narratologia sta a una storia. Se un vino è buono svetta tra gli altri e se ne frega di nuance, profumi e sentori, anzi, si vanta pure dei suoi difetti mentre con un sorso conquista il palato. Un libro è uguale. Li scelgo così. E chi dice che il mio gusto sia quello giusto? Nessuno, ovviamente. L'editore mi ha chiesto di farlo e io lo faccio. Anche questa è una scommessa.
Avete già un calendario completo di uscite per il 2014?
No, un calendario completo e organico no. Abbiamo preferito uscire per dire “ci siamo, guardateci” e poi andare avanti piano piano con la costruzione del catalogo che vorrebbe essere il nostro punto di forza: un ebook non va mai fuori catalogo. Per ogni lettore che lo incontra è sempre una “novità” questo è uno dei più importanti elementi di innovazione. Nessuno dovrà mai cacciare via un libro dagli scaffali per fare posto ad altri. Se saremo capaci di fare un bel catalogo di storie avremo una biblioteca capace di raccontare, di parlare all'anima, allo stomaco, alla spina dorsale del lettore.
Per ora abbiamo tre libri in catalogo e due in uscita e sappiamo che entro la fine dell'anno usciranno una decina di titoli per Officina Marziani e qualcuno in meno per Oceania. Ma essendo un work in progress tutto è possibile. Ovviamente nei limiti di tempo e impegno che la squadra di Simplicissimus e il sottoscritto riescono a mettere a disposizione di questo progetto.
La tua attività di direttore di collana quanto spazio "ruba" alla tua scrittura? Ritieni che venire a contatto con autori esordienti sia un aspetto interessante di questo lavoro? Cosa altro ritieni significativo o rilevante per te di questa esperienza?
No, non ruba niente alla mia scrittura, è un altro mestiere. Forse ruba qualcosa alla mia lettura, nel senso che mi avventuro più nell'ignoto che nella certezza dei classici ai quali negli ultimi anni ho preferito dedicarmi.
Per il resto sono uno che cerca di vivere con calma in un mondo che corre veloce. Per farlo, destino del tempo alla direzione delle collane e quando quel tempo finisce cerco di non farmi tirare per la giacchetta né dagli autori, né, soprattutto, dalle richieste della rete che è onnivora e vuole contenuti di cui cibarsi di continuo. Oltre alle ore che ho deciso di dedicare a questo lavoro non uso un minuto di più per occuparmene. Entro e esco da compatimenti stagni. Devo dire che ho imparato nel tempo a farlo con disinvoltura.
Credo che questa sia la scommessa: domare la rete e portarla ai tempi, decisamente più lenti, della lettura. In questo sono un sostenitore dello Slow Reading Manifesto che, non a caso, è un'iniziativa di Antonio Tombolini: www.slowreading.org
Poi non so se il contatto con autori nuovi, non necessariamente esordienti, sia interessante per il mio lavoro principale che è la scrittura. Lo è senz'altro dal punto di vista umano perché permette scambi e conoscenze altrimenti impensabili.
Se poi penso alla collana Oceania, alle persone che sto conoscendo nei dipartimenti di italianistica delle università di tutto il mondo, dentro agli istituti italiani di cultura, nelle redazioni dei giornali in lingua italiana, ai tanti scrittori spesso sconosciuti che vivono ai quattro angoli del pianeta coltivando una lingua a volte dimenticata... Beh, devo dire che sto vivendo un'esperienza unica, irripetibile, ricchissima sotto il profilo umano e culturale.
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