"I mercanti di stampe proibite" di Paolo Malaguti




I mercanti di stampe proibite
di Paolo Malaguti
Editrice Santi Quaranta, 2013

pp. 271


“Cosa cerchi in quest’angolo di mondo?”. Lo straniero guardò per un attimo con espressione attonita quello sconosciuto, non più tanto sicuro di aver fatto la scelta giusta, domandando a lui la direzione da prendere per arrivare alla sua destinazione. Insomma, quell’uomo aveva appena rimestato tra i morti come se nulla fosse, e ora gli parlava tranquillo, quasi allegro. Restava però il trascurabile vantaggio di aver trovato qualcuno con cui ci si poteva capire, e lo straniero decise di continuare a tentare la sorte “ Son vegnesto a incontrar, par conto del sior Luigi Bonnardel de Cadice, Jacopo Hiegra Salazar, mercante de libri e stampe de Santi dei Remondini da Bassan…ma no me credeva de trovar tali spettacoli, oltre oceano, altrimenti tornavo a baita!”.[1]


Il mondo borghese mercantile rappresentato in questo romanzo si differenzia molto da quello letterario  trecentesco. Le peregrinazioni frequenti contraddistinguono la vita, in particolare, della famiglia di Sebastiano Gecele e sono ambientate tra gli anni sessanta e settanta del Settecento.  Il commercio riguarda la produzione di preziose stampe popolari della famiglia Remondini di Bassano del Grappa e il viaggio itinerante coinvolge sia i territori montani del Trentino e del Veneto, tra valli e sentieri incontaminati, tra luoghi incantevoli e “teatri commerciali” di vita come la Val di Brenta e la Valsugana, sia luoghi extranazionali, in particolare spagnoli, come Cadice e Malaga.
Fino a qualche anno fa erano in pochi a conoscere i Remondini, in Spagna. Certo c’era chi, come te, girava per il Regno vendendo qualche stampa.[…] Quella stampa, nonostante le figure minute e l’immagine complessa, era colorata. Dominava l’azzurro tenue del cielo, il rosa delle nubi su cui i beati già godevano della Gloria Celeste e, in basso, il rossore delle fiamme infernali, e dei corpi dei satanassi  intenti a tormentare i dannati. Un Giudizio Universale, questa era stata la scelta del Bonnardel. Il soggetto andava più che bene, i messaggi raggiungevano l’obiettivo: le figure fittamente assiepate, in particolare le nudità scomposte delle anime all’inferno, avrebbero colpito e acceso l’immaginazione del popolo. I numerosi cartigli e le iscrizioni latine, dal canto loro, avrebbero appagato con un’essenziale catechesi i pochi acquirenti in grado di leggere.[2]

Il romanzo si snoda tra cultura, arte, storia e geografia linguistica in un curioso e quanto mai azzeccato connubio tra dialetto veneto-tesino e italiano colto. Sebastiano Gecele fa il pertegante, il forestiero per mestiere e ciò lo porterà in una condizione di viaggio perenne; pur fidanzato con Rosa, non disdice i piacevoli incontri ricchi di fascino femminile:
Poi Sebastiano, che non aveva ancora una posizione economica solida e doveva farsi le ossa, era ripartito per il giro, ma al capitello in fondo al paese, quel giorno a salutarlo, con la scusa che assieme a lui partiva anche il fratello, c’era la sua Rosa, che gli strinse la mano e gli augurò buon viaggio, aggiungendo che avrebbe pregato per lui. Fare il pertegante, specie se si ha meno di vent’anni e si è un bel toso, è un lavoro che va incontro, certo, a molti rischi e pericoli, ma lascia spazio a qualche lato piacevole: si viaggia infatti di paese in paese, di aia in aia, di casa in casa. Non è dunque raro incontrare donne giovani e belle che, specie nel mondo tedesco, sono più libere e disponibili agli approcci amorosi.[3]
Il mondo mercantile si caratterizza per i luoghi visitati, gli incontri fortuiti e per il variopinto andirivieni di merci e scambi, un universo che si amplia molto con il prosieguo del racconto accostato ad alcuni avvenimenti storici verosimili: dall’esilio dei gesuiti alla fine del XVIII secolo sotto il regno di Carlo III in Spagna, all’approdo del commercio in America latina. Tra i personaggi del romanzo si staglia la figura di Jacopo Hiegra Salazar:
 “E parché il nome Jacopo Hiegra Salazar?” “Ah beh” sorrise il sacerdote, “in effetti non è un nome come un altro. E non me lo sono scelto io. È stato l’Ordine ad assegnarmelo, come del resto ha scelto anche le altre identità dei miei confratelli clandestini, in Portogallo, Francia e nei domini spagnoli. Diciamo che è un modo per sapere subito, con un po’ più di certezza, se uno sconosciuto è un amico o un nemico: le iniziali del mio nome compongono il trigramma IHS, emblema dell’Ordine, C’è chi ha ricevuto un’identità come Jacopo Hiegra Salazar, o Julio Hernandez Shappiro, e chi invece è stato chiamato paolo Alvaro Cordoba, o Piero Antonio Contarini, sempre seguendo le iniziali del nostro motto: Perinde ac cadaver”.[4]
L’avventura romanzesca della famiglia di Sebastiano avrà il suo culmine proprio nella parte finale, quando toccherà al figlio Antonio, assieme al Grimo, la risoluzione di un’intricata vicenda carceraria. Una storia affascinante, ben scritta, che vede per protagonisti i piccoli mercanti girovaghi; una narrazione che, attraverso il mondo dei viandanti, restituisce anche tutta quella bellezza artistica e artigianale che ha da sempre reso il nostro paese orgoglioso delle proprie produzioni artistiche e che valorizza un mondo forse più silenzioso, più nascosto, ma assai produttivo e importante da un punto di vista commerciale, quello degli “umili”.

Mariangela Lando


[1] Paolo Malaguti, I mercanti di stampe proibite, cit., p. 18.
[2] Ivi, pp. 41-42.
[3] Ivi, p. 94.
[4] Ivi, p. 37.