di Edward Frederic Benson
Fazi Editore, 2014
pp. 276
€ 13
Gli anni Venti, la provincia inglese e la buona società, arguzia ed umorismo nel più tipico stile anglosassone: che gioia ritrovare in libreria la serie di E. F. Benson! Con Lucia a Londra, la casa editrice Fazi ristampa il secondo volume delle avventure di Lucia, la celebre eroina creata da Benson, e troppo a lungo finita nel dimenticatoio nello sterminato marasma dell’editoria italiana.
Una copertina bellissima e volutamente vintage che immediatamente conduce il lettore nel cuore dell’epoca in cui la storia è ambientata e che dopo appena un paio di pagine riesce a stregarlo completamente: noi lettori di oggi proviamo lo stesso piacere che non fatichiamo ad immaginare abbiano suscitato le avventure della nostra eroina nel pubblico del 1927 quando il romanzo uscì per la prima volta in Inghilterra, così come aveva affascinato i lettori italiani nella prima traduzione di questo volume alla fine degli anni Novanta, sempre per Fazi editore.
La grazia, l’ironia, la perfetta ricostruzione dell’epoca e della società, la spensierata ma tutt’altro che volgare comicità, rendono le storie di Benson piccoli capolavori del genere capaci senza dubbio di superare la prova del tempo - come solo i classici sanno fare- e divertire oggi come ieri senza essere banale, ma regalando piacevoli ore in compagnia di personaggi stravaganti e determinati che sicuramente siamo ansiosi di ritrovare presto in nuove avventure. Certo, la scelta di ristampare la serie partendo non dal primo romanzo ma dal secondo lascia un po’ perplessi, ma confidiamo che la casa editrice italiana porti presto in libreria tutte le avventure di Lucia e della sua cerchia per godere ancora della compagnia di così unici e imprevedibili amici!
Per il momento quindi soffermiamoci su questo secondo volume: protagonista assoluta della storia basta un attimo a comprenderlo è ovviamente Lucia, regina benevola e tiranna insieme della cittadina di Riseholme, provincia di Londra, circondata come ogni monarca degno di questo titolo da una ristretta cerchia di fedeli con cui trascorrere le giornate tra pranzi, tè, concerti privati e pettegolezzi. Soprattutto pettegolezzi. Perché al centro di questo piccolo spaccato di mondo c’è sempre quel chiacchiericcio tra vicini, in continua oscillazione tra l’ammirazione più devota per la sovrana Lucia e il compiacimento quando per un attimo ne colgono debolezze e tentennamenti. E in questa campagna inglese dove vive nell’ozio una borghesia di mezza età, le giornate scorrono lente e ogni minimo cambiamento o novità porta con sé un’eccitazione imprevista. Che gran turbamento quindi per la tranquilla comunità di Riseholme scoprire che i Lucas – Lucia e suo marito Philip, da lei affettuosamente chiamato Pepino- sono gli unici eredi di una vecchia ricca zia! Il paese freme e fa congetture sulla straordinaria eredità che potrebbe toccare ai Lucas, e Lucia, con la maestria di un regista esperto nel dirigere i propri attori, si gode anche questa occasione di attenzione facendo vaghi accenni al grande cambiamento che di lì a poco la vedrà protagonista, fino a rivelare – in assoluta confidenza all’amico Georgie, a cui “intima” di non far parola con nessuno- l’entità del lascito della cara zia defunta e la decisione presa: lasciare l’oziosa Riseholde per trasferirsi a Londra, centro culturale e palcoscenico prediletto della buona società che la signora Lucas si è ripromessa di conquistare.
La cerchia di Lucia è alquanto scossa dalla notizia dell’imminente trasferimento in città:
Era sempre tornata dalle sue visite a quel luogo così provinciale, che veniva incredibilmente considerato come il centro della vita della nazione, stomacata dalla sua attività fasulla e vana, dalla sua vernice di cultura, dalla sua rabbia pseudo ateniese per ogni cosa nuova. […] E ora, nel momento in cui la morte della zia aveva fornito a lei e a Pepino i mezzi per vivere nell’insignificante formicaio sul bordo del Tamigi, voltavano le spalle a tutto quello che fino ad allora aveva reso possibile un’esistenza così splendida e seria, e si stavano allenando, proprio allenando, alle frivolezze, esercitandosi con Stravinskij, il bridge e le parole crociate.
Così, dall’oggi al domani, i Lucas lasciano la tranquillità della campagna per trasferirsi nella zona più esclusiva di Londra da cui Lucia progetta di conquistare l’alta società. E mentre con fatica tenta la sua scalata sociale, il fantasma della sua sovrana lontana non abbandona mai del tutto la tranquilla Riseholme e Lucia rimane suo malgrado protagonista nella vita degli amici rimasti in provincia. Profondamente colpiti dalla repentina partenza dei Lucas, la cerchia di fedeli si ritrova ad apprendere notizie sulla sfavillante ascesa sociale della propria eroina dalle pagine del giornale su cui la giornalista Hermione riversa fiumi di inchiostro sulla nuova stella appena arrivata in città.
Si era strappata dalla tranquilla e colta vita di Riseholme per andare nel mondo febbrile e frenetico, e già stava lasciando il suo splendido segno. Per quanto avrebbe potuto essere stata lei a suggerire a Hermione cosa scrivere su quegli articoli di moda, (e chi conosceva Lucia sapeva trarre le conclusioni più giuste), comunque Hermione l’aveva poi scritto, e ora il pubblico sapeva quanto intelligente e bellissima fosse Lucia, e che casa meravigliosa avesse. La sera del suo arrivo era stata invitata a un ricevimento superbo, e da allora era stata presentata a corte. Tutto ciò, se visto senza pregiudizi, rifletteva gloria su Riseholme, e se da una parte non era possibile non vergognarsi per lei, sotto altri punti di vista non era possibile non sentirsene fieri. Era andata, e ancor prima di aver visto, stava vincendo.
Eppure, dall’orgoglio per la propria concittadina che si fa strada tra l’alta società londinese, Georgie e la vecchia cerchia di conoscenze di Lucia passano presto ad un acuto risentimento quando, tornata per una breve visita insieme a nuovi altolocati amici, la signora Lucas ignora completamente i vecchi compagni rivelando più chiaramente che mai la natura snob ed arrivista del suo carattere. Riseholme non perdona facilmente e mentre cerca nuovi passatempi con cui trascorrere le giornate – uno su tutti, la planchette per mezzo della quale un vecchio spirito egiziano suggerisce l’idea di mettere su un museo cittadino dove raccogliere “interessanti” reperti- assiste con per nulla celata soddisfazione agli sforzi di Lucia a Londra che non sembra dopotutto riuscire più di tanto nella sua scalata sociale. E noi lettori assistiamo alle sue avventure tragicomiche da due punti di vista e due luoghi in fondo non troppo differenti, ridiamo delle gaffe della signora Lucas e insieme delle stravaganze di un mondo perduto ma ancora pieno di fascino. Benson è un maestro nel costruire una storia il cui umorismo arguto e il ritratto ironico e puntuale della buona società del tempo non solo non sono stati scalfiti dall’incedere del tempo, ma sono i cardini di un romanzo godibilissimo in qualunque momento e luogo: assaporiamo le avventure di Lucia e dei suoi amici/nemici distesi sotto il sole di questa pazza estate, con lo stesso piacere con cui ci immaginiamo lettori tra qualche mese ad autunno inoltrato mentre sorseggiamo un’appropriata tazza di buon tè – inglese, ovviamente-, fuori le nuvole e la monotonia delle giornate buie scacciate dal godimento di una storia leggera senza essere mai banale.
Non sorprende che Benson sia stato più volte associato al celebre Wodehouse, maestro riconosciuto del romanzo umoristico inglese del secolo scorso, e per limitarci solo a questo capitolo delle avventure di Lucia notiamo già in quest’unico lavoro quella vena ironica tipicamente inglese che abbiamo imparato ad apprezzare dal sopracitato Wodehouse, passando per Jerome fino a Tom Sharpe, solo per fare pochi nomi. In questo romanzo di Benson le avventure londinesi di Lucia ci strappano più di un sorriso, mentre assistiamo agli sforzi della nostra eroina nel tentativo di diventare ancora una volta la sovrana incontrastata del microcosmo in cui si muove: ridiamo del suo arrancare tra principesse che la ignorano, vecchie amiche meglio inserite nel bel mondo e non troppo disposte a dividere la scena – dopotutto parliamo di una primadonna come la cantante lirica Olga, amica e in fondo in fondo un poco rivale della signora Lucas con cui si contende lo scettro del potere a Riseholme-, finti amanti e giornalisti che si firmano con nomi femminili, inviti mancati, artisti stravaganti e nuove mode. E un po’ meglio capiamo il povero Pepino che annaspa dietro all’instancabile moglie, di cui ammira con orgoglio vitalità ed intraprendenza, ma non fatichiamo ad intuirne la nostalgia per la tranquilla oziosità di Riseholme.. Lucia è energia pura, gioia di vivere e desiderio di conquista, infaticabile frequentatrice di eventi sociali, fonte di idee non sempre sue ma capace come pochi altri di “rubare” un progetto e migliorarlo facendone la moda del momento e prendendo infine il posto privilegiato che le spetta. Ma conquistare l’elegante società inglese sarà ben altra cosa rispetto al ruolo da protagonista nella piccola comunità di provincia..
Una comunità che, nonostante tutto sente la mancanza della sua regina capricciosa e che i nuovi passatempi escogitati per non cedere alla noia ora che la stella di Roseholme cerca di conquistare Londra, non riescono a distrarre del tutto dalle avventure di Lucia e a farne dimenticare l’estroversa allegra compagnia. Si spettegola senza pietà sul tradimento di Lucia nei confronti dei suoi vecchi amici, si apprende con un po’ di compiacimento del suo arrancare in città, ma dopotutto l’esuberante signora Lucas manca tantissimo allo stravagante amico Georgie e alla sonnacchiosa cittadina:
Lucia non c’era, e per quanto si dicesse che era contento che se ne fosse andata, stava cominciando a mancare orribilmente. Li aggravava e li esasperava: era un’ipocrita […] una poseuse, una fasulla e una snob, ma c’era qualcosa nella sua persona che spingeva verso un’attività violenta sebbene involontaria, e se anche faceva infuriare, impediva di diventare apatici.
Difficile immaginare quindi che Riseholme possa sopravvivere a lungo senza la sua regina, come del resto è ugualmente arduo pensare ad una primadonna che si arrende ad un ruolo non da protagonista nella grande recita della società londinese..
Ai lettori il piacere di scoprire i dettagli di questa storia, divertente, precisa nel descrivere vizi e virtù di un mondo perduto che Benson riporta magnificamente sulla pagina senza acclamare e senza condannare; ancor più della scalata sociale dell’eroina è proprio la descrizione dei rituali e delle regole di comportamento di quel mondo che più non esiste a stregare completamente il lettore, catturato dall’umorismo sottile che permea la storia, dalla stravaganza dei personaggi – Daisy, è in questo probabilmente inarrivabile!- dal chiacchiericcio tra un tè e una partita a golf, l’esecuzione di qualche pezzo al piano in sottofondo, pranzi, lettere e giornate oziose. Un microcosmo perfettamente dipinto che noi lettori, rapiti ed incantati, ci godiamo con estremo piacere in attesa della prossima avventura.
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