"E così vuoi lavorare nell'editoria. I dolori di un giovane editor" di Alessandra Selmi

E così vuoi lavorare nell'editoria
di Alessandra Selmi

Editrice Bibliografica, 2014
pp.123
€ 9,90


Molti di voi sapranno che il mestiere dell'editor consiste in larga parte nel leggere manoscritti per capire se possano essere o meno adatti a far parte del catalogo di una Casa editrice. 
Ma se pensate che la vita di un editor consista solo in questo, ci pensa Alessandra Selmi, che editor lo è davvero per passione e per mestiere, a farvi cambiare un po' idea. 
In questo volume che fa parte della collana I libri di Wuz pubblicata da Editrice Bibliografica, l'autrice ci porta dentro la sua vita di editor - e dentro quella di tutti gli editor - per scoprirne le gioie e i dolori. 

Partiamo dalla base, cioè la definizione del mestiere. 
Siete sicuri di sapere realmente di cosa si occupa un editor? 


Mi addentrai nella descrizione del mio lavoro. "Lavoro in editoria libraria. Faccio un sacco di cose: seleziono manoscritti per la pubblicazione, mi occupo dei testi di copertina e dei copertinari, supervisiono il lavoro dei correttori, dei traduttori, dei curatori e degli impaginatori..." Primo sbadiglio della mia interlocutrice. "Gestisco i rapporti con gli autori, cerco nuovi scrittori, vado alle presentazioni..." Secondo sbadiglio. "Poi naturalmente rivedo anche i testi, cerco di gli errori, correggo, riscrivo, sposto, taglio, modifico, estendo, ricerco...". Terzo sbadiglio. "Insomma...". "Ah!" rinvenne la parente. "Ho capito! Scrivi i romanzetti!". Il desiderio di scavalcare il tavolo e inciderle sulla fronte con il coltello del pesce "EDITOR" fu grande. Ma purtroppo avevano già sparecchiato. 

Se la lettura vi è sempre sembrata una pratica rilassante, alternativa alle fatiche del lavoro quotidiano, provate a chiedervi: "La penserei allo stesso modo se ogni mese i libri da leggere diventassero quindici?"

"Io ne leggo circa quindici al mese. Non tutti per piacere. La maggior parte, anzi, per dovere professionale. Molti su argomenti  che non mi interessano. Anche tre alla volta. Per sei/otto ore al giorno. E mentre leggo, rispondo al telefono, scrivo delle email, vado alle presentazioni, pubblico su Facebook le recensioni, bado ai correttori, tengo rapporti con gli scrittori.Pensi che ogni tanto, mentre leggo, mescolo anche il risotto. 

Assediato da ogni lato da aspiranti autori sempre muniti del proprio manoscritto, il destino dell'editor è quello di finire sempre e comunque sommerso da tonnellate di carta. Una volta che parenti, amici, parenti degli amici, amici degli amici, fidanzati degli amici, conoscenti, persino emeriti sconosciuti con cui scambiare due parole, sapranno che c'è un editor nei paraggi, non resisteranno alla tentazione di fargli leggere il romanzo che hanno appena finito di scrivere e che rielabora le esperienze più significative della loro vita. 

Salvo che per alcuni capitoli di considerazioni piene di humour sui retroscena del magico mondo editoriale - io mi sono innamorata soprattutto di Caro editore, ti scrivo e del Glossario di termini tecnici spiegati alla cavolo di cane - la prospettiva è sempre originalmente personale, il che avvicina il testo quasi a un racconto lungo per episodi sulle traversie di un povero editor e fa simpatizzare il lettore con questa figura che spesso è nascosta ma è assolutamente fondamentale nella vita di qualsiasi libro. 
L'umorismo, il pirandelliano "sentimento del contrario", è sempre il modo migliore per illuminare la realtà delle cose e Alessandra sfodera un'ironia elegante ma dissacrante che serve a rischiarare tutti i lati un po' assurdi del mestiere dell'editor: l'assillo dell'autore che chiama anche il giorno di Natale, le manie dei collaboratori e degli scrittori, l'estenuante caccia al refuso e quell'errore maledetto che alla fine ti scappa (perché sì, anche i redattori sono esseri umani...). 

Ma "tutte le arrabbiature dei mesi addietro, i modi a volte sgarbati degli autori, i file corrotti che avete dovuto ripristinare, la frase infelice del vostro capo, le notti passate a rileggere, l'impaginatore che è sempre in ritardo", d'improvviso si dimenticano quando si stringe tra le mani un libro che si può considerare anche proprio. Si ha un po' paura, come un genitore apprensivo, ma alla fine lo si lascia andare libero per il mondo.
Tra un sorriso e un altro, ecco che il giovane editor si è lasciato sfuggire quanto è bello il suo lavoro e anche a noi sembra proprio così.  


Claudia Consoli