Il mondo senza sonno
di Stefan Zweig
Skira 2014
pp. 98
12 Euro
Animo mitteleuropeo e profonda conoscenza delle dinamiche politiche di fin de siècle, Stefan Zweig ha saputo raccontare con grande trasporto lo sconvolgimento della Prima Guerra Mondiale. Il mondo senza sonno, quattro racconti inediti in Italia, ritrae i sentimenti che attraversarono l'Europa della Grande Guerra.
Nato a Vienna nel 1881 da famiglia ebrea, Zweig era un intellettuale cosmopolita, viaggiatore e traduttore di numerose opere soprattutto dal francese. Questo dinamismo gli derivava dal retaggio ebraico ma anche dalla cultura austro-ungarica. Proprio del tramonto di quell'impero Zweig fu interprete, narrandone la nostalgia in Il mondo di ieri (1940-41), considerato spesso la sua autobiografia sebbene al centro di essa non ci sia l'autore con le sue vicende private bensì un mondo rimpianto.
L'opera, infatti, tratta dagli ultimi decenni dell'impero fino all'ascesa di Hitler. A causa dell'annessione dell'Austria Zweig dovette lasciare la patria per trasferirsi a Londra, New York e infine a Petropolis, in Brasile, dove morì suicida insieme alla seconda moglie nel 1942.
Per lo scrittore la Prima Guerra Mondiale fu un tradimento della ragione, mai egli ritenne possibile un simile delitto all'umanità. L'impero era stato il modello di stabilità, ottimismo, tolleranza e illusoria felicità garantito dalla figura imperturbabile di Franz Joseph. Tuttavia, quell'immobilismo era destinato a finire. Scomparve una stagione della civiltà europea fatta di apparente gaiezza. La Valse di Ravel, scritta proprio dopo i fatti della Prima Guerra Mondiale, distrusse il valzer gioioso e malinconico allo stesso tempo.
Nelle pagine di Il mondo senza sonno ci sono i sentimenti degli uomini, la paura, la rabbia, l'incertezza che governa un mondo all'alba di un cambiamento epocale, come si legge nel primo testo che porta il nome della raccolta:
Boris, il soldato russo di Episodio sul lago di Ginevra, fugge dal fronte francese per tornare in patria, mentre Ferdinand, protagonista del racconto più strutturato, L'obbligo, vive il dramma della chiamata alle armi: mettersi a servizio della violenza o disertare. Scosso dai dubbi, è la vista di un vagone pieno di feriti di guerra che lo fa indietreggiare verso casa:
L'ultimo racconto è Ypres, ispirato alla cittadina del Belgio ridotta a un cumulo di macerie dai bombardamenti. Un tempo rinomata per il suo Mercato medievale, all'epoca in cui Zweig scrive è diventata meta di turismo per visitatori inglesi in pellegrinaggio a Menin Gate, il monumento che ricorda i cinquantaseimila connazionali caduti.
Skira 2014
pp. 98
12 Euro
Nato a Vienna nel 1881 da famiglia ebrea, Zweig era un intellettuale cosmopolita, viaggiatore e traduttore di numerose opere soprattutto dal francese. Questo dinamismo gli derivava dal retaggio ebraico ma anche dalla cultura austro-ungarica. Proprio del tramonto di quell'impero Zweig fu interprete, narrandone la nostalgia in Il mondo di ieri (1940-41), considerato spesso la sua autobiografia sebbene al centro di essa non ci sia l'autore con le sue vicende private bensì un mondo rimpianto.
L'opera, infatti, tratta dagli ultimi decenni dell'impero fino all'ascesa di Hitler. A causa dell'annessione dell'Austria Zweig dovette lasciare la patria per trasferirsi a Londra, New York e infine a Petropolis, in Brasile, dove morì suicida insieme alla seconda moglie nel 1942.
Per lo scrittore la Prima Guerra Mondiale fu un tradimento della ragione, mai egli ritenne possibile un simile delitto all'umanità. L'impero era stato il modello di stabilità, ottimismo, tolleranza e illusoria felicità garantito dalla figura imperturbabile di Franz Joseph. Tuttavia, quell'immobilismo era destinato a finire. Scomparve una stagione della civiltà europea fatta di apparente gaiezza. La Valse di Ravel, scritta proprio dopo i fatti della Prima Guerra Mondiale, distrusse il valzer gioioso e malinconico allo stesso tempo.
Nelle pagine di Il mondo senza sonno ci sono i sentimenti degli uomini, la paura, la rabbia, l'incertezza che governa un mondo all'alba di un cambiamento epocale, come si legge nel primo testo che porta il nome della raccolta:
«Ora l'umanità tutta è agitata, di notte come giorno, un impellente, spaventoso stato di veglia sfavilla tra i sensi eccitati di milioni di persone, il destino penetra invisibile tra i sensi eccitati di milioni di finestre e porte, e scaccia il sopore, scaccia l'oblio da ogni giaciglio. Più breve è ora il sonno del mondo, più lunghe le notti e più lunghi i giorni».
Boris, il soldato russo di Episodio sul lago di Ginevra, fugge dal fronte francese per tornare in patria, mentre Ferdinand, protagonista del racconto più strutturato, L'obbligo, vive il dramma della chiamata alle armi: mettersi a servizio della violenza o disertare. Scosso dai dubbi, è la vista di un vagone pieno di feriti di guerra che lo fa indietreggiare verso casa:
«Ferdinand, tremante, rimase come fulminato. Era questo che doveva fare? Profanare a tal punto le persone, non guardare un fratello negli occhi se non con odio, contribuire al grande crimine di volontà libere? La straordinaria verità del sentimento esplose potente in lui, mandando in frantumi la macchina nel suo petto, la libertà si erse, beata e grande, e stracciò l'obbedienza.''Mai! Mai!'' gridò dentro di lui una voce, una forza primigenia e sconosciuta. E sferrò il suo colpo. Ferdinand cadde singhiozzante di fronte la lettiga».
L'ultimo racconto è Ypres, ispirato alla cittadina del Belgio ridotta a un cumulo di macerie dai bombardamenti. Un tempo rinomata per il suo Mercato medievale, all'epoca in cui Zweig scrive è diventata meta di turismo per visitatori inglesi in pellegrinaggio a Menin Gate, il monumento che ricorda i cinquantaseimila connazionali caduti.
Un ritrovo festoso per la borghesia inglese nato sul suolo della carneficina che, tuttavia, Zweig sembra non condannare del tutto in virtù della sua capacità di mantenere viva la memoria, anche nella maniera meno convenzionale:
«Ogni ricordo è formatore, perfino per la natura più primitiva e più inerte. Ogni ricordo, quale che sia la sua forma o la sua intenzione, riporta la memoria a quegli anni spaventosi che non debbono mai essere dimenticati».
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