Il diavolo in corpo
di Raymond Radiguet
Einaudi
1^ edizione: 1923
In questo romanzo non c’è trincea, né battaglie, né soldati
al fronte o strategie belliche. Non ci sono amori lasciati a casa e la speranza
di ritrovarli custoditi. Nulla a che fare direttamente con la guerra, eppure,
il primo grande conflitto mondiale è presente più che mai, vissuto dalla parte
di un adulterio.
Narrato in prima persona, senza mai conoscere il nome del
protagonista, Il diavolo in corpo è
stato pubblicato nel 1923, rendendo subito l’autore – il ventenne Raymond
Radiguet – uno dei più famosi e discussi autori di Francia. Un genio? Un
ragazzo prodigio? Oppure un personaggio costruito sapientemente per scatenare
il fenomeno letterario?
Da Il diavolo in corpo,
tra passione e razionalismi, si libera la storia d’amore tra il protagonista
dodicenne e la signorina Marthe, più grande di lui, promessa sposa a Jacques,
costretto al fronte. Cos’è la guerra per un ragazzino così giovane se non il
pretesto per non andare a scuola e amoreggiare?
«Le vere vacanze si avvicinavano, io me ne occupavo
pochissimo perché per me continuava la stessa vita. Il gatto teneva d’occhio il
formaggio sotto la campana. Venne la guerra. Ruppe la campana. I padroni
avevano altre gatte da pelare e il gatto si rallegrò».
Le ardenti, mature passioni dell’uomo e del giovane per la
patria e per la guerra; l’intervento e l’ideale si scontrano con l’immaturità
di un amore viscerale e nascosto, geloso e viziato. Le licenze di Jacques – il
futuro sposo già tradito – i suoi permessi, diventano quindi dei timori per chi
non è al fronte, un furto di tempo prezioso all’amore che si sta consumando.
Qualcosa di egoista e adolescenziale.
Per Jacques, neanche la facoltà di scegliere i mobili,
scelta riservata ai vezzi dell’amante della sua Marthe.
«Dovevo alla guerra la mia nascente felicità; aspettavo l’apoteosi.
Speravo che essa servisse il mio odio come uno sconosciuto esegue un delitto al
nostro posto. […] Non odio Jacques. Odio la certezza di dovere tutto a quest’uomo
che inganniamo. […] Già noi consideriamo la fine della guerra che sarà la fine
del nostro amore».
Ma l’amore non sarà consacrato dalla morte di Jacques al
fronte, né finirà per il suo ritorno. La ricerca della tragicità che inebria l’adolescente
e che pervade tutto il romanzo, via via trascinerà gli egoismi, le gioie e le
passioni della giovinezza.
La guerra è lontana da questo amore, ma tutto sembra
dipendere dalle sorti di Jacques e della guerra stessa, mentre sono i due
amanti a definire il proprio futuro.
«Non avevo abbastanza volontà per nulla, né per fuggire da
Marthe, che forse mi avrebbe dimenticato e sarebbe ritornata ai suoi doveri, né
per spingere Jacques verso la morte. La nostra unione dunque era in balìa della
pace, del ritorno definitivo delle truppe. Se lui avesse scacciato sua moglie,
lei mi sarebbe rimasta. Se lui l’avesse tenuta, sarei stato incapace di
prenderla con la forza».
Le contraddizioni dell’adolescente innamorato e vigliacco,
impreparato a una storia che richiede maturità e fermezza, diventano le
contraddizioni di una generazione andata al fronte con tanta leggerezza o tanta
passione, trovatasi poi a combattere mille guerre da grandi, diventando uomini
di colpo e convivendo le atrocità delle proprie responsabilità.
«Consumavo le mie forze nervose in vigliaccheria, in audacia,
fiaccato dalle mille contraddizioni della mia età, alle prese con un’avventura
da uomo».
Passione e aggressività, il desiderio in un linguaggio
misurato e dedito a raffinate attenzioni razionali, rendono Il diavolo in corpo una educazione
sentimentale, una scoperta del sé nuovo, scavando nel proprio cuore e nella
propria mente, tra maschere e desideri. Un romanzo che, seppur breve, riesce a
regalarci anche delle perle di micro-narrativa, come la vicenda della domestica
sul tetto.
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