di Andrea Molesini
Sellerio, 2014
pp. 168
€ 12.00
- Perché, le signore sono da meno?
- Per noi essere attraenti è una necessità, senza l'attenzione degli uomini una donna è meno di niente... ma voi, e anche tu, caro Niccolò, voi siete incapaci di arrendervi alla verità.
- La verità?
- Sì, la verità, Wahrheit... la verità è che il mondo sa fare tranquillamente a meno di ciascuno di noi.
(pp. 51-52)
Un ultimo ballo all'hotel Excelsior, la sala che, muta, aspetta la notizia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, i cenni di quella aristocrazia decadente che già Mann ha saputo rintracciare in Venezia.
La fine della Belle Époque si respira nella miseria delle calli veneziane, come nell'albergo di lusso che il proprietario, il commendatore Niccolò Spada, vede via via svuotarsi. I tentativi di ostentazione della bellezza e della ricchezza celano conti in banca con debiti e garanzie: e ne è vittima anche la marchesa Margarete von Hayek, bellissima libertina dal passato torbido, «fuoco e rapina» per Niccolò. E proprio questa dittologia è perfetta per delineare la donna dalla capacità incendiaria, che smonta le certezze del commendatore: lui così affezionato all'abito da sera; lei, che non teme di lasciare le scarpe eleganti in un vaso di fiori e immergersi con l'abito lungo nelle acque della laguna. La marchesa agisce "un po' per celia, un po' per non morire" potremmo dire, chiosando la Butterfly, opera lirica che accompagnerebbe molto bene la lettura di questo romanzo.
Margarete è inattendibile, si dona fisicamente tanto quanto nasconde il suo passato, scaltra nell'esercitare tutte le capacità attrattive, che muovono non solo dal suo corpo serico, ma anche dalle parole. Sì, perché la marchesa avvince e raggira i suoi uomini con dialoghi eleganti quanto lei, dove il fine gioco della seduzione mette a repentaglio la confidenza reciproca, le autodifese, le costruzioni che potrebbero nascondere ancora a lungo la verità. Verità o Wahrheit, parola-chiave che apre il misterioso prologo del romanzo, e rintocca senza mai trovare un assoluto scioglimento. Ché - sembra suggerire Molesini - anche quando viene a galla, la verità non è mai totale, né esaurisce la sua capacità di sconvolgere.
Attorno alla storia personale di Margarete e Niccolò, una Venezia gravida di angoscia: il lettore sa bene cosa accadrà, ma il suo interesse ruoterà principalmente attorno a tutti i presagi che appaiono ad occhi aperti o in sogno al commendatore, con la consapevolezza che «i ricordi sono alleati del buio, e conoscono le vie dell'agguato». (p. 94)
Anche in questo romanzo di Molesini, l'interesse per la storia è accompagnato da una ricerca stilistica e letteraria elegantissima, testimoniata dall'epigrafe di Rilke che apre il romanzo: «Il futuro entra in noi, e si trasforma in noi, molto prima di accadere». E così è per i personaggi, ma anche per la lingua, che non teme di sporcarsi con la mimesi dialettale del veneziano per i servitori, perché dall'altra parte ha tutto il côté metaforico e la consapevolezza retorica da grande scrittore. I dialoghi, in particolare, sono l'eccellente banco di prova di come l'italiano, in fatto di sfumature, non abbia rivali.
E che dire delle scelte quasi registiche di Molesini? Lo scrittore sa bene che le descrizioni vanno centellinate, per non asfissiare il lettore moderno; e allora sceglie dettagli e gesti minuti, apparentemente di poco conto; non li spiega, ma lascia che sia la storia successiva a segnare la loro rilevanza. Coerentemente, la scelta aggettivale è precisa e mai banale, inserita però in una dimensione paratattica che ha poche infrazioni.
Niente è lasciato al caso, in Molesini. Perché c'è già la Storia a scompigliare e far danno; al narratore non resta che rivelare accanto ai presagi quegli elementi che mantengono inalterata la magia della narrazione. I sentimenti, per esempio, e la verosimiglianza.
GMGhioni
Avrò il piacere e l'onore di presentare Andrea Molesini e il suo "Presagio" a Pavia, questo pomeriggio al Collegio Santa Caterina - vi aspettiamo dalle h. 18.00!