#TreQuarti14 - "La mia maledizione" di Alessandro De Roma

La mia maledizione
di Alessandro De Roma

Einaudi, 2014


A chi mi chiede che genere di libri preferisco, rispondo sempre in modo secco e deciso: quelli in cui ci sono opposizioni violente, geometrie forti. Vi racconto questo aneddoto per due motivi: primo, perché la persona che mi ha insegnato ad amare questi elementi in un romanzo condivide con Alessandro De Roma la passione per la filosofia; e secondo, perché di geometrie e opposizioni La mia maledizione, il suo ultimo romanzo, è così mortalmente intessuto da impedirmi di fare altrimenti.

Geometrie e opposizioni quasi teatrali, anche a vedere i personaggi principali di questa storia: sul palco di una Sardegna degli anni Novanta le luci sono puntate con violenza sul solo Emilio Corona, protagonista della storia, e sul suo amico assurdo, sul suo impossibile amico Cosseddu. Difficile che i due non possano essere visti se non come improbabili altari a due mondi opposti. 

Emilio Corona è, per così dire, un figlio d'arte; un'arte di distruzione, perché il padre - sovente chiamato dal figlio narratore "l'ingegnere-capo" - è responsabile dello scempio edilizio di mezza Sardegna, di quelle "tane per conigli" che la madre disprezza senza molto entusiasmo. Emilio Corona, come tutti i figli d'arte, sa che il suo destino è segnato: un destino dorato, fatto di benessere, di un'agiata mediocrità senza sforzi; dorato e orribile, perché inalterabile e insieme irriproducibile. Emilio sa che dovrà da sempre che dovrà essere come suo padre, e sa da sempre che non potrà mai essere come lui.
Vivevo l'incanto della natura e mi dicevo: la mia vita non sarà sempre così. Sognavo di avventurarmi per i sentieri che intravedevo oltre le case, ma non osavo farlo per paura di sentirmi ridicolo, così finiva che passavo e ripassavo sul marciapiede, e intanto si faceva sera e tornavo a casa infreddolito e umiliato. 
Cosseddu è l'orso che non potrà mai essere un poeta. Questa creatura dai molti nomi - la Fogna, Cosseddu, Yoghi, Pasquale - a differenza di Emilio può dirsi soltanto figlia della miseria e della nostalgia di un sogno. Cosseddu vive in una tana per conigli e sogna un nido dei venti liberi; è prigioniero tra gli uomini e libero nei boschi. 

Emilio Corona e Cosseddu diventano improbabili protagonisti di un'amicizia che nasce come un patto tra schiavo e padrone e si trasforma in un'ombra che incombe sulle vite di entrambi. Sempre, però, svolta da Alessandro De Roma su note che potrebbero quasi suonare quelle di una malata storia d'amore:
Lo amavo soltanto di riflesso, perché in lui amavo me; ma chi avrebbe potuto negare che questo era meglio di niente? Per questo stavo così bene con Cosseddu, pur senza doverlo chiamare amico; e anzi pronunciavo il nome Cosseddu come si pronuncia la parola cane...
E forse, più che un'amicizia, La mia maledizione racconta in verità un lungo corteggiamento, una passione mai consumata per l'altro-da-sé ("quello che potevamo essere e non siamo stati", direbbe Emilio) fatta di fughe, riavvicinamenti, colpe e promesse disattese. Si corre infatti di pagina in pagina col sospetto che Cosseddu in realtà non esista davvero, che sia soltanto una proiezione di Emilio Corona (una proiezione del desiderio di escludersi dalla vita, di autoproclamarsi re in un deserto obbediente, e tanto altro ancora). Forse è davvero così, ma soltanto il lettore potrà dire la sua; e decidere se è più forte una maledizione o l'amore, tutto l'amore, che è negli alberi. 

Posso dirvi soltanto che, adesso, La mia maledizione occupa un posto speciale sui miei scaffali, accanto all'Isola di Arturo di Elsa Morante.


Laura Ingallinella