Alla Libreria CLU di Pavia per #TreQuarti14 |
Dopo la recensione (clicca qui per leggerla), Annarita Briganti ci ha concesso un'intervista esclusiva, in ricordo della partecipazione a #TreQuarti14.
Foto ©Cletteraria |
Il tuo romanzo si apre con un’esplosione:
nel ventre di Gioia, innanzitutto, che abortisce un bambino che non sapeva di
attendere; nel suo mondo affettivo, nelle sue aspettative, negli equilibri
della sua vita da precaria. A distanza di quasi un anno dall’uscita, quali sono
gli effetti di questa esplosione letteraria e contenutistica?
In realtà il romanzo è uscito il 19 marzo quindi sono ancora
in piena luna di miele. Sto girando l’Italia, mi avvio alla cinquantina di
presentazioni, da Pordenone a Polignano. Credo di essere la debuttante record,
quella che ne sta facendo di più. Ieri sera Non
chiedermi come sei nata (Cairo) è stato messo in scena per la prima volta
in un locale di Milano. Una formula innovativa, che ho fortemente voluto, tra
libro, bar e talk. C’è interesse da non posso dire dove, mi ha cercato la
stampa straniera e ho una rassegna cartacea e digitale, sui media tradizionali
e sui social, che ci avrei messo la firma. Non ci credo, ma ci speravo. Un romanzo multitasking che germoglia, attecchisce,
purché ci sia un po’ di amore in chi se ne occupa, lo legge, lo consiglia. E la
seconda parte in preparazione. Da piccola volevo scrivere un dittico come l’Idiota. L’ultima pagina di Non chiedermi come sei nata finisce
senza il punto e non è un caso.
Il divario tra mondo esterno, dove bisogna
sempre mantenere alto “il livello di glamour”, e quello interiore è sempre
costante nel romanzo. A tuo parere, e a parere di Gioia, scrivere sui social
network come si coniuga con questa discrasia?
Le persone che mi accorgo di amare sui social e nella vita
sono quelle con una faccia sola. Appena trovo finzione, fuggo a gambe levate,
il problema è che spesso ce ne accorgiamo quando siamo già dentro le
situazioni. Ho bisogno di persone vere,
storie vere, scrittura vera, editoria verissima. Per me non c’è differenza tra
i social e la vita. Un messaggio diretto su Twitter può essere più dolce di una
carezza, che però poi deve arrivare. Tanto che sto pensando di installare di
nuovo Whatsapp, per le lunghe notti invernali. Vivo sola e non ho neanche un
cane inteso come animale.
Nel tuo romanzo, parli di un problema di
libertà: perché non possiamo scegliere come dare la vita? Nel frattempo, dopo
la pubblicazione di “Non chiedermi come sei nata”, sono cambiate anche le leggi
in Italia. Cosa ne pensi della situazione attuale?
Annarita Briganti a #TreQuarti14 |
Libertà di scegliere se e come avere figli e coraggio di
denunciare la situazione italiana, che è molto complessa. Qui non posso
sintetizzarti dieci anni di battaglie, fatte anche dalle nostre sorelle
maggiori, ma proviamo a immaginare il futuro. Il mio libro ha rotto le acque,
ha portato fortuna alle donne italiane. Due settimane dopo la pubblicazione, la
Corte Costituzionale ha eliminato il divieto di eterologa e sarà più facile
avere figli, rendendo finalmente l’Italia un paese civile, seppur nel caos
legislativo attuale. Ho talmente sposato la causa che mi succede di essere
aggredita per queste idee anche nelle cene private, ma i tempi cambiano. Il prossimo passo, per il quale mi batterò
personalmente, saranno le adozioni e la fecondazione a single e gay.
“La scrittura allontana perfino il dolore
di non avere figli”, commenta Gioia. La scrittura ha un potere taumaturgico
anche per Annarita Briganti?
La scrittura per me
non è terapeutica. Nei primi mesi del tour
di Non chiedermi come sei nata, anche
a causa di un evento privato traumatico, ho perso 8 chili ed ero già magra. I
carichi emotivi di parlare di un libro così intimo si sentono, ma anche la
Gioia di condividerlo con i lettori sempre più numerosi. Ci avviamo alla terza
edizione. Ho superato prove molto dure, ma ho anche ricevuto molto. Per
risponderti secca: scrivo meglio quando
sto bene, quando sono felice, innamorata, in pace col mondo. E rido come
una scema da sola.
“Penso veramente di voler mangiare con la
cultura?”: una frase che nel romanzo torna, declinata in più forme. Vuoi dare
qualche consiglio a chi, come te, affronta la strada del giornalismo e della
narrativa?
Te ne do tre. Non mollare mai. Bussare alle porte,
scegliendole bene. Non fregare gli altri.
E ora una domanda rapida sui festival
letterari. Pensi che abbiano senso nell’epoca del 2.0? E quali costanti devono
mantenere?
I festival come il
#TreQuarti14 di Pavia sono l’Italia che mi piace. E non credo che debbano omologarsi, copiarsi, imitarsi. Il
bello di queste manifestazioni è che ognuna mantenga il suo carattere
eno-culturale-gastronomico-sociale. Sai che choc mangiare tortelli di zucca a
Pordenone e il frico a Mantova?
Intervista a cura di GMGhioni
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