E dopo la recensione, Noemi Cuffia intervista Giovanni Montanaro per Critica Letteraria. Ecco le
sue domande e le generose risposte di Giovanni.
Pietro. Tra i
protagonisti di Tommaso sa le stelle,
Pietro è dotato di una personalità articolata e complessa, e a lui ci si
affeziona all'istante. Fortissimo se chiuso nel suo mondo "a parte",
solitario e più vulnerabile nel confronto con la realtà. Hai tratteggiato
davvero un personaggio memorabile, come solo gli scrittori autentici sanno fare
(mi ha ricordato un po' il protagonista di Una
solitudine troppo rumorosa di Hrabal Bohumil). Qual è stato lo spunto
iniziale dal quale ha cominciato a formarsi nella tua mente? In una parola:
come è nato Pietro?
Io
credo che Pietro sia un personaggio molto mio, che avevo dentro da molto tempo,
che non veniva fuori per pudore. Un uomo buono, ma un po’ burbero, che non
capisce più niente del mondo che ha intorno. Ha sessant’anni, ma potrebbe
averne trenta. Ogni tanto io mi sento Pietro, benché io non sia certo memorabile;
ma ho la sua voglia di distanza e vorrei avere la sua ironia. Non c’è dubbio
che Pietro sia il protagonista del romanzo, anche quando fa spazio a Tommaso.
Avevo voglia di scrivere un personaggio così, di scrivere della bontà e del
desiderio, della solitudine e del silenzio. Di Nina e di Laura.
La lirica. Tra le diverse peculiarità di Pietro c'è la passione per la lirica. Totale, sincera e pervasiva. Ed è proprio come se le note accompagnassero il personaggio in ogni momento della sua vita e l'Opera ne abitasse ogni angolo disponibile (addirittura il suo cane si chiama Verdi!). Perché questa scelta? Si tratta di una passione che anche tu condividi?
Diciamo
che ho sentito subito della musica. È un libro silenzioso, un libro in cui ci
sono tanti rumori e fruscii, insetti e onde, foglie e gatti. Però, sotto,
sentivo qualcosa di più. Sentivo arie d’opera; la Tosca quando misuravo il
deposito, la Norma quando ero vicino ai pioppi. Non so perché, ma ci stavano
bene con il Po, con la grandezza, con l’Italia. Non che io sia un esperto di
opera – scrivere romanzi è anche un’occasione per studiare – ma ogni tanto la
cerco. È quando ho voglia di grandezza, di universale, della profondità di
Puccini o della solennità di Verdi. La musica allarga, spalanca. Ed è anche
quello che vorrebbe la mia storia; una storia piccola, che sanno in tre persone
– Pietro, Tommaso e la postina – a parte i lettori, e basta. Ma una storia che
vuole essere una favola, un racconto un po’ più grande.
Tommaso. Di lui all'inizio non sappiamo niente. Ci appare per la prima volta come una misteriosa creatura selvaggia, per poi crescere, nel libro e nell'animo del lettore, come una presenza che si impone e si lascia amare. Ci sono "ragazzini" della storia della letteratura che ti hanno colpito e da cui hai tratto ispirazione?
Ho
letto e riletto molto, dal “Piccolo Principe” al “Sentiero dei Nidi di Ragno”,
da “La Vita davanti a sé” a “Io non ho paura”. Ma quando si scrive si mettono
dentro tante cose che vanno oltre i libri. Pietro l’ho visto subito, e sono
stato Pietro. Ci ho messo anni a capire Tommaso, a vederlo crescere, a capire
chi era, cosa voleva da me. E alla fine, come Pietro, l’ho amato, nutrito,
sentito. E, per amore paterno, ho anche dovuto lasciarlo andare.
Luoghi. Spesso hai ambientato i tuoi romanzi in altre nazioni, invece Tommaso sa le stelle si svolge principalmente in Italia: perché questo cambiamento?
Questo
romanzo rappresenta molto per me per due ragioni; è il primo ambientato tutto
in Italia ed è il primo ambientato nel contemporaneo. Non sono scelte, non so
se siano periodi della vita, maturità mie. Sono cose che accadono. Certo,
questo libro nasce da una suggestione. Cosa succederebbe a un bambino, un
ragazzino, se si nascondesse in un posto pieno di oggetti, dove ci sono
tantissimi oggetti di persone che non conosce, oggetti che non sono suoi? E
cosa accadrebbe se, a un certo momento, in questo luogo così magico arrivassero
invece le sue, di cose? Perché potrebbe succedere? Quale persecuzione lo
potrebbe portare a fuggire e a perdere / recuperare le proprie cose? E ho
pensato quasi subito alle migrazioni, a quanta identità hanno dentro, a quante
domande pongono. Certe volte, sentiamo la storia distante da noi, ma non è
vero. La storia è qui. Sulle nostre coste. Sul Po, che in fondo è storicamente
il nostro secondo confine, dopo il mare e prima delle Alpi.
Festival. Come trovi l'esperienza di partecipare a un festival letterario come Tre Quarti di Weekend? Ritieni che simili momenti di confronto con i lettori siano utili per uno scrittore?
Festival. Come trovi l'esperienza di partecipare a un festival letterario come Tre Quarti di Weekend? Ritieni che simili momenti di confronto con i lettori siano utili per uno scrittore?
Sono
molto curioso del Festival di Pavia. Non solo perché così posso tornare sopra
il Ticino o a san Michele, ma soprattutto perché mi hanno promesso domande a
raffica e una notte in un collegio insieme a tutti gli altri scrittori in cui –
mi hanno garantito – succede sempre di tutto… Per tornare serio, ricordo che la
vedova di Tiziano Terzani scriveva tanti anni fa su un Colibrì, il giornale del
Festivaletteratura di Mantova, che in un paese in cui ci sono così tanti
segni cattivi, il crescere, il dilagare dei Festival letterari è veramente un
seme buono. È vero. E poi per chi scrive è un grande dono.