La matriarca
di G. B. Stern
Sonzogno, 2014
pp. 320
€ 16
Le parole “tribù” ed “ebreo” e “ghetto” portano con sé un inevitabile significato di riccioli unti, nasi adunchi e antiquati soprabiti impellicciati; di un portale tenebroso che si apre su un agglomerato di case annerite; e uno sciame di bambini scuri, con tanto di istinti commerciali per ottenere il meglio dai gentili, ovvero dai non ebrei. Ma ci deve essere stato un equivoco fin dall’inizio, per farsi un’idea del genere della personalità Rakonitz. […] Non si preoccupavano di sedersi e sparlare della loro razza perseguitata, né di attardarsi più del necessario a lamentarsi per la persecuzione del Faraone o del tradimento di Esaù. I Rakonitz erano una famiglia allegra, con la melodia del valzer nel sangue.
Così la Stern, dopo un paio di pagine dall’inizio del romanzo, ci presenta la famiglia protagonista de La Matriarca, questi ebrei chiassosi, allegri, dediti al lusso e al piacere; e così saranno in effetti dall’inizio alla fine, anticonformisti e lontani anni luce dallo stereotipo israelita.
Un romanzo che Sonzogno ha recentemente scelto di recuperare e tradurre per la prima volta in italiano inaugurando, insieme a La garçonne di Victor Margueritte altro titolo pubblicato, la collana Bittersweet in cui dare spazio a piccole perle del passato che il complesso meccanismo editoriale ha costretto all’oblio o che appaiono per la prima volta in traduzione italiana. Come nel caso del romanzo di Margueritte, anche La Matriarca ebbe al suo esordio un notevole successo, tanto da ispirare una pièce teatrale anch’essa piuttosto celebre e confermando il talento della Stern, vivace animatrice del circolo intellettuale della Londra degli anni Trenta. Ma nonostante la fama riscossa dall’autrice nell’ambiente culturale e dal successo delle numerose opere pubblicate, con il tempo reperire i suoi lavori si è fatto sempre più difficile, finchè La Matriarca, il suo romanzo più noto, è stato ritrovato tra gli scaffali della Daunt Books di Londra e da qui, nel 2013, di nuovo pubblicato. In rinnovata o inedita veste, il romanzo è tornato disponibile per il pubblico e la storia della famiglia Rakonitz – o forse per meglio dire delle donne Rakonitz – appare per certi versi ancora deliziosamente godibile.
Tra aneddoti, ricordi di famiglia, alberi genealogici intricatissimi, balli e viaggi, i Rakonitz si muovono sul palcoscenico con esuberante vigore, fino alla caduta finanziaria che li conduce alla rovina e da cui non tutti saranno in grado di risollevarsi. Una sfilata di personaggi e nomi, parentele e segreti che si fatica non poco a tenere a mente, ma di cui alcuni restano più impressi di altri per il fascino che sanno emanare. Tra questi ultimi senza dubbio lo zio Maximilian, raffinato dandy, il «Grand Seigneur, il più bello, arrogante, affascinante tra gli uomini Rakonitz» artefice della fortuna ma anche della rovinosa caduta della famiglia.
A dominare la scena però è sempre lei, la Matriarca, Anastasia: eccentrica, spensierata, vitale, energica, prepotente e vivace, raccoglie intorno a sé figli, fratelli e nipoti, che a lei guardano con rispetto anche quando come un fiume in piena travolge la vita privata di ognuno di loro.
Temono e bramano al tempo stesso le sue intromissioni e stravaganze perché ancor più temuta è l’indifferenza di questa donna esuberante che attraversa il secolo con fascino e vigore immutati. Inarrestabile, brama possedere le vite dei famigliari, gioisce per ogni nuovo erede che saprà portare nuovi onori e fortune alla stirpe. Le nuore la temono, spesso ne detestano l’invadenza da cui non riescono a sottrarsi, i fratelli e i figli quasi la venerano e gli sfortunati che non riescono a suscitarne l’interesse e l’affetto si ritrovano ai margini, desiderando ardentemente di compiacerla e attirarne l’attenzione. Tutto pur di non essere ignorati e poter far parte di questa strampalata famiglia che nonostante gli eccessi è sempre pronta a supportarsi, nel bene e nel male.
È una storia in cui le figure femminili senza dubbio risaltano per vitalità e spirito sugli uomini Rakonitz, spesso troppo deboli o privi di carattere per superare le prove della vita o stare al passo con la Matriarca:
era ormai assodato, i maschi Rakonitz erano deboli e sventati, fascinosi, generosi e credibili ma del tutto inaffidabili.
E il terribile colpo che determina la rovina finanziaria della famiglia ne è la prova decisiva: incapaci di reagire, troppo provati, gli uomini che restano non sono in grado di superare le difficoltà e lentamente tornano sullo sfondo della scena, mentre sono le donne Rakonitz a stringersi intorno ad Anastasia e tentare di superare la prova senza perdere la gioia di godersi la vita. Lo sfarzo, le feste, le pietre preziose, domestici e lusso sfrenato forse lasciano il posto a vite almeno più modeste e difficoltà da affrontare, ma lo spirito della Matriarca è intatto.
La famiglia quindi è il centro intorno a cui la Stern costruisce il romanzo, ascesa e declino degli ebrei cosmopoliti Rakonitz, lo spunto per raccontarne le avventure da Vienna a Londra. Ma è anche una famiglia estremamente ingombrante, dal cui controllo sembra impossibile affrancarsi; intromissioni che soprattutto le nuove generazioni non sembrano disposte ad accettare. Il confronto generazionale è quindi l’aspetto più interessante del romanzo, l’unico cui la Stern concede un certo grado di approfondimento psicologico: mentre i personaggi infatti sfilano pagina dopo pagina, le loro vite evocate per aneddoti e ricordi di famiglia e spesso privi di particolare spessore psicologico, il confronto/scontro tra gli adulti e i giovani Rakonitz risolleva almeno in parte un romanzo che, nonostante sia stato in più occasioni paragonato al capolavoro di Mann, i Buddenbrook, ne risulta l’ombra sbiadita, non certo per il tono scanzonato che lo caratterizza ma proprio per la superficialità con cui parte della storia viene presentata. Il contesto storico sociale resta uno sfondo sbiadito, successi e fallimenti sfilano rapidi insieme a dubbi e tormenti, risucchiati nel vortice della strabordante presenza della Matriarca.
Interessante quindi, si accennava, il contrasto generazionale e le differenti prospettive con cui si guarda ad una famiglia tanto invadente; i nipoti Rakonitz, quegli stessi bambini che giocavano con le piccole gemme lasciate dagli eleganti zii, si rincorrevano nell’enorme lussuosa casa di famiglia, tra balli e feste sontuose, si misurano con le difficoltà economiche cui il disastroso investimento ha condotto la famiglia e, per alcuni, con il desiderio di emanciparsi dal controllo insopportabile. E su due prospettive opposte troviamo i cugini (o forse no) Toni e Danny: tanto coinvolta e affascinata dalle questioni di famiglia l’una, quanto scostante, insofferente, cinico e disinteressato l’altro.
Toni, che da bambina aveva cercato di fare ordine nel marasma di parenti compilando minuziosamente un albero genealogico, è quella che più di tutti pare subire il fascino della Matriarca a cui, non fatichiamo ad immaginare, aspira un giorno di assomigliare e prenderne il posto nella guida della famiglia. Bambina fragile e dalla salute precaria, legatissima alla grand mère, diventa una giovane donna combattuta tra le responsabilità di cui sente di doversi far carico dopo il tracollo economico, la nostalgia dei fasti del passato glorioso dei Rakonitz e un lieve desiderio di indipendenza. Ma su tutto sembra prevalere il desiderio di proteggere la famiglia, ispirare gli altri giovani cugini e rimanere uniti:
La famiglia era la sua passione, la adorava. La famiglia era il suo voto, permeato di romantici fuochi. Presi uno a uno i famigliari potevano esasperarla, poteva litigarci, fare senza di loro, dare e ricevere nei comuni scambi quotidiani, ma la famiglia nel suo insieme, con il suo passato e il suo futuro, il suo ritmo a passo di marcia e quell’unico volto ricorrente come una fuga nella sinfonia del mondo, era altra cosa rispetto a una lite con Maxine o contraddire zia Elsa.
Toni ha l’anima dell’eroina romantica, è pronta a sacrificare sé stessa, la propria felicità o quanto meno l’appagamento di un desiderio fugace per il bene della famiglia. Si fa carico dei problemi materiali, cerca di farsi strada con tenacia nel mondo degli affari e preservare il buon nome dei Rakonitz. Pochi attimi rubati, di spensierata gaiezza, ricordano al lettore la giovane età di Toni e il desiderio talvolta di cedere agli impulsi del cuore:
La famiglia non seppe mai di quella serata rubata. Ovviamente avrebbero detto, inorriditi da un evento tanto orribile, che Toni era senza cuore; che non aveva amato suo padre, che non rispettava il loro cordoglio, che non gliene importava. Ma Toni aveva avvertito all’improvviso di non poter più sopportare quell’atmosfera cupa. Per tutta la vita avrebbe bramato il piacere, come un contadino, in città, brama l’odore dell’erba.
La ricerca del piacere, il desiderio di libertà da ogni costrizione famigliare, il lusso e i viaggi sono invece una costante nella vita del cugino Danny, di cui il giovane non ha mai fatto mistero. Soffocato dalla famiglia che ha sempre deciso della sua vita di giovane orfano, stanco di non possedere il controllo su nulla, dalla sua posizione è quello che più lucidamente riconosce l’egoismo della Matriarca e la sua prepotenza:
Per lui la Matriarca era una persona che si intrometteva nella sua vita, dava ordini e gioiva del potere come un vecchio e perfido imperatore romano.
Sogna di emanciparsi dal controllo parentale, ritrovarsi finalmente libero da vincoli e obblighi; cinico e calcolatore, brama la propria indipendenza, caratterialmente opposto alla cugina Toni:
Sono disinteressato. Procedendo per la mia strada e non volendogli bene, do loro meno preoccupazioni. L’amore è un fardello. Dall’amore nascono ogni sorta di obblighi, lamentele, tormenti. Penso che la gente dovrebbe mostrarsi grata, alle volte, di trovare qualcuno che non sia sempre pronto a riversargli addosso palate d’amore. Se qualcuno ti vuole bene, senti l’obbligo di dovergli dimostrare continuamente il tuo affetto o fare delle cose per loro o permettergli di farle per te. Il mondo è pieno zeppo di sentimenti e martiri e tu se la più sentimentale del mucchio, giovane Toni. In famiglia, non si può conoscere la libertà.
Tra alti e bassi della trama, successi e cadute, sfarzo e impegno, seguiamo la famiglia Rakonitz dalle campagne napoleoniche alla prima guerra mondiale, nel caotico mondo Yiddish dominato, in tutto e per tutto, da Anastasia: prepotente, egocentrica, stravagante, autoritaria e superba, odiosa ma impossibile da ignorare, è lei, fino all'ultimo, la guida della famiglia e la stella più sgargiante della storia.
Social Network