Arrigoni e l'omicidio di via Vitruvio
di Dario Crapanzano
Mondandori, 2014
Milano, 8 marzo 1953. Mentre si consumano i festeggiamenti per il matrimonio del vicecommissario Mastrantonio, un noto impresario e attore teatrale, Flavio Villareale, viene assassinato nel suo appartamento di via Vitruvio. Il corpo viene ritrovato dal suo socio in affari, Umberto Calcaterra, legato mani e piedi e quasi completamente denudato, lasciando presagire un incontro piccante non andato a buon fine. Sul posto intervengono gli uomini del commissariato di Porta Venezia: l'ispettore Giovine e, in un secondo momento, l'agente Di Pasquale e il commissario Arrigoni. Le indagini partono spedite, addentrandosi nel torbido universo dello show biz dell'epoca, di cui la vittima era un esponente emblematico: ricco, affascinante e con qualche vizio sessuale che lo portava a sedurre molte delle attrici che scritturava trascinandole in un vortice di immagini e fotografie che le ritraevano quasi completamente nude. Sono proprio queste fotografie l'unico oggetto ad essere stato in parte trafugato dall'abitazione di Villareale e quelle che restano rappresentano il principale elemento probatorio nella mani degli investigatori che, immediatamente, pensano a un delitto passionale.
Ciononostante, il duo Arrigoni-Giovine è ben consapevole del fatto che vi è un altro elemento che potrebbe condurre dritto all'assassino: il passato fascista e repubblichino della vittima. Scavando negli ultimi anni della guerra, gli investigatori scoprono quelle tessere che da sole completano il puzzle e, complice un colpo di memoria di Arrigoni, giungono alla soluzione finale.
Arrigoni e l'omicidio di via Vitruvio è, tra i romanzi di Crapanzano pubblicati finora, quello meno nostalgico e meno ricco di piccoli particolari sulla Milano anni '50 che, comunque, si conferma come vero e proprio personaggio aggiunto. Per contro, acquisisce peso specifico la trama noir e l'indagine che non è più il pretesto, o la confortevole struttura narrativa, per raccontare un'epoca passata, ma diviene il centro nevralgico della narrazione vertebrandola dalla prima all'ultima parola. L'interesse storico è comunque presente nella ricostruzione del mondo teatrale del 1953 e nel mettere in evidenza come, a otto anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, alcune ferite erano ancora lontane dal cicatrizzarsi - e forse lo sono tutt'ora.
Da parte sua, il commissario Arrigoni si conferma uno dei migliori personaggi gialli italiani, uno dei pochi, se non l'unico in questo momento, a poter essere accostato al grande Maigret di cui in maniera (consapevolmente) sfacciata eredita alcuni tratti significativi “italianizzandoli”: alla pipa sostituisce il toscano, al Calvados il Marsala. Ma ciò che più di ogni altra cosa unisce Arrigoni a Maigret è il metodo di indagine, basato sull'osservazione attenta della scena del crimine e sullo studio della psicologia degli indiziati. I due commissari sono consapevoli del fatto che non è loro compito giudicare le persone che arrestano: i moventi di un omicidio affondano le radici in tragedie che spesso, dall'esterno, è molto difficile capire. Per questo motivo nei romanzi firmati Crapanzano, e in quest'ultimo più che negli altri, la vittima non è mai solamente chi viene ucciso, ma anche chi uccide; l'assassino deve scontare la sua pena, pagare il suo debito con la giustizia, ma allo stesso tempo ci deve essere spazio per la comprensione di un gesto che può essere a sua volta risultato di un grande dolore o di una tragedia personale.
Accanto ad Arrigoni si conferma l'ispettore Giovine che per la seconda volta consecutiva prende il posto di Mastrantonio al fianco del commissario. Per chi, come il sottoscritto, ha seguito le avventure letterarie della serie dal loro inizio, sorge a questo punto un dubbio, una piccola venatura che speriamo non si trasformi in voragine, relativa al futuro di questi due personaggi. Da un lato Giovine è sicuramente spalla ideale di Arrigoni: lo completa e rappresenta il futuro (non troppo velato) del commissariato Porta Venezia. Tuttavia, la gerarchia impone che sia Mastrantonio ad affiancare il suo capo nelle indagini: tenerlo lontano troppo a lungo può costituire un problema di credibilità.
Come Crapanzano risolverà questa piccola contraddizione lo scopriremo probabilmente già a partire dal prossimo romanzo della serie. Nel frattempo, è doveroso sottolineare come il commissario Arrigoni sia a tutti gli effetti una realtà consolidata nel panorama noir italiano che, per ora, riesce a far convivere la quantità (siamo al quinto romanzo in tre anni) con la qualità letteraria. Una realtà se vogliamo originale nel suo conservatorismo, giacché recupera una scrittura e una maniera di scrivere gialli che non è quella che oggi va per la maggiore: siamo lontani anni luce dall'ormai stereotipato e ingiustificato, nella sua definizione, noir del Mediterraneo.
Alessio Piras