"Yves Klein / Lucio Fontana Milano-Parigi 1957-1962"
Presso il Museo del 900 dal 22 ottobre al 15 marzo 2015.
(nella foto: installazione del "Pigment pur" di Ives Klein in basso; Arabesco al neon di Lucio Fontana in alto)
Yuri Gagarin - 12 aprile 1961 - «La Terra è blu… che meraviglia. È bellissima»
All’Arengario di Milano, risplende “il cielo in una stanza”: un microcosmo di luci al neon, che innalzano la bellezza dell’arte italiana, danzando al pari della Madonnina del capoluogo lombardo, su un pavimento di pigmenti puri, che la forza di gravità incolla rispecchiandone l’estetica perfetta come un Narciso immerso nella musica del blu, dipinto di blu.
Nell’atmosfera magica di questa poetica del colore e dell’infinito, il Museo del ‘900, opera degli architetti Italo Rota e Fabio Fornasari, dedica i suoi spazi ad un lungo percorso espositivo a cura di Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti, in cui Lucio Fontana ed Yves Klein, trasportano l’osservatore alla scoperta della quarta dimensione nell’arte.
Inaugurata il 22 Ottobre 2014, la mostra dal titolo: “Yves Klein Lucio Fontana. Milan Parigi 1957-1962”, che si concluderà il 15 Marzo 2015, occupa alcune delle stanze più rappresentative della collezione permanente, riformulate per l’avvenimento, per enfatizzare e promuovere lo stretto confronto visivo tra le oltre 90 opere dei due artisti, affiancate da una ricchissima documentazione di fotografie, filmati d’epoca e carte d’archivio.
Mai esposta in Italia, la grande “Anthropométrie” (di Yves Klein) in arrivo dal Centre G. Pompidou, esprime la solare ironia ed il fervore di questa “Epoca blu”, quel lasso di tempo espresso nella recensione di Dino Buzzati “Blu Blu Blu”, in cui, a partire dal 1957, scoppierà il “fenomeno” venuto da Parigi. Lucio Fontana diventerà uno dei maggiori collezionisti di Yves Klein, a partire dall’acquisto di un monocromo durante la prima personale dell’artista in Italia alla Galleria Apollinaire di Milano.
Nello stesso anno, Peppino Palazzoli ospita alla Galleria Blu le collezioni private di Lucio Fontana e Bruno Munari. Da questo momento in poi, le vite di Klein e Fontana, si intrecceranno sia su un piano amicale, che professionale, dando vita ad espressioni artistiche legate da profonde suggestioni analoghe, seppur mantenendo un carattere squisitamente unico ed inconfondibile.
Animato dalla ricerca scientifica, l’artista di nascita argentina, Lucio, si interroga sul rapporto tra lo spazio ed il vuoto, come già enunciato nel “Manifesto Spaziali” del 1947: “Gli artisti anticipano gesti scientifici, i gesti scientifici provocano sempre gesti artistici”.
Successivamente, chiarisce in modo inequivocabile il concetto con il Manifesto degli Spaziali del 1948.
Lucio Fontana sente l’urgente desiderio di dichiarare al mondo la sua idea di arte quale “quarta dimensione ideale dell’architettura”, concezione a tratti influenzata dall’astrofisica, laddove spiega: “È impossibile che l’uomo della tela, del bronzo, del gesso, della plastilina non passi alla pura immagine aerea, universale, sospesa […]”.
E così, sulla scia luminosa della 4a dimensione, nasce l’arabesco al neon, che gli vale il premio della IX Triennale di Milano, insieme alla pubblicazione su 2 distinti numeri della rivista “Art d’Aujourd’hui” nel 1952, portandolo alla ribalta dell’attenzione internazionale.
Il blu, utilizzato da Fontana come elemento di identificazione dello spazio siderale, sullo sfondo della coeva ricerca aerospaziale, è lo stesso del cielo oltremare della Cappella Scrovegni di Padova affrescata da Giotto, il colore del soffitto che Baldessari aveva ipotizzato come ideale sfondo all’affissione del Neon sullo scalone della Triennale.
Analogamente, scrive Pierre Restany, gli “affreschi di Assisi” ispirano la personale di Klein presso la Galleria Apollinaire di Milano.
“Klein ha intuito lo Spazio” - dice Fontana, riferendosi alla poetica dell’artista meno “tecnicistica” della propria, in cui la purezza del monocromo blu, scelto e brevettato in formula unica e personalissima (IKB - International Klein Blue), rappresenta la ricerca dello spazio “oltre la dimensione”.
Il “Pigment pur”, un’installazione ricreata per l’occasione, in cui una distesa di pigmenti puri, avvia il dialogo tra spettatore ed ambiente. L’orizzonte, quella linea immaginaria che divide il cielo e che si sposta al nostro muoverci innanzi, è adagiata al suolo, forzando non solo l’osservatore ad osservarla, ma anche la forza di gravità ad incollarla, divenendo essa stessa un elemento essenziale nell’amalgama artistica, aprendo una nuova strada esterna all’opera che è “costretta ad uscire” dai classici cardini di realizzazione.
E questo mare blu diventa inarrestabile, incontenibile e si distende con leggiadra eleganza su opere dall’antico sapore, come “Venere” e “Nike di Samotracia” che rivive anche nelle sembianze scultoree dell’Angelo in ceramica riflessata di Lucio Fontana per il Monumento Chinelli presso il Cimitero Monumentale di Milano.
Mentre sinuosità femminili in carne ed ossa, cosparse di puro colore sul corpo, disegnano con ferma pressione sulla carta le “Anthropometrié” per Klein ed i monocromi sono essenziali e puliti, così come le spugne, per infine ruotare con colpo di pennello intorno al Globo del Mappamondo e compiere un balzo nell’infinito della sfera religiosa, con l’Ex-Voto dedicato a Santa Rita da Cascia.
Ci riportano al suolo le Nature di Lucio Fontana, ispirate al “Meteorite di Uegit”, ma non meno sensuali del blu dei corpi femminili di Klein, così “terrestri” nella materia, così morbide nelle forme da suggerire molteplici letture, così come le “Attese”, la “Fine di Dio” ed i “Concetti Spaziali”, opere seppur concettuali, animate da una profonda passionalità che si esprime attraverso il gesto, elegante e sicuro, di un artista che lascia impressa una parte di sé, in quei pochi istanti in cui la mano guidava l’estro ed i moti del suo animo, fondendosi indissolubilmente con l’opera stessa.
«L’arte è eterna, ma non può essere immortale. È eterna in quanto un suo gesto, come qualunque altro gesto compiuto, non può non continuare a permanere nello spirito dell’uomo come razza perpetuata. [...] Ma l’essere eterna non significa per nulla che sia immortale. Anzi essa non è mai immortale. Potrà vivere un anno o millenni, ma l’ora verrà sempre, della sua distruzione materiale. Rimarrà eterna come gesto, ma morrà come materia» (Lucio Fontana, Primo manifesto dello Spazialismo, 1947).
Elena Arzani
Riproduzione dell'immagine autorizzata dall'ufficio stampa del museo
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