di David Larible, Massimo Locuratolo, Alessandro Serena
con una nota di Nicola Piovani
Mimesis, 2015
pp. 276
€ 22
Terzo pagliaccio nella storia ad avere vinto
il Clown d’oro al Festival di Monte Carlo, l’unico ad averlo
fatto in concorso, circense con un repertorio tra i più vasti al
mondo, uomo di teatro che da anni fa sbellicare le platee
internazionali: David Larible è forse il clown più famoso dei
nostri giorni, acclamato dal pubblico e stimato dai colleghi
anche non strettamente del settore. Questo libro vuol esser un
omaggio all'artista e alle sue doti, ma anche uno strumento di
approfondimento della disciplina circense di cui è maestro, trattata
con chiarezza dai due coautori Alessandro Serena, professore di
Storia dello spettacolo circense e di strada all'Università degli
Studi di Milano e Massimo Locuratolo, storico del genere comico.
I giovani clown richiamati nel titolo di questo volume troveranno
dunque sicuramente i consigli promessi, partendo però dal
presupposto che nessun pagliaccio ha mai fondato una scuola o scelto
pupilli da trasformare in eredi: l’apprendimento di quest’arte
resta un percorso individuale basato sull’assimilazione indiretta
dagli altri circensi, conosciuti magari solo tramite filmati. Non si
tratta quindi di un breviario, un bigino con indicazioni aforistiche:
per penetrare il mondo della clownerie è necessario un discorso
ampio che tocchi aspetti storici, sociali, artisti e tecnici
inesauribili in poche parole. In questo percorso c’è spazio
ovviamente anche per brevi spezzoni tratti da interviste a Larible,
in cui il clown può enunciare alcuni punti di vista sul mestiere del
pagliaccio che, stando alle sue parole, non è altro che
un giocoliere di emozioni che deve essere in grado di smuovere i sentimenti e di tirare fuori le pulsioni che tutti possediamo. […] ciò che faccio è entrare in pista e svuotarmi le tasche di quello che ho, sia essa tristezza, gioia, forza, malinconia. Il pubblico poi può servirsi liberamente e prendere ciò di cui ha più bisogno in quell'occasione
Il libro, corredato di foto d’epoca e di immagini di Larible,
dopo un’affettuosa nota di Nicola Piovani segue tre direzioni,
ripercorrendo parallelamente la biografia di David, la storia della
clownerie con dei focus su alcuni grandi maestri (Karandash, Popov,
Jigalov, Gianni Huesca “Fumagalli”, Grock, Rivel) e lo studio dei
meccanismi utilizzati nell’arte dei pagliacci. In questo modo si
analizzano anche i generi del comico concentrandosi soprattutto sugli
aspetti fisici e visivi, ripercorrendone l’antichissima storia (si
parte addirittura dai Fliaci greci) attraverso una carrellata delle
tappe fondamentali, dalle maschere della commedia dell’arte alla
nascita della coppia clownesca Augusto-Bianco fino agli epigoni
cinematografici delle slapstick comedy: Stanlio e Ollio,
Chaplin, Jerry Lewis, Jacques Tati… Il tema si sviluppa così in un
discorso organico che, pur sintetico, non scade nel nozionismo,
tracciando anche una sorta di “filosofia del clown”: il
pagliaccio, ci ricordano gli autori, “osserva e cattura la
chiave dell’esser al mondo, poiché la risata è l’antitesi
dell’esser soli”.
Come molti artisti del tendone, Larible è figlio di circensi: il
padre Eugenio è saltatore, cavallerizzo, giocoliere, acrobata; la
madre, Lucina Casartelli, è artista del celebre Circo Medrano. A
dispetto di quanto comunemente si è portati a pensare, il mondo del
circo è fondato su una struttura gerarchica rigida che ricorda
quella delle famiglie contadine di inizio Novecento: gruppi
allargati, podestà patriarcale, ruoli ben divisi ed una tendenza a
smarcarsi rispetto alla realtà esterna; nascere in una famiglia
circense significa godere di numerose possibilità artistiche (molte
tecniche, confessa David, le ha imparate nelle chiacchierate a pranzo
dei suoi parenti) ma anche crescere in un contesto dove le tradizioni
possono essere soffocanti ed imporre ai giovani strade precostituite.
Larible riesce però a prodursi in un tragitto personale, scegliendo
il mestiere di far ridere dopo un praticantato vario (esordisce come
“tappabuchi”) e diversi anni di studio di ogni disciplina
circense sotto l’egida del padre, che asseconda la sua voglia di
diventare clown ma gli impone un percorso formativo completo: la
clownerie è un punto d’arrivo, non di partenza.
La genesi del pagliaccio Larible, databile a cavallo tra gli anni
’70 e gli ’80, avviene quasi per caso, ma forse è più giusto
dire per destino: il clown del circo svizzero in cui lavora David ha
un infortunio e dev’esser sostituito; ci penserà il nostro che,
trasferitosi poi al celebre circo Krone con tutta la famiglia, viene
notato e ottiene il primo ingaggio vero e proprio. È sotto questo
tendone che comincia ad assecondare le tendenze istrioniche che lo
accompagneranno per tutta la vita: al Krone Larible intrattiene il
pubblico nell’attesa dell’entrata nello chapiteau, con una
performance ibrida tra il circo classico e l’esibizione di strada
che necessita di una capacità “polifunzionale” che David ha
saputo conservare nel tempo, dato che ancora oggi alterna esibizioni
sotto il tendone a spettacoli pensati appositamente per i teatri.
Il personaggio definitivo di Larible (per quanto possa esser
definitivo il prodotto dell’arte clownesca, che si evolve nel corso
di una vita intera) è un Augusto classico, trucco leggero e
immancabile naso rosso, che si rifà al Jackie Coogan de Il
monello per i vestiti, nonché alla poetica comica e malinconica
di Charlie Chaplin, vero nume tutelare di David e di numerosi altri
clown novecenteschi. È proprio dal ventesimo secolo, tra l'altro,
che il pagliaccio diventa un simbolo potente dell’immaginario
collettivo, finendo per rappresentare l’artista tout court;
nel capitolo “Clownmania” si dà conto di tutti quei pittori,
scrittori, cineasti, teatranti e poeti che si sono lasciati ammaliare
dalla figura del clown o che sono in qualche modo debitori della loro
antica disciplina: Baudelaire, Picasso, Dario Fo, Totò, Fellini, per
citare solo i casi più eclatanti.
Il viaggio artistico e umano di Larible prosegue al Ringling
Bros., Barnum
&
Bailey
Circus, dove è il primo pagliaccio
ad occupare il ruolo di star della pista centrale. Anche questa è
un'occasione di crescita: da
Barnum David
impara a sfruttare al meglio il corpo e la gestualità, non potendo
contare sull’espressione del viso data la distanza che strutture di
quelle dimensioni pongono tra gli artisti ed il pubblico. Qui
consolida definitivamente le sue routine
e ne inventa di nuove, affinando la sua specialità, il
coinvolgimento diretto di persone scelte tra gli spettatori in gag
come quella dei campanelli, dei piatti o dell’orchestra. “Nel mio
rapporto con il pubblico, considero ogni singolo spettacolo come una
vera e propria forma di seduzione” afferma il clown: ogni sera si
deve inventare una formula per affascinare l’audience, e la sera
dopo si ricomincia daccapo.
Come abbiamo detto, Larible deve la sua fama anche agli one man
show che (a partire da Scusi, vuol partecipare? degli anni
'90) porta con successo nei teatri di mezzo mondo: non
una serie di numeri scollegati, ma un percorso basato su un filo
drammaturgico forte; in quegli spettacoli David inscena la storia,
comica e poetica a un tempo, di un inserviente che per una sera veste
i panni del pagliaccio, truccandosi e struccandosi sul palco. La
frequentazione del teatro, però, non estingue la differenza che per
Larible continua ad esistere tra clown e attore, senza che ciò
significhi considerare una figura migliore dell'altra:
Il clown non è un attore. […] Se io fossi un attore dovrei dunque essere in grado di interpretare David il clown, ma ciò non è possibile poiché io sono David il clown. Un clown non è un attore perché non interpreta nessuna parte
Il libro si conclude con gli ultimi anni
della carriera di Larible, analizzando il ritorno alla pista di
segatura nel periodo 2006-2012, sotto il tendone del Roncalli che in
Germania, grazie al genio di Bernhard Paul, concilia l’accurata
regia del Nuovo Circo ed il recupero filologico delle figure
classiche dell’immaginario circense. L'ennesima prova del Clown dei
clown, che nella sua storia racchiude la feconda tensione creativa
che scaturisce solo dall'incontro tra una tradizione consolidata e
padroneggiata con sicurezza e l'innovazione costante, nella ricerca
inesausta di nuovi modi di stupire e farci ridere.
Nicola Campostori