di Valeria
Ancione
Mondadori, 2015
pp. 312
€ 18
Alla fine Nina è una donna libera, una donna però non libera di amare e neppure libera di
fare quello che vuole nel momento in cui lo vuole, ma possiede, forse innata
forse mediata dagli anni e dagli incontri, un’altra gradazione di libertà. Nina
è libera di pensare ciò che non si dice.
La protagonista di “La dittatura dell’inverno”, romanzo della giornalista
sportiva Valeria Ancione, palermitana di nascita ma messinese di sole e di cuore, è una figura molto
interessante per avvicinarsi a quello che, in modo pressapochistico, si
potrebbe definire Quello che le donne non
dicono.
Infatti Ancione costruisce una storia su
una donna, Nina, affascinante quarantenne “che
si nutre dell’estate e come il girasole alza il collo quando intravede il sole”,
colta nel fatale passaggio, dopo un matrimonio felice, un lavoro soddisfacente
e cinque, a loro modo, splendidi figli, a quella che era una volta l’età delle rinunce. Quarant’anni nella vita di una donna sono uno
spartiacque importante ma La dittatura dell’inverno non è un libro sui problemi
e sui dubbi esistenziali legati all’età, o meglio solo in piccola parte. È soprattutto
un racconto di mutazione di una donna che, arrivata ad un certo punto della sua
vita, invece di fermarsi riinizia a
rifiorire scoprendo nuove esperienze, esplorando nuovi orizzonti e andando
a parare in territori “che neppure lei sapeva di avere dentro se stessa”.
La storia d’amore con Eva è come se per
Nina “ritornasse l’estate”. Infatti Nina vive l’inverno come una dittatura “perché
ci si chiude in casa, la luce viene meno e ci si copre di più. È il tempo delle
cospirazioni, d’estate non ci si pensa, d’estate si vive. Si vive veramente”.
Eva, ragazza trentenne che lavora come traduttrice, è quello che si può
definire un piccolo raggio di Sole
portatile. Entrata come una folata di scirocco prima che faccia buio, la
giovane ragazza scombussola una vita, quella di Nina, che non aspettava altro che essere scombussolata. Nina madre di
cinque figli , innamorata di un marito Michele, proprietario e gestore di tre
libreria, a cui bisognerebbe erigere una sorta di monumento ideale e morale per il comportamento che
attua lungo tutta la vicenda, è molto corteggiata, perché è una donna bella. Anzi, Nina non è solo una donna bella, è
una donna che si scopre bella a quarant’anni
e che per la prima volta usa tutta la forza della sua bellezza. Anche del suo erotismo.
La scrittura di Valeria Ancione è
avvolgente, molto piano e senza sghiribizzi degni di una penna che si vuole
affermare di per sé. Piuttosto la
scrittrice vuole portare avanti prima i protagonisti, la vicenda e i risvolti
dolci-amari e semmai, ma solo in seconda battuta, il proprio io. Ma così
facendo, tra le pieghe del libro, emerge molto dolcemente appunto la concezione dell’esistenza
(e perché no, dell’amore anche) dell’autrice: un susseguirsi di continui strappi e riprese, come quando, sui
campetti di qualsiasi campo del mondo, ci si allena per diventare un giorno una
campionessa di calcio. Gli anni di scrittura
sportiva di Arcione non barbarizzano il
romanzo anzi, lo rendono facile e appetibile, come quando Nina, colta tra
lavoro, amori e famiglia, decide, con una decisione un po’ spericolata, di cenare "a gelato" per questa sera nell’entusiasmo
generale e molto particolare dei due
gemelli più piccoli.
Una storia di amore, di seduzione e di
famiglia questo La Dittatura dell’Inverno che intreccia il rapporto contrastato
e naturalmente impossibile ma
perfettamente naturale tra Nina e Eva e quello con tutto il resto del Mondo, che orbita
sempre più vorticosamente attorno alla testa, al cuore e al corpo di Nina.
Alla fine il “nodo” si scioglierà, come
è giusto che sia, e d’aiuto sarà un vecchio incontro, quasi scovato a caso fra
le pagine della memoria più intima e segreta della protagonista. Già Nina che,
dopo molto sole, qualche nuotata, due lunghe dittature invernali e qualche
bacio proibito di troppo, capirà che la più grande libertà è quella di poter non dire ciò che ci pensa.
Mattia Nesto