New Italian Epic. Letteratura, sguardo obliquo, ritorno al futuro
di Wu Ming
Editore Einaudi, 2009
pp. 203, € 14,50
Nel 1998 Antoine Compagnon pubblicava uno dei più bei saggi di teoria della letteratura degli ultimi vent'anni. Nello scontro tra primato dell'autore e primato dell'opera, realismo e antirealismo, testo e contesto, Il demone della teoria si misurava in un lungo e appassionante faccia a faccia con gli eredi della posizione strutturalista, in primis quel Roland Barthes di cui Compagnon è stato il maggiore allievo: l'obiettivo, dopo vent'anni di dominio della cosiddetta corrente postmoderna in letteratura, era trovare il difficile giusto medio tra due modi completamente opposti di concepire la scrittura. Eppure la domanda merita di essere estesa al di là dei confini della semplice teoria. Ci si chiede, insomma, se dopo la fortuna (per alcuni una deriva) del postmodernismo negli anni '80 e '90 la scena narrativa internazionale sia effettivamente cambiata. Soprattutto, però, occorre chiedersi se questa reazione riesca a segnare un passo avanti invece di una regressione, se essa riesca a offrire al pubblico qualcosa di nuovo e attuale, che scardini uno dei paradigmi dominanti dei decenni precedenti senza scadere in un ideale obsoleto di letteratura.
In Italia una delle
prime e più interessanti risposte arriva dal collettivo Wu Ming,
gruppo di scrittori con sede a Bologna e famosi per una massiccia
attività di critica letteraria e politica online, i quali nel 2009
pubblicano (a firma di Wu Ming I) un memorandum intitolato New
Italian Epic, un saggio più volte rimaneggiato e nel tempo
arricchito in cui si definisce per la prima volta la specificità di
una corrente letteraria tutta italiana. I nomi più famosi, al
di là degli stessi Wu Ming, sono quelli di Valerio
Evangelisti, Giuseppe Genna, Giancarlo De
Cataldo e Roberto Saviano; i tratti principali
della corrente sembrano fare eco alle esigenze espresse dal libro di
Compagnon: ricerca di un nuovo contatto tra letteratura e realtà,
ritrovamento del valore etico della scrittura, fine della
letteratura intesa come disimpegno. Alla base dell'analisi di Wu Ming
è tuttavia possibile leggere qualcosa di più profondo, il tentativo
di ripensare il senso stesso della narrazione: solo in questo modo,
infatti, le soluzioni proposte all'interno di questa corrente ai
problemi richiamati possono essere non scontate, emanciparsi dalla
semplice esigenza di un ritorno al passato.
L'esempio più
icastico è dato dalla difficile contrapposizione tra realismo e
anti-realismo: la New Italian Epic troverebbe la propria origine
nella fine della Guerra Fredda (e nel ruolo particolarissimo
dell'Italia al suo interno), nell'attentato dell'11 Settembre
e nei fatti di Genova, ma questo riferimento all'attualità e alla
realtà non scade nel mero reportage, o nella vecchia letteratura di
marca realista. Piuttosto, come il nome stesso suggerisce,
l'alternativa tra realismo e anti-realismo viene superata a favore
dell'elemento epico: nella narrazione epica – ossia eroica,
grandiosa, di ampio respiro – l'attualità è sempre presente, ma
filtrata all'interno di una narrazione che la restituisce secondo due
dinamiche, quella dell'ingrandimento simbolico e quella
dell'obliquità.
Il primo effetto è
quello più propriamente epico, che consiste nel leggere i fatti del
mondo alla luce di una visione allo stesso tempo solenne e simbolica:
i romanzi della New Italian Epic sono sempre di ampio respiro, legati
a vicende di ordine mondiale o cosmico, talvolta ambientati in un
passato remoto o in un tempo futuro, o in un non-tempo apparentemente
del tutto slegato dal nostro mondo. Non è un caso che i più grandi
rappresentanti della corrente, a partire da Valerio Evangelisti e
Giancarlo De Cataldo, siano classificati come «autori di genere».
Dal romanzo storico al poliziesco, dalla fantascienza al fantasy
passando per l'horror, i diversi linguaggi della narrativa
sono per questi autori un mezzo utile a restituire la realtà in una
dimensione intensificata, enhanced rispetto al mero fatto di
cronaca o alla semplice analisi socio-politica. Si potrebbe fare il
magnifico esempio di Hitler, romanzo-biografia di Giuseppe
Genna, in cui la personalità del Führer viene
ricostruita con l'aiuto della componente
mitica, in un'opera che unisce una
minuziosa documentazione storica alla potenza di scelte narrative di
ordine simbolico.
Il
secondo effetto è quello dell'obliquità. Lo «Sguardo
obliquo» è uno dei tre elementi,
insieme alla letteratura e al ritorno al futuro, che fanno da
sottotitolo al testo di Wu Ming 1. L'obliquità consiste nella scelta
di coniugare l'esigenza realista alla presenza di uno sguardo
diverso, al decentramento costante del punto di vista. È così, ad
esempio, che in Point Lenana di
Wu Ming 1 (2013) l'intera storia del colonialismo italiano è
ricostruita a partire dalla biografia di Felice Benuzzi, uno
scalatore triestino famoso per esser fuggito da un campo di prigionia
al solo fine di scalare il Monte Kenya, per poi riconsegnarsi agli
Inglesi. L'obliquità del racconto si sposta bene con l'istanza
epica, permettendo spesso agli autori di trattare un determinato tema
politico inscrivendolo in una cornice più ampia: il senso
dell'impegno etico dato dai Wu Ming alla scrittura risiede proprio in
questa istanza morale che non è mai moralismo, in questa apertura
dello sguardo che offre al lettore molto più del semplice dato da
commentare. Per questa e per altre ragioni la New Italian Epic è un
movimento letterario costantemente teso tra lo storico, il simbolico
e il metafisico.
Anche
il secondo aspetto accennato in riferimento all'opera di Compagnon,
il contrasto tra primato dell'autore e primato dell'opera, viene
trattato all'interno del saggio dei Wu Ming con grande originalità.
Sin dalle prime battute viene specificato che la New Italian Epic
riguarda testi, e non autori: non esistono «scrittori della New
Italian Epic», ma solo opere ascrivibili a questa corrente. Da
questo punto di vista, l'analisi dei Wu Ming sembra andare in
direzione delle teorie strutturaliste: non esiste unità di stile, né
continuità biografica all'interno delle opere della NIE. Eppure,
allo stesso tempo, queste opere sono sempre caratterizzate da una
forte attenzione al problema del narratore. Il testo di Wu Ming è
innanzitutto una potente riflessione
sull'atto del narrare, sulla sua
funzione sociale e il suo valore etico, sui suoi eccessi e le sue
patologie. In uno scenario del genere il ruolo del narratore non può
essere lasciato da parte, certo, ma viene ripensato in modo del tutto
innovativo: il narratore dei romanzi della NIE è spesso un Io
frammentato, o collettivo, o metafisico,
insomma quasi mai risponde direttamente alla prospettiva reale di chi
scrive. Non è un caso che i principali esponenti della corrente
siano i membri di un collettivo anonimo (Wu Ming in cinese significa
«senza nome» o «cinque nomi»): la scrittura viene rivalutata come
manifestazione di un impegno personale, di una volontà di agire, ma
ciò esclude da un lato l'ideale dell'artista come “divo”,
identificato da un volto e da uno stile, dall'altro il concetto di
prospettiva come punto di vista finito, che mal si accorda con
l'afflato epico di queste opere. È così, ad esempio, che nell'opera
più famosa tra quelle incluse nella NIE, Gomorra
di Roberto Saviano, l'Io narrante sia un io collettivo, molteplice,
che raccoglie dati provenienti da fonti diverse in una unità
esperienziale irriducibile alla singolarità di un individuo finito
(il quale – per inciso – non avrebbe materialmente potuto
partecipare o essere presente a gran parte degli eventi narrati).
Lo
stesso Gomorra,
in conclusione, si presta a chiarire un'ulteriore caratteristica
interessante della New Italian Epic: molte sue opere sono «oggetti
narrativi non identificati», prodotti
compositi, che potrebbero appartenere a più generi o forse a
nessuno. È proprio il caso del libro di Saviano, costantemente teso
tra il reportage e il romanzo, secondo una formula che ha scatenato
numerosi fraintendimenti (da quasi un decennio, ormai, ci si chiede
quale sia la natura di quel testo). All'apprezzamento accordato alla
letteratura di genere (ricordiamo il Romanzo
Criminale di De Cataldo) fa quindi da
contrappunto la volontà di operare
trasversalmente rispetto alle tassonomie letterarie usuali,
proponendo prodotti ibridi, indefinibili, che sfidino l'abitudine del
lettore e al tempo stesso traccino nuovi percorsi, dischiudendo nuove
possibilità. A questo elemento si ricollega la questione della
scrittura, o meglio delle particolari scelte stilistiche presenti in
molti romanzi della NIE: li accomunerebbe il tentativo di proporre al
lettore una complessità non difficile,
una articolazione strutturale che non sia artificiosa e che si faccia
quasi invisibile nel meccanismo della lettura. È per questo che le
opere della New Italian Epic sono molto spesso dei bestseller,
libri che godono di ottime vendite ma che non sempre vengono presi in
considerazione dai cultori di un ideale «elevato» di letteratura.
Quello dei Wu Ming è un saggio di critica e teoria letteraria che
parte dal basso,
tentando di raccontarci un modo originale di raccontare che proceda
trasversalmente rispetto ai canoni della ricezione specialistica.
Molto
altro può essere trovato nel saggio dei Wu Ming: la raccolta si
compone di quattro brevi testi, ossia (oltre al già citato New
Italian Epic) l'aggiornamento
Sentimiento
nuevo, Noi
dobbiamo essere i genitori e La
salvezza di Euridice, di Wu Ming 2. Ciò
che accomuna questi contributi è il tentativo di definire quello che
viene detto un «campo di forza»
all'interno della scena letteraria italiana degli ultimi vent'anni,
oltre al desiderio di restituire alla narrazione il proprio afflato
etico attraverso la riflessione teorica e – al tempo stesso – il
ritrovamento della voglia di proporre nuovi percorsi, di effettuare quel «ritorno al futuro» prospettato dal titolo. Il risultato è
una ricognizione matura e densa su una scena letteraria italiana
insospettabilmente viva, in cui oltretutto si intravede la
possibilità di saldare nuovamente il rapporto tra lettori e critica.