Reykjavík Café
di Sólveig Jónsdóttir
Sonzogno, 2015
Pp. 317
€ 17,50
Che il Nord
Europa e in modo particolare la Svezia susciti in noi italiani un misto di
invidia, tentazione alla fuga ma anche commiserazione per quel popolo “attanagliato
dalle tenebre” e “sempre voglioso di luce” è un fatto oramai noto. Senza scomodare gli storici o i sociologi, possiamo tranquillamente far risalire questo “male del Nord” al bagno
fuori programma di Anita Ekberg nel fontanone di Trevi in La Dolce Vita. E pazienza se in Svezia, una volta uscita, alla
giunonica bionda avrebbero allegramente recapitato una multa per appropriazione indebita di suolo pubblico. Ma che il Nord avesse un
cuore ardente e profumato come una tazza di caffè questo no, non ce lo saremmo
aspettato. Beh, se siete curiosi di sapere perché vi invito a leggere Reykjavík Café di Sólveig Jónsdóttir
(brava giornalista di Lifestyle Magazine e ovviamente bionda d’ordinanza) per
ricredervi. Solo che qui non siamo in Svezia, bensì in Islanda, l’isola dei
ghiacci dall'anima di lava.
Leggere Reykjavík
Café, osservare le storie delle, soprattutto, vite delle donne islandesi, ma
anche degli uomini, che, quasi per magia, vengono a gravitare dentro o attorno
l'omonima caffetteria (realmente esistenze e meritevole di una visita), è un esercizio molto rilassante. Infatti, nonostante le
problematiche delle piccole esistenze quotidiane, con una crisi economica che “morde”
anche a quelle gelide latitudini, permane una sensazione di gioioso calore in tutto il libro, il
quale è scritto dalla Jónsdóttir in “punta
di penna”, con toccate di gustoso umorismo che rendono il narrato fluente e
fumante come, ovviamente, una tazza di caffè.
E come una tazza
di caffè può essere sorbito questo libro. Infatti si può o leggere tutto d’un
fiato, come se fossimo in ritardo ad un appuntamento di lavoro e avessimo solo
tempo per un rapido espresso al bancone del bar, oppure può essere
centellinato, storia dopo storia, donna dopo donna, proprio similmente ad
essere immersi in un bar solitario durante una splendida e malinconia giornata
autunnale (il bar ubicatelo dove volete, in qualche quartiere di Parigi o
Londra o in qualche paesino sperduto del pavesotto, il dove non conta, ma importa che
piova o comunque non ci sia il sole). Ma i modi in cui si può assimilare
questo libro sono, almeno, tanti quanti le diverse qualità di
caffè.
Il caffè, “la
bevanda preferita dagli islandesi” (e sfido io ad averlo saputo prima di
leggere questo libro che tra islandesi e napoletani vi sia questa sorta di relations de goût) viene issato a
oggetto totemico. È con il caffè che vengono fuori le confessioni oppure è con
una tazza fumante in mano che si riflette attorno alla propria vita. Ed è
sempre questa “magica bevanda” a lenire i postumi dei tanti (forse troppi, direbbe un esperto di Medicina 33) party selvaggi che si danno per le vie
innevate della capitale d’Islanda.
Punto focale di
tutto, luogo insieme privato e collettivo, è il Reykjavík Café che, scomodando
un paragone forse un po’ troppo pesante e non del tutto centrato, si dipana
come una specie di port des brumes
senza gangster o donne di malaffare, ma piuttosto con giovani ragazze,
professori universitari e dottoresse sull’orlo di una crisi di nervi che qui s’incontrano,
si amano, si scontrano e si ritrovano.
È una lettura
bella e avvolgente quella di questo libro che, nonostante sia voluminoso, non è
sicuramente difficoltoso da finire con una certa dose di rapidità. Il consiglio
che vi posso dare è quello di tenerlo in cucina, oppure sul tavolo della vostra
camera, di fianco ai libri dell’Università o alla cartella con le bollette da
pagare. Senza dubbio sarà una buona panacea, assieme ad una tazza di caffè macchiato,
corretto, americano (fate voi), contro le mille piccole insidie e problemi di tutti i giorni.
Buona bevuta, Prosit!
Mattia Nesto
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